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Miastenia gravis: che cos’è e le ultime novità dalla ricerca

miastenia gravis
Adyen Articolo
Velasco25

I muscoli si stancano. All’inizio mantengono tono e forza adeguati. Ma poi cedono. Quindi la debolezza muscolare diventa il compagno di viaggio di molte giornate, con variazioni nell’ambito dello stesso giorno e anche in base alla gravità della malattia. Si inizia spesso con una visione doppia o con la palpebra che “cade”, ma poi possono essere coinvolti, nelle forme più gravi, anche i muscoli del torace che consentono di respirare ed altri fasci muscolari. In estrema sintesi, questo è l’identikit della miastenia gravis, patologia che vede il sistema immunitario reagire in maniera anomala nei confronti della giunzione neuro-muscolare.

“Si attiva producendo anticorpi diretti contro i recettori muscolari, in particolare il recettore dell’acetilcolina, compromettendo in questo modo la normale trasmissione degli impulsi nervosi che stimolano la contrazione dei muscoli e impedendone il normale funzionamento – spiega Michelangelo Maestri Tassoni del Dipartimento di Neuroscienze Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana – Nella miastenia gravis il sistema immunitario attacca un recettore nei muscoli, con il risultato che i segnali di movimento risultano interrotti. Si tratta di una malattia che nelle donne inizia il più delle volte prima dei 40 anni, con un impatto notevole sulla qualità di vita”.

Per fortuna, la ricerca mette a disposizione sempre nuove opportunità di cura. Nei giorni scorsi AstraZeneca insieme ad Alexion ha annunciato che l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di ravulizumab, inibitore del complemento C5 a lunga durata d’azione, come terapia aggiuntiva alla terapia standard per il trattamento della patologia generalizzata in caso di positività agli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina.

Raffaele Iorio, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, UOC Neurologia Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs segnala come il farmaco agisca in maniera specifica sulla proteina C5 del sistema del complemento, bloccandone l’azione e prevenendo la distruzione della giunzione neuromuscolare e riducendo i sintomi di debolezza e affaticamento e come abbia dimostrato “un beneficio clinico in un’ampia gamma di pazienti, compresi quelli che continuano a presentare sintomi della malattia anche dopo il trattamento iniziale con la terapia standard”.

Il tutto, sia chiaro, contribuisce a migliorare la gestione della patologia. Anche sul fronte dei pazienti, che richiamano l’attenzione sulla necessità di diagnosi sempre più precoci. “La gestione della malattia è decisamente molto faticosa per intensità e frequenza dei trattamenti, e questo, sovente, può generare scarsa aderenza alla terapia – ricorda Mariangela Pino, segretario e socio Aim (Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunodegenerative – Amici del Besta ODV) sezione Lazio – In questo caso, la somministrazione ogni 8 settimane rappresenta per noi pazienti un’innovazione terapeutica importante e un punto di svolta cruciale che ci consente di affrontare in modo diverso la quotidianità. Tutto questo significa poter aspirare a una dimensione di ‘normalità’ che è fondamentale per la realizzazione personale, sociale e professionale di ciascuno”.

Insomma lavorando assieme, tutti i diversi stakeholder possono contribuire a migliorare la situazione. Per favorire appropriatezza e disponibilità dei trattamento. Ben oltre le terapie. E’ il pensiero di Anna Chiara Rossi, VP & General Manager Italia, Alexion, AstraZeneca Rare Disease. “È per noi un risultato importante, ma il nostro impegno non si esaurisce alla sola ricerca e sviluppo di nuovi farmaci – fa notare – Vogliamo essere un partner al fianco della comunità scientifica, dell’Associazione dei pazienti, delle Istituzioni e di tutti coloro che lavorano all’interno del sistema delle malattie rare, e agire in modo concreto non solo mettendo a disposizione soluzioni terapeutiche innovative, ma con progetti ‘oltre il farmaco’ per rispondere alle esigenze ancora insoddisfatte dei pazienti con malattie rare”.

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