L’intelligenza artificiale, ormai lo sappiamo bene, ha i suoi limiti. Nel settore della sanità, uno dei pochi dove tutti incondizionatamente tifano per accelerarne l’utilizzo (a beneficio della salute umana), ci sono malattie che mettono allo scoperto quei limiti più di altre. L’Alzheimer per ora rende vani anche i progressi delle AI che riescono a individuarne i segni precocemente. Non sempre questi portano a uno sviluppo di questa patologia neurologica e i farmaci sono ancora pochissimi e intercettano solo le fasi iniziali della malattia. Nessuno è stato ancora approvato in Europa dall’autorità competente, l’Ema. Ma l’AI ha anche un altro possibile utilizzo. Può aiutare nelle terapie per conservare le funzioni cognitive dei pazienti una volta che sono stati colpiti dalla malattia. E lo può fare mettendo a loro disposizione un metodo per raccontare, e ricordare, la propria vita.
Un biografo artificiale
Wide Labs è una società di intelligenza artificiale brasiliana, fondata nel maggio 2020. La società è stata creata da sette partner senza finanziamenti esterni, anche se ora è alla ricerca di capitale di rischio per crescere. Un aiuto è arrivato non sotto forma di funding, ma di risorse tecnologiche, come quelle di Nvidia e Oracle. È proprio tra gli stand del CloudWorld di Las Vegas (il grande expo-convention annuale di Oracle) che il fondatore di Wide Labs, Nelson Leoni, ha spiegato gli obiettivi della startup, che ha sviluppato un suo large language model in portoghese (AmazonIA) e utilizza i suoi algoritmi in diversi ambiti, ma si concentra molto sulla salute: dalla medicina predittiva ad agenti ‘conversazionali’ che aiutino i medici a prendere decisioni.
La missione, dice il founder, è quella di democratizzare l’accesso alle tecnologie di cura più avanzate, grazie all’AI, fornendo servizi a un costo inferiore rispetto alle grandi aziende. Su una soluzione in particolare si è concentrata la startup: bAIgrapher, dedicata ai pazienti affetti da Alzheimer e nata prima ancora dell’avvento di ChatGpt et similia. Lo slogan è “scrivere storie che neanche l’Alzheimer può cancellare”: vengono create biografie personalizzate utilizzando i ricordi di amici e familiari. “Ci sono delle ‘porte’ che permettono di avere accesso ai ricordi. Per aprirle è necessario, semplicemente, ricordare. Una biografia è un modo per farlo”, dice Leoni. Ma affidarsi a un biografo, come fanno molti personaggi famosi, è costoso e richiede tempo.
L’obiettivo, secondo la startup, è terapeutico: aiutare i pazienti (soprattutto quelli nelle fasi iniziali della malattia) a mantenere le proprie funzioni cognitive scrivendo le loro storie di vita, grazie a una rete neurale che ha masticato 400 biografie di grandi autori nella sua fase di addestramento.
Attualmente la soluzione è in fase di sperimentazione clinica in tre ospedali in Brasile, per un totale di una cinquantina di pazienti. L’obiettivo è il sistema sanitario pubblico del Paese. Infatti Wide Labs punta a un modello di business prevalentemente B2b: nel caso di bAIgrapher, prevede di vendere la soluzione direttamente agli ospedali come ‘reminiscence therapy’ da mettere a disposizione dei pazienti. “Così tutti, anche le persone molto povere, avranno accesso alla terapia”, spiega il founder, che anticipa che presto verrà messa a punto una modalità d’acquisto anche per i singoli consumatori.
La soluzione è stata inizialmente creata in inglese, poi modellata in portoghese. La lingua è fondamentale per estrarre informazioni rilevanti e creare biografie significative. Dal punto di vista dell’utilizzo della soluzione in altre regioni, il founder ricorda che l’AI di Wide Labs è multilingua: ci sono quindi già le basi tecniche per poter arrivare anche oltreoceano. “Il protocollo di sperimentazione clinica può essere replicato in altri Paesi”. Per portare il biografo artificiale della startup a una dimensione internazionale naturalmente serviranno soldi. Nonostante per ora l’azienda sia in totale ‘bootstrapping’, con i fondatori che hanno pagato di tasca propria lo sviluppo negli ultimi quattro anni, il sostegno di grandi aziende – come quello di Oracle tramite cloud e risorse umane – aiuta.
Ma come funziona la raccolta dei dati di bAIgrapher?
Il processo prevede la raccolta di ricordi da familiari, amici e dal paziente, tramite un applicativo che chiede agli intervistati domande precise sulla vita della persona affetta da Alzheimer e raccoglie anche audio e immagini. L’intelligenza artificiale mette in ordine cronologico gli eventi (e i luoghi) che hanno caratterizzato la vita del paziente e poi inizia a scrivere: genera una biografia, che viene poi esaminata e approvata prima della pubblicazione (tramite libro, pdf o file audio). Di norma, spiega il founder, questo ruolo viene assegnato al familiare più vicino al malato, come il coniuge, che ha la possibilità di supervisionare i racconti e i ricordi raccolti: “Quante volte succede – sottolinea – che due parenti ricordino in maniera diversa la stessa cosa?”. Sono in prima battuta il paziente e chi gli è più vicino, quindi, a dettare lo ‘storytelling’ del prodotto finale, che viene creato solo grazie ai contenuti raccolti privatamente e non ai grandi dataset che caratterizzano i large language model.
In questo processo il ruolo principale dell’intelligenza artificiale è raccogliere i dati e generare rapidamente la biografia. Il primo ‘libro’ (192 pagine) è stato generato in 16 secondi, mentre servirebbero mesi e migliaia di dollari per avere una biografia tradizionale, ricorda Nelson Leoni. Lui stesso ha usato i servizi di un biografo, dice, per il suo libro ‘Life after Life’ pubblicato nel 2021. “Ci è voluto un anno, e qualche migliaio di dollari”, sottolinea. Il libro racconta la sua storia: nel 2005 Leoni, soldato brasiliano delle Nazioni Unite, venne colpito al cuore da un fucile AK-47 durante una missione di pace ad Haiti. Venne dichiarato morto per 6 minuti, prima di ‘resuscitare’. Da allora, dopo due anni e mezzo in ospedale, si è reinventato.
È diventato il capo della comunicazione digitale in Brasile di Unicef e, successivamente, imprenditore. Quella di bAIgrapher è stata tra le prime intuizioni della startup fondata quattro anni fa che ha già vinto diversi premi per l’innovazione, tra cui quello di Cannes. Un ‘sintetizzatore di ricordi’ non è forse l’intelligenza artificiale più strabiliante che abbiamo visto finora. Ma nel caso di una malattia che per ora non conosce soluzioni a portata di tutti – e che colpisce circa 650.000 italiani, con un costo annuo da 15 mld di euro – è un metodo concreto per confortare chi ne è colpito. Aprendo una porta sulla sua vita.