Il Pil negli Stati Uniti è cresciuto nel terzo trimestre del 2,8%: un risultato al di sotto delle attese degli analisti – che avevano stimato un’espansione del 3% – ma che comunque conferma la buona salute dell’economia americana prima del voto.
I dati pubblicati dal Bureau of Economic Analysis del dipartimento del Commercio si riferiscono al periodo luglio-settembre e sono in linea con quelli dei tre mesi precedenti, in cui l’incremento era stato del 3%. A spingere la crescita economica sono stati i consumi e la spesa pubblica. Secondo un rapporto del Conference board la fiducia dei consumatori statunitensi sarebbe infatti aumentata tanto da raggiungere il massimo degli ultimi nove mesi a ottobre.
Sorprendente poi la tenuta del mercato del lavoro: il mese scorso l’occupazione nel settore privato è aumentata molto più del previsto. A mostrarlo sono i dati del rapporto mensile redatto da Automatic data processing (Adp) – l’agenzia che si occupa di preparare le buste paga – che segnalano un aumento di 233.000 posti di lavoro a ottobre dopo il balzo di 159.000 posti rivisti al rialzo a settembre: si tratta dell’incremento più alto dal luglio del 2023. Gli economisti si aspettavano che l’occupazione nel settore privato aumentasse di 115.000 posti di lavoro rispetto ai 143.000 in più del mese precedente.
Con la crescita dell’economia, un mercato del lavoro solido e l’inflazione in calo, i rischi di recessione prospettati all’inizio dell’anno sembrano ormai lontani. Gli Stati Uniti stanno meglio di tutte le altre grandi economie occidentali e il Fondo monetario internazionale prevede una crescita del 2,8% per l’intero anno e del 2,2% per l’anno prossimo.
Mancano ormai pochissimi giorni alle elezioni del 5 novembre – a cui i due candidati Kamala Harris e Donald Trump arriveranno dopo una campagna elettorale combattuta e piena di tensioni – e i dati sull’economia potrebbero fare a differenza. I temi economici sono infatti in cima alle preoccupazioni degli americani: ben il 52% degli elettori afferma che la posizione del candidato sull’economia abbia un’influenza “estremamente importante” sul voto, il valore più alto mai raggiunto dai tempi della Grande Recessione. Di recente Harris ha ricevuto un importante sostegno in questo senso, quando un gruppo di 23 economisti premi Nobel ha pubblicato un appello per appoggiare il programma dell’attuale vicepresidente in corsa per i Democratici, considerato migliore per l’economia rispetto a quello di Trump. Detto questo, i sondaggi mostrano invece un certo favore dell’elettorato al candidato repubblicano quando si tratta di crescita e inflazione.