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Epatite C: due strategie per arrivare all’eliminazione

epatite C
Adyen Articolo
Velasco25

“Repetita iuvant”, eccome. Lo pensavano i latini e, per certi versi, lo ribadiscono anche moderne strategie di politica sanitaria. Perché quando un modello funziona, con esiti positivi per i malati e con un risparmio sul fronte della spesa sanitaria, non andrebbe solo ribadito e ripreso. Ma addirittura amplificato. Volete un esempio? Pensate all’attuale programma di screening gratuito per l’epatite C.

L’obiettivo

Espandendolo, sfruttando anche le esperienze pilota che hanno permesso di ottimizzare “Best Practice” su scala regionale anche ai nati tra il 1948 ed il 1968 (oltre all’attuale coorte di nascita 1969-1989, oggi considerata). La proposta viene dagli esperti che si sono incontrati a Roma per l’evento “Epatite C: Obiettivo eliminazione, il momento è adesso. Strategie e modelli organizzativi per riscrivere la storia delle epatiti virali”: le due azioni indicate, ovvero il prolungamento e l’espansione dello screening per la ricerca del virus C, possono diventare i “grimaldelli” per il futuro della lotta all’infezione e per prospettare il raggiungimento dell’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ovvero eliminare questa infezione entro il 2030.

Il caso dello screening

A che punto siamo? In base a quanto emerso nel convegno, si può puntare ad allungare/allargare lo screening anche senza pensare ad investimenti significativi, visto che i 71,5 milioni di euro già stanziati attraverso il Decreto Milleproroghe a questo fine non sono stati del tutto utilizzati, anche a causa della bassa adesione. Emerge, infatti, come la copertura dello screening abbia raggiunto solo l’11% della popolazione generale tra i 35 e i 55 anni.

Tra politica, scienza, associazioni pazienti e società scientifiche occorre quindi un colpo di reni. Anche formalmente. Infatti nel corso dell’evento è stato presentato e firmato da molti dei partecipanti il “Patto per l’eliminazione dell’Epatite C”, un impegno concreto per disegnare il futuro.

Un passo indietro

Il programma di screening per l’epatite C è stato lanciato nel nostro Paese nel 2020, con l’intento di individuare le infezioni sommerse e trattarle precocemente, per ridurre la trasmissione del virus e l’incidenza delle gravi complicanze correlate. Il programma è destinato a tre popolazioni target: i nati tra il 1969 e il 1989, le persone seguite dai Servizi per le dipendenze (Ser.D.) e le persone detenute. Grazie allo stanziamento di 71,5 milioni di euro, dal 2020 al 2024 l’Italia ha continuato a implementare e rafforzare lo screening per l’HCV con aggiornamenti legislativi e iniziative sanitarie.

Così si sono identificate ad oggi oltre 10.000 persone che non sapevano di avere l’infezione da HCV e che in molti casi hanno preso la strada del trattamento. “Questi risultati sono stati ottenuti nonostante il programma abbia subito ritardi e in molte Regioni non sia stato completamente, offrendo un importante segnale sulle potenzialità dello screening”, è il commento di Massimo Andreoni, Direttore scientifico Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).

I prossimi passi

“È fondamentale che venga prorogato, ampliato a fasce di popolazione più ampie, attivato in tutte le Regioni e anche promosso con campagne di sensibilizzazione e comunicazione efficaci. Stiamo finalmente assistendo a una riduzione delle complicanze da epatite C, ma se lo screening dovesse venire interrotto, queste torneranno certamente ad aumentare, con un impatto inevitabile sul Sistema Sanitario Nazionale, continua Andreoni.

“Per quanto riguarda lo screening nazionale finalizzato al raggiungimento degli obiettivi Oms, è necessario fornire alle Regioni una certezza di stabilità sul lungo periodo, almeno fino al 2030, rendendo lo screening strutturale e non sperimentale come è attualmente, apportando tutte le modifiche normative del caso, concertate con Regioni, Società scientifiche, e Associazioni pazienti – è la valutazione di Ivan Gardini, Presidente EpaC ETS – È assolutamente auspicabile una strategia sanitaria globale sulla prevenzione delle infezioni trasmissibili, ma che possa trovare concrete possibilità di attuazione attraverso una solida base normativa ed economica, almeno per l’epatite C”.

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