Google potrebbe essere costretta a vendere Chrome, il browser più utilizzato al mondo sia da computer che da smartphone. Secondo Bloomberg, la drastica richiesta arriverebbe dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che sarebbe pronta a trasmetterla al giudice federale.
La scorsa estate, con una sentenza storica, un tribunale ha stabilito che Google ha monopolizzato illegalmente il mercato delle ricerche online, abusando della propria posizione dominante e violando la legge sulla concorrenza. Google ha sempre rispedito al mittente le accuse, sostenendo che i suoi servizi sono scelti in libertà dagli utenti, semplicemente perché ritenuti migliori e più affidabili degli altri.
Adesso sul caso è chiamato a pronunciarsi il giudice federale Amit Mehta. Il dipartimento di Giustizia statunitense chiederà inoltre al giudice di imporre ad Alphabet requisiti più stringenti sulla raccolta dei dati degli utenti. Ma la partita è ancora tutta da giocare. È infatti assai probabile che l’approccio del neo presidente Trump in fatto di regolamentazione antitrust possa essere molto più morbido. Se Google apporterà dei correttivi adeguati, il Governo potrebbe decidere in seguito se confermare o meno la necessità della cessione.
Per Google perdere il browser rappresenterebbe un colpo molto duro, con gravi ripercussioni sul suo multimiliardario business pubblicitario. L’obiettivo del dipartimento, oltre al ripristino della concorrenza nel campo delle ricerche online, è quello di impedire a Google di dar vita a nuovi monopoli in altri settori, come quello dell’intelligenza artificiale. C’è infatti da appurare se Google abbia utilizzato Chrome anche per orientare gli utenti verso Gemini, il suo chatbot basato sull’AI generativa, competitor diretto di ChatGpt di OpenAI.
Il caso rappresenta una cambiamento radicale dell’approccio dei regolatori statunitensi che, dopo il tentativo fallito vent’anni fa di smembrare Microsoft, si erano mostrati abbastanza permissivi e tolleranti nei confronti delle Big Tech in materia di regolamentazione antitrust.