Smettere di utilizzare la sanità come terreno di scontro politico, trovando allo stesso tempo il modo di dare nuovo ossigeno al Fondo sanitario nazionale e salvaguardare, così, il Servizio pubblico. Anche con un approccio fuori dagli schemi. Nei giorni del confronto sulla Manovra, colpisce la proposta di Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, intervenuto in audizione presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.
Se la coperta per la sanità è (da sempre) corta, l’idea di Cartabellotta è quella di ‘accendere i riflettori’ sui prodotti che danneggiano la salute. “Nell’impossibilità di aumentare la spesa pubblica totale, visto l’inverosimile balzo del Pil nel breve-medio termine e i vincoli Ue sul debito, occorre puntare sulla combinazione delle altre strategie proposte dall’Ocse. Innanzitutto, aumentare le risorse per la sanità, riallocandole da altri capitoli di spesa pubblica, o introducendo tasse di scopo, in particolare su prodotti che danneggiano la salute (‘sin taxes’): sigarette, alcol, gioco d’azzardo, bevande e prodotti zuccherati, o tassando i redditi milionari o gli extra-profitti di multinazionali”.
È tempo di riforme coraggiose
Per Cartabellotta, “se il nostro Paese intende davvero rilanciare il Ssn, è indispensabile avviare un rifinanziamento progressivo della sanità, accompagnato da coraggiose riforme di sistema. Perché aggiungere fondi senza riforme riduce il valore della spesa sanitaria, mentre fare riforme ‘senza maggiori oneri per la finanza pubblica’ crea solo ‘scatole vuote'”.
Il presidente Gimbe è convinto insomma che, “con un approccio scientifico e la giusta volontà politica”, sia possibile pianificare “un incremento percentuale annuo del Fsn, al di sotto del quale non scendere, a prescindere dagli avvicendamenti dei Governi”.
La reazione dei medici
Dal canto suo, il sindacato dei ‘camici bianchi’ Anaao appare molto duro sulla Manovra. “Non siamo soddisfatti di una legge di Bilancio emanata in un contesto sociale drammatico e che non valorizza i professionisti: 15 euro netti al mese per i medici, ancora poi da discutere in un contratto che non c’è e non so se firmeremo. Sono stanziate briciole, che non favoriranno l’arrestarsi di una fuga di medici e infermieri all’estero: in un anno e mezzo 9mila colleghi tra 43 e 55 anni hanno scelto di lasciare il Servizio sanitario nazionale”, ha ricordato Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, il sindacato dei medici dirigenti del Ssn, nel suo intervento in audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.
Il 20 novembre i medici sciopereranno, “per dare un monito al Governo. Siamo disponibili al dialogo costruttivo, ma per salvare il Ssn servono azioni coraggiose e immediate. Il tempo è poco e gli ospedali si svuotano. La soluzione non è importare infermieri dall’India e medici da Cuba, ma investire sui professionisti”.
Anche perchè tra il 2015 e il 2022, come ricorda Di Silverio, le retribuzioni dei medici dipendenti sono diminuite, in termini reali, del 6,1% (Censis 2024) e il costo del personale a tempo indeterminato è calato del 2,8%. “Questi numeri, insieme con il peggioramento delle condizioni di lavoro, rendono conto della ridotta capacità attrattiva di quella che si considera ‘risorsa chiave’. Risulta pertanto vitale per il mantenimento in vita del Ssn uno straordinario piano di reclutamento e premialità di tutte le figure professionali che in esso operano”, ha sottolineato.
Il plauso degli infermieri
Di tutt’altro tenore la reazione di Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). Parlando in audizione, gli infermieri esprimono il loro “apprezzamento per il quadro delineato dal disegno di legge di Bilancio, che restituisce un messaggio di presa di coscienza delle istituzioni sulle difficoltà che sta attraversando la sanità nel nostro Paese. È ancora più significativo che il Governo abbia scelto di investire nel settore infermieristico”.
“Siamo fiduciosi che la strada intrapresa, anche se lunga, è quella giusta”, sottolinea la presidente, assicurando che la Federazione è a disposizione delle istituzioni affinché prosegua il percorso di valorizzazione delle professioni sanitarie. A piacere alla presidente è “l’incremento dell’indennità di specificità infermieristica, che ammonta a 35 milioni di euro per il 2025 e a 285 milioni di euro a decorrere dal 2026, così come l’incremento di indennità di pronto soccorso, perché riconosce il lavoro svolto dagli infermieri e dal personale sanitario impegnato in contesti di emergenza. Questi investimenti contribuiranno a migliorare le condizioni di lavoro degli infermieri, promuovendo allo stesso tempo un servizio sanitario nazionale più robusto e resiliente”.
La presidente Fnopi auspica che, con il prossimo documento di programmazione finanziaria, possa essere esteso “un abbassamento al 15% della tassazione degli importi riconosciuti agli infermieri per le indennità correlate a particolari condizioni di lavoro e per l’operatività nel pronto soccorso, prevedendo per tali importi anche l’esclusione dal cumulo per il calcolo della detrazione sul reddito, come invece stabilito attualmente dalla normativa vigente. Inoltre auspichiamo che venga prevista una modifica normativa, volta all’esclusione degli importi erogati a vario titolo al personale sanitario della dirigenza e del comparto per attività finalizzate all’abbattimento delle liste d’attesa, dal tetto di spesa per il personale”.
Il grido d’allarme del settore dei dispotivi medici
Bloccare il payback per gli anni 2019–2024 per arrivare a cancellarlo definitivamente, auspicabilmente già dal 2025. Identificando però nuove forme di gestione e controllo della spesa e, nel frattempo, rimodulando i tetti di spesa dei dispositivi medici per allinearli alla reale domanda di salute e alla media europea del 7%. Sono solo alcune delle richieste scandite dal presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni, in audizione sulla Manovra in sanità.
Barni chiede di mitigare l’impatto del payback 2015-2018 “attraverso un ulteriore finanziamento statale, forme di rateizzazione e supporto con garanzia statale per l’accesso al credito”. Posticipando di un anno i termini di pagamento della tassa dello 0,75% sul fatturato delle imprese dei dispositivi medici (oggi la scadenza è il 31 dicembre 2024).
“Riteniamo auspicabile che si avvii un confronto permanente con le istituzion, per elaborare nuovi sistemi di governance del settore, che permettano una programmazione virtuosa e accurata della spesa sanitaria in dispositivi medici. Non possiamo scaricare sulle imprese il fatto che la spesa non sia stata adeguata a coprire i reali fabbisogni di salute della popolazione” che invecchia, ha chiosato Barni, paventando ancora una volta i rischi per il comparto – e per i cittadini – legati a un mancato intervento in Manovra sul payback dei dispositivi medici.