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EssilorLuxottica e il design che conta: la storia dei Ray-Ban Meta

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Velasco25 Articolo

Quando sentiamo Fabio Borsoi, l’ingegnere che guida la ricerca e sviluppo sugli smart eyewear in EssilorLuxottica si trova in Cina. “Con Meta stiamo lavorando alle prossime generazioni di occhiali”, si limita a dire, senza svelare altro. D’altronde non ce n’è bisogno: il lavoro sugli occhiali del futuro è appena iniziato. La partnership che ha lanciato i Ray-Ban Meta ha già portato i primi risultati commerciali e di recente è stata prolungata per il prossimo decennio. Ma il lavoro di EssilorLuxottica sulla tecnologia indossabile va avanti da molto prima che Leonardo Del Vecchio e Mark Zuckerberg ne disegnassero il futuro.

L’ingegnere italiano è la persona giusta per raccontarlo. Borsoi è nel Gruppo da 19 anni e dal 2005 lavora alle wearable technology. Al tempo, racconta, le tecnologie indossabili erano “già sulla bocca di tutti”; oggi rappresentano una delle evoluzioni tecnologiche che scandiscono gli annunci finanziari e il futuro stesso dello storico gigante dell’occhialeria. Gli occhiali intelligenti Ray-Ban Meta – con cui potete scattare fotografie, registrare video, fare chiamate e ascoltare musica, tra le altre cose – sono già un successo sia negli Stati Uniti che in Europa, dove nel 60% dei negozi Ray-Ban risultano il prodotto più venduto – a oltre 300 euro. Gli episodi recenti – la registrazione di video da parte di Maria Rosaria Boccia nel Parlamento italiano, o il sistema di due studenti di Harvard che permette di ottenere informazioni personali in tempo reale sui soggetti inquadrati dalle telecamere di smartphone o smart glasses – non hanno fermato una corsa iniziata nel 2005. “Già allora avevamo iniziato a cercare di capire quando e come l’elettronica sarebbe entrata in un occhiale. C’erano ancora dei limiti: la batteria, l’interconnessione con un ecosistema ancora immaturo. Eravamo agli albori dello smartphone, e abbiamo iniziato a guardarci intorno per capire chi ci potesse aiutare”, dice Borsoi.

È stato un percorso dove si è imparato dagli errori e dagli insuccessi, a partire dal Radar Pace, nato dalla collaborazione Luxottica-Intel nel 2016, fino ai Google Glass di una decina di anni fa. Borsoi racconta come l’azienda abbia via via rafforzato la propria intuizione chiave sullo ‘smart eyewear’: ovvero che deve essere, prima di tutto, “un occhiale bello e che la gente abbia voglia di indossare”. Un concetto non scontato per le Big Tech internazionali. “In passato abbiamo dovuto battagliare per far capire cosa rappresenta un occhiale, un oggetto che sta al centro del viso delle persone. Magari durante un progetto si provava a sacrificare qualcosa per l’elettronica, a pensare ‘lo faccio più pesante, più bruttino…’ ma non è così che si fa. Noi passiamo settimane a lavorare su un decimo di millimetro”. Il segreto per i Ray-Ban Meta, racconta, è stato il lavoro di squadra con il partner, che ha permesso di far evolvere il prodotto – dopo i Ray-Ban Stories lanciati nel 2020 – in una piattaforma dove sono state abilitate “funzionalità AI nei mercati che lo consentono, come gli Usa. La partnership è esattamente 50-50. EssilorLuxottica – che progetta l’occhiale in Italia – ha l’ultima parola su design e Meta sul software, ma lo sviluppo deve essere integrato”. Ragionando insieme, ad esempio, si è scelto di non notificare ogni singolo aggiornamento software agli utenti, che possono consultarli all’interno della app connessa all’occhiale. Ci sono ancora dei miglioramenti da effettuare: “Le componenti elettroniche sono ad oggi le stesse di un telefono: il futuro dell’occhiale passerà invece da prossime generazioni con componenti studiate proprio per questo mondo. L’obiettivo è rendere queste tecnologie modulari e scalabili”. Ed è forse la scalabilità che permetterà ai Ray-Ban (per ora unico marchio EssilorLuxottica coinvolto nel progetto) di diventare un’innovazione epocale, senza essere un’invenzione in senso stretto. “Ci sono dei brevetti inclusi nel progetto, ma è comunque un prodotto che arriva dopo 15-20 anni di tentativi da parte di tante aziende. La novità non è il progetto, è l’esecuzione. Penso sia l’inizio di una categoria di mercato basata su un prodotto radicato in una piattaforma di comunicazione enorme”, ovvero i social di Meta, spiega l’ingegnere. D’altronde, anche prima dell’iPhone esistevano tecnologie simili, ma nessuno aveva trovato la formula giusta per metterle insieme. “Non mi permetterei di confrontare il nostro successo con quello di Apple… magari ci risentiamo tra 5 anni e ne riparliamo. Ma il paragone regge nella metodologia con cui siamo arrivati al prodotto: pensare non alla tecnologia, ma a cosa l’utente farà con questa tecnologia”.

La prossima innovazione

Gli occhiali per ‘sentire’ di EssilorLuxottica, pensati per chi ha disturbi dell’udito, sono ancora un prototipo ma sono già stati presentati al pubblico e verranno lanciati nei prossimi mesi. Il Nuance Audio – reso possibile da una delle acquisizioni del Gruppo degli ultimi anni, la startup isreaeliana Nuance Hearing – permette di amplificare le voci degli interlocutori e di sentire meglio grazie a un sistema di microfoni e sensori gestiti da un algoritmo proprietario che alza ‘il volume’ di chi parla in base allo sguardo di chi indossa l’occhiale.

 

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