Il calcio porta a isolarti da tutto e da tutti. Poi, però, si arriva alla soglia dei quarant’anni. E dopo, che si fa? Una nuova vita si presenta innanzi, certamente diversa, ma per la quale sarebbe bene avere tutti gli strumenti e le competenze utili per affrontarla. Una “formazione vincente” non può prescindere dall’importanza dello studio. Diventare grandi campioni non è in contrasto con la formazione, con la competenza e la conoscenza. Con le parole di Guglielmo Stendardo, ex calciatore di serie A, oggi avvocato: “La conoscenza è l’unico obiettivo che ti consente di essere un uomo libero e prendere delle decisioni”. Le chiavi per il successo? “Sacrificio, determinazione e formazione”.
A tal proposito, Massimiliano Suglia racconta la nascita di IFDA, di cui è presidente. IFDA è un’associazione internazionale che assiste gli ex calciatori professionisti di tutto il mondo dopo la fine della loro carriera. “L’associazione nasce sedici anni fa. Il primo congresso è stato un successo: 21 paesi e 3000 calciatori. Abbiamo capito subito che quei ragazzi uscivano dalla carriera con un grandissimo potenziale ma non avevano le competenze per poter entrare nel mondo del lavoro. Il mondo del calcio”, conclude Suglia, “forma il calciatore ma non l’uomo che poi dovrà interfacciassi con la realtà”. Vincent Candela, ex calciatore, campione del mondo e d’Europa, racconta la sua storia: “Nel post carriera non mi sono reinventato, anzi. Ho avuto il tempo di conoscermi più a fondo. Non si finisce mai di crescere”. Guglielmo Stendardo, un esempio virtuoso che testimonia quanto nel post carriera le strade percorribili siano le più disparate, oggi è un avvocato e un docente della Luiss. “Ho fatto di una passione il mio lavoro. E poi ho portato avanti quello che i miei genitori volevano: laurearmi. La conoscenza è l’unico strumento che ti consente di essere un uomo libero e prendere delle decisioni”. Anche le università si stanno attivando per intercettare questo bisogno. Marzo Mazzù, Direttore del Master in Sport Management della Luiss Business School racconta il progetto che porta avanti con impegno: “Formiamo persone appassionate di sport. Una parte specifica del programma della Luiss li rende pronti ad entrare nel mercato del lavoro in un eventuale post-carriera.”
Il futuro delle strutture sportive
Quale futuro per le strutture sportive o meglio, come la tecnologia sta cambiando l’esperienza dello spettacolo dal vivo? Ne ha parlato Silvia Prandelli, Senior Principal di Populous, uno dei più grandi studi di architettura dedicato allo sport, secondo cui “ad oggi bisogna vendere un’esperienza iconica”. È necessario inquadrare lo spettatore tipo, intercettandone le esigenze. Sulla sostenibilità dell’infrastruttura e della costumer jorney, “lo stadio sta diventando sempre più un catalizzatore urbano con un grande impatto sulla sostenibilità sociale della comunità locale”, aggiunge Prandelli.
Anche Luca Montebugnoli, Chairman Of Board di Vivaticket condivide che, al giorno d’oggi, è l’esperienza che deve essere venduta allo spettatore e fa riferimento in particolare al contact less. “Attraverso lo smartphone dovremmo essere in grado di acquistare un parcheggio, una bibita. Un sistema ‘click and buy’ che sia in funzione di fan e consumatori”.
Ma non basta avere un progetto. Uno stadio richiede cure costanti, interventi di ristrutturazione cadenzati e nuove idee per rinnovarlo. Paolo Monguzzi, Head Of Stadium Revenue & Entertainment della Juventus riflette sul mantenimento di un’infrastruttura di quel tipo ammettendo che “magari ci fossero in Itala venue come lo Juventus Stadium. In tal caso, a beneficiarne sarebbe solo l’ecosistema infrastrutturale del Paese”. Infine, per chiudere in bellezza, Jordi Penas, il direttore dell’Fc Barcelona Museum conferma quanto i club stiano investendo per costruire nuovi stadi. “Ma ricordiamoci”, avverte Penasm, “che queste strutture non verranno utilizzate solo per le partite calcistiche. Lo stadio non deve essere considerato una mera infrastruttura sportiva, è un’infrastruttura, punto. Che può essere utilizzata per interessi molteplici, anche grazie all’aiuto della tecnologia”.
