I sondaggi, questa volta, consigliano di astenersi dalle previsioni. Tra Donald Trump e Kamala Harris è un vero “neck and neck”, un testa a testa che si esaurirà soltanto a urne chiuse. A una manciata di giorni dal fatidico 5 novembre, i due candidati si lasciano andare ai fuochi d’artificio finali. Va letto in questa chiave il bombastico show organizzato da Trump a Madison Square Garden a NYC: nella città che gli ha dato i natali (e ha segnato la sua fortuna imprenditoriale), Trump ha parlato per un’ora e 16 minuti, sotto le insegne a schermi cubitali (“Trump will fix it”), rispolverando i cavalli di battaglia del movimento MAGA (“Make America Great Again”). Prima di lui, si sono alternati i volti simbolo dell’universo trumpiano: la moglie Melania e i figli, il vicepresidente designato J. D. Vance, il tycoon Elon Musk ormai grillo parlante della destra trumpiana, Robert F. Kennedy… e poi, nelle quasi sei ore di show, si sono esibiti in appassionanti comizi il wrestler Hulk Hogan, l’avvocata Alina Habba, il comico Tony Hunchcliffe (che se l’è presa con latinos e portoricani), l’ex anchorman di Fox News Tucker Carlson. Niente star system ma seguaci duri e puri, le falangi del trumpismo in bella mostra. Tra le figure meno note, che pure hanno parlato dal podio in mezzo a una folla oceanica (oltre 20mila persone), è intervenuta Brooke Rollins, co-fondatrice del think tank America First Policy Institute, in predicato di diventare il prossimo capo dello staff della Casa bianca.
Sono invece di segno opposto le scelte della campagna di Kamala Harris che ricerca lo “star power” per mobilitare l’elettorato in suo favore. Dopo i concerti di Beyoncé (che le ha pure fornito, con Freedom, l’inno della campagna), Bruce Springsteen, Eminem e Stevie Wonder, potrebbe fare un’apparizione a sorpresa Taylor Swift (al momento, sono rumors). Di sicuro, gli endorsement di Leonardo Di Caprio, Barbra Streisand, Jennifer Lawrence o Ben Stiller ricalcano il copione di Barack Obama: anche lui, nel 2012, in difficoltà per l’economia in crisi, fu trainato dalle performance musicali di Springsteen e Wonder negli ultimi comizi prima del voto per il second term. Quanto poi i comportamenti elettorali siano davvero influenzati dal messaggio di un cantante, resta un mistero. Certo è che i Democratici confidano nel tocco magico delle star, l’aura hollywoodiana, secondo loro, rafforzerebbe il brand politico.
Trump, a questa storia, crede poco o affatto. Del resto, non ha mai rincorso lo star system (ed è ricambiato, va detto). Brooks, la donna che potrebbe guidare lo staff della Casa Bianca, ha incentrato il suo speech a Madison Square Garden sulla sua infanzia di ragazzina cresciuta da una madre single in un paesino texano. Gente normale, insomma. Ancora più struggente è la biografia di J. D. Vance, venuto dal nulla e oggi milionario (grazie anche agli introiti del suo best seller autobiografico, “Elegia americana”).
Donald Trump parla alla pancia dell’America, al popolo e non alle élite strapagate. È a loro che si rivolge quando tiene in mano due pacchetti di Tic-Tac (uno standard e uno minuscolo) per illustrare l’impennata dei prezzi dei generi alimentari negli Stati uniti. E’ sempre a loro che si rivolge quando in una ormai celebre conferenza stampa nel suo golf club in New Jersey parla davanti a un tavolo ricoperto di prodotti dei suoi sponsor: il candidato repubblicano se la prende con la Bideneconomics, da cui Harris non può prendere le distanze, per dimostrare che i prezzi dei beni essenziali, negli ultimi anni, sono drammaticamente aumentati.
Il paradosso dell’economia americana, che deciderà l’esito delle prossime elezioni, è che a fronte di una crescita positiva (il Pil Usa è salito dell’8,7 percento dai livelli prepandemici, più di Germania e Giappone) e di una disoccupazione ai minimi storici, il caro vita non dà tregua alle famiglie americane. Gli elettori e le elettrici che ogni giorno vanno a fare la spesa non avvertono le conseguenze dell’occupazione in aumento e della buona performance della Borsa di New York: per loro ci sono i prezzi di uova e cereali in aumento a deprimere le aspettative per il futuro. Far quadrare i conti è diventato difficile. È probabile perciò che nei sette stati in bilico (Nevada, Arizona, Georgia, North Carolina, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania) i cittadini voteranno con un occhio al portafogli, e chissà se il balletto di Swift o l’esibizione di un’altra popstar potranno alleviare la delusione di chi si sente, ogni giorno, più povero.