Affrontare le sfide e le novità che stanno rivoluzionando il mondo della salute, della sanità, della ricerca e del pharma con uno sguardo alle conseguenze per uomo, ambiente e mondo animale, con la speranza di avere un approccio olistico alla risoluzione di problemi complessi. Con queste premesse si è aperto, a Roma, il secondo Forum One Health “Brainstorm One Plane, One Water, One Health” ospitato a Palazzo Wedekind.
Pandemie e crisi globali hanno infatti dimostrato la necessità di un approccio più equo che promuova la salute e il benessere a livello locale e, quindi, globale. Umberto Agrimi, Direttore dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria ISS, ha sottolineato l’attività del proprio istituto “impegnato su tante attività di controllo, tra cui le malattie a trasmissione alimentare che rappresentano una parte consistente delle zoonosi”.
Il food system, sottolinea l’esperto, “è un asset economico importantissimo, soprattutto in Italia, dove il rapporto con l’alimento è particolarmente curato. Ci piace mangiare bene e cercare la sicurezza alimentare. L’indotto economico della filiera alimentare in Italia infatti si aggira attorno ai 540 miliardi di euro, con un milione e 600mila imprese, 3 milioni e 600 mila lavoratori”.
Il settore è però “sotto la lente di ingrandimento se visto nell’ottica dell’one health – precisa Agrimi – dal momento che produce a livello globale un terzo dei gas climalteranti”.
C’è poi un problema futuro che riguarda la sovrappopolazione: nel 2050 sono previste 10 miliardi di persone “e le stime dicono che dovremo produrre alimenti in più. Il problema – dice Agrimi – è che non sappiamo dove farlo, perché tolte montagne, deserti e tundre coltiviamo già ovunque, pure deforestando. Il food system è quindi il primo driver per la perdita biodiversità, questa è la sfida principale per il one health. Saremo obbligati ad adottare stili di vita più salutari, con un’alimentazione più attenta alla salute dell’individuo e ai bisogni dell’ambiente”.
Massimo Ciccozzi, Epidemiologo Università Campus Bio Medico Roma, ricorda l’epoca dell’HIV: “Quando si cercò di capire la globalità di una malattia che stava prendendo tutto il mondo. Poi ci siamo un po’ assopiti, non so perchè, e non abbiamo più considerato la salute in termini globali secondo una connessione che mette uomo, animali ed ecosistema sullo stesso piano. Basti pensare agli allevamenti intensivi, che sono un grande guadagno ma anche un danno assurdo per tutti i virus e batteri che arrivano a noi”.
E’ arrivata poi la pandemia “a ricordarci che bisognava ragionare in modo globale poichè qualcosa che nasce in Cina può arrivare anche a te dall’altra parte del mondo, nel modo più banale”. Preoccupante il futuro prossimo della Capitale, secondo Ciccozzi: “Dall’8 dicembre Roma sarà nel Giubileo, siamo pronti all’arrivo di 38 milioni di pellegrini? Oggi ho usato la metro, su un vagone di 50 persone usavamo la mascherina in quattro. Poi ci siamo sorprendiamo che Covid non sia andato via? È endemico, ci sarà sempre perché dipende dal movimento della popolazione e questo vuol dire ragionare in termini globali”.
Approccio olistico cavalcato anche da Barbara Gallani, Capo del dipartimento “Comunicazione e partenariati” EFSA: “Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – spiega – raccolgono sempre i dati provenienti dagli Stati membri dell’UE e da altri Paesi europei per studiare la connessione tra animali, uomo e cibo. In fondo il One health deve essere vissuto con un approccio che va costantemente rinnovato. L’Efsa lavora con altre agenzie auropee che si occupano di medicine, sostanze chimiche e ambiente. Tra cose le più stimolanti c’è proprio la possibilità di avere molte voci su biodiversità e salute nelle nostre città”.
Rimane il rischio di trasmissione all’uomo dei batteri antibiotico-resistenti. Un tema “piuttosto trascurato – avverte Stefano Inglese, coordinatore del tavolo di lavoro Valore e Sostenibilità degli Antibiotici – quando invece dovremmo avere politiche di contrasto contro questo fenomeno. Da qualche anno la ricerca sugli antibiotici è invece quasi ferma, i clinici ci dicono che incontrano infezioni da germi inaffrontabili con gli antibiotici a disposizione. Buona parte dei paesi occidentali, con ottimi esempi in Svezia e Regno Unito, ha messo in campo investimenti ingenti su ricerca e sviluppo attraverso azioni di push and pull, e ad oggi si prospettano 3-4 antibiotici nel giro dei prossimi cinque anni”.
L’antibiotico resistenza, conclude Ciccozzi, “causa 10mila morti l’anno in Italia. Purtroppo i medici di famiglia continuano a prescriverli senza capire se l’influenza è virale o veramente batterica, perché fanno le diagnosi al telefono o su pressione del paziente. Così c’è chi prende l’antibiotico solo per tre giorni, perché dopo tre giorni sta meglio. Ma i batteri sono furbetti”.