Eventi sportivi: impatto e riflessi sull’industria del turismo
Gli eventi sportivi vengono spesso raccontati per la loro dimensione agonistica. Ma sarebbe troppo riduttivo limitarsi a questo. Al contrario, dovrebbero essere considerati come degli strumenti per generare un impatto effettivo sul territorio e sulla comunità, creando innovazione. Non solo olimpiadi e mondiali di calcio. Accanto vi è una mobilità sportiva, per così dire, ordinaria che comprende appassionati che, spostandosi per gareggiare in luoghi particolari, generano un impatto economico e sociale rilevante. Nel 2023, il turismo sportivo ha coinvolto 4,5 milioni di persone generando un indotto di 7 miliardi di euro. Il comparto sportivo, con i flussi di persone che esso comporta, impatta enormemente sull’industria del turismo in Italia e sull’intero ecosistema che si regge sul settore, a partire dalla Capitale. Roma supererà il record di 50 milioni di presenze turistiche con una permanenza media nella capitale in aumento da 2 a 4,2 giorni. Alessandro Onorato, Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale chiarisce: “Ospitare grandi eventi è sicuramente un buon segnale per gli investitori. Le grandi metropoli mondiali sono in competizione tra di loro e Roma, in questo senso, deve fare la sua parte. Investire su Roma”, aggiunge Onorato, “è un’azione di marketing costante. Sono i grandi eventi che rilanciano una città: culturali, concertistici, sportivi.” L’obiettivo, condiviso anche dall’Onorevole Gianluca Caramanna, è la destagionalizzazione. “Bisogna capire che i Paesi a noi concorrenti sanno organizzare meglio il loro turismo. Per questo, all’interno del Ministero del turismo, abbiamo elaborato un piano strategico effettivo al cui interno si colloca una sezione dedicata alla destagionalizzazione e al rilancio dei nostri borghi, grazie anche ai diversi eventi sportivi che si possono realizzare”.
Un nuovo inizio per il calcio femminile
La leadership femminile nell’industria sportiva sta inevitabilmente cambiando le regole del gioco. Le donne portano un punto di vista diverso, inedito. Un valore aggiunto per un settore che si deve evolvere. La presenza femminile trasforma il mondo dello sport rendendolo più inclusivo e rappresentativo. Regina Barese, Opinionista e Commentatrice di Dazn, che ha a lungo seguito le ombre paterne, racconta: “I primi ostacoli sono iniziati con i miei genitori. Non volevano che io giocassi a calcio. Ma tutto quello che riesci ad affrontare ti rende più forte. Non bisogna lasciarsi condizionare se non dalla tua passione”.
“Il calcio femminile sta facendo progressi incredibili”, aggiunge l’allenatrice Milena Bertolini. “La scelta della federazione del 2015 di obbligare le altre ad avere la sezione femminile è un buon punto di partenza. Oggi la crescita è enorme. Le bambine possono pensarsi finalmente calciatrici”. Tuttavia, la realtà è ancor distante dall’ideale. “Attualmente, chi gestisce il settore rimangono prevalentemente gli uomini”, conclude Silvia Salis, prima donna a diventare vicepresidente vicario del Coni. “Noi donne del mondo dello sport siamo molto poche, forse il 10%. Difficilmente, quel 10% è in cima alla catena di potere nella quale si trova. E allora le azioni sono due: una dal basso, per sensibilizzare le nuove generazioni a immaginarsi anche come dirigenti; un’altra dall’alto, inseguendo modelli che siano d’ispirazione per il futuro”.