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“Per un pugno di voti”: ecco i sette Stati che decideranno le presidenziali americane

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Velasco25 Articolo

Saranno loro a decidere chi diventerà il nuovo inquilino della Casa Bianca: gli ‘swing state’, gli Stati in bilico, ago della bilancia delle presidenziali americane del prossimo 5 novembre. Sette Stati contesi da Donald Trump e Kamala Harris, che assegnano 93 grandi elettori e che con ogni probabilità saranno decisivi per la vittoria finale: Pennsylvania, Carolina del Nord, Arizona, Nevada, Wisconsin, Michigan e Georgia. 

I grandi elettori 

Secondo il sistema elettorale statunitense, i cittadini non votano direttamente per il candidato, ma per un suo rappresentante, il ‘grande elettore’, appunto. Saranno poi i grandi elettori a eleggere il presidente. A ogni Stato viene assegnato un numero di rappresentanti stabilito in rapporto alla popolazione. In totale sono 538, un numero che corrisponde alla somma dei senatori e deputati che compongono il Congresso, più i tre rappresentanti della capitale Washington. Per essere eletti bisogna conquistarne almeno 270.  

Gli Stati in bilico

I sette swing state – che rappresentano all’incirca il 18% della popolazione americana – esprimono 93 dei 538 voti del Collegio elettorale. La Pennsylvania è lo Stato più popoloso e dunque quello che mette in palio il numero più elevato di grandi elettori, 19. Uno Stato chiave, che fu fondamentale anche nelle elezioni del 2020, appoggiando Biden. Non a caso, è assai frequentato dai candidati durante la campagna elettorale. È qui, peraltro, che ha avuto luogo l’attentato a Trump dello scorso 13 luglio, durante un comizio. 

Nell’ultimo mezzo secolo, la Carolina del Nord (che vale 16 grandi elettori) ha quasi sempre sostenuto i repubblicani. Ma il dominio del partito di Trump è minato dal cambiamento demografico, con l’elettorato giovane in crescita: gli elettori registrati con meno di 43 anni rappresentano il 42% del totale. Se si escludono i casi isolati di Clinton nel 1996 e Biden nel 2020, dal 1948 l’Arizona (11 grandi elettori) ha sempre preferito i candidati repubblicani. Nello Stato al confine col Messico, un elettore su quattro è latino e questo gruppo sembrerebbe orientato a supportare Harris. 

Il Nevada vale solo 6 voti, ma potrebbero fare la differenza se la corsa si rivelerà molto equilibrata e combattuta. Da decenni considerato uno Stato ‘viola’, a metà fra il rosso dei repubblicani e il blu dei democratici, qui un terzo dei votanti si considera indipendente. Secondo i dati, Trump era largamente in vantaggio su Biden, ma il gap si è sensibilmente ridotto da quando è subentrata Kamala Harris. L’appoggio della nutrita comunità ispanica potrebbe fare la differenza. 

Il Wisconsin è uno degli Stati più imprevedibili, in cui poche migliaia di voti possono decidere l’esito della consultazione. Lo Stato del Midwest elegge 10 rappresentanti. Qui Trump ha ricevuto un’accoglienza trionfale pochi giorni dopo l’attentato. Il Michigan esprime 15 grandi elettori. Storicamente democratico, è stato conquistato da Trump nel 2016 e perso quattro anni più tardi. La concentrazione di arabi americani nello Stato è molto alta e la posizione su Israele e Palestina potrebbe risultare decisiva per aggiudicarsi la vittoria. La Georgia è uno Stato pesante: elegge 16 rappresentanti. Trump e Harris cercano il voto di ispanici e afroamericani, che rappresentano una percentuale consistente della popolazione. In 8 delle ultime 12 elezioni chi si è aggiudicato la Georgia ha poi ottenuto la presidenza. 

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