La rivoluzione digitale sta impattando anche sul mondo della formazione. “Un enorme cambiamento, che di per sé non sarà una panacea e nemmeno una catastrofe”. Parola di Manuela Ceretta, professoressa ordinaria di Storia del pensiero politico presso il Dipartimento di Culture, politica e società dell’Università degli studi di Torino, dal 2023 Rettrice dell’Università della Valle d’Aosta, una delle 14 donne (al momento in cui andiamo in stampa, ndr) alla guida degli atenei italiani della Crui.
Tecnologie, intelligenza artificiale, donne e materie Stem… quali sono le sfide maggiori che attendono il mondo accademico?
Credo che la principale sfida per il mondo accademico sia di non cadere vittima delle narrazioni allarmistiche o utopistiche relative alla rivoluzione digitale. Si tratta di un enorme cambiamento, che di per sé non sarà una panacea universale e nemmeno una catastrofe, ma una trasformazione tecnologica, sociale, politica profonda che investe anche il piano antropologico, nel senso che sta modificando le nostre abitudini di vita e il nostro modo di stare al mondo. Dobbiamo studiarla e comprenderla in profondità per restarne saldamente alla guida e trasformarla in uno strumento di inclusione sociale. Alle donne spetta di coltivare la reciproca consapevolezza di poter portare un contributo fondamentale in questo processo.
La sua università si colloca in una regione di montagna: una difficoltà o un vantaggio nell’ottica dell’attrazione dei talenti?
Difficile dare una risposta univoca: gli studi dicono che il trend globale va in direzione di un’ulteriore concentrazione di persone nelle grandi città, dunque a prima vista direi che potrebbe essere una difficoltà. Ma i trend locali ci dicono che, complice la possibilità di lavorare in parte a distanza, sono in corso delle “migrazioni verticali” che potrebbero rivelarsi promettenti.
Gli atenei dei grandi centri fanno i conti con le difficoltà di alloggio degli studenti, come è la situazione in Valle?
Quest’anno UniVdA ha investito parte dei fondi del diritto allo studio in soluzioni abitative, consapevole che la carenza di alloggio e il costo degli affitti si traducono in una riduzione dell’effettiva possibilità di esercitare tale diritto. In prospettiva, la Regione Valle d’Aosta ha siglato un accordo per ristrutturare con fondi Pnrr Palazzo Cogne, così da dotare l’università di uno studentato, che sarà collocato in centro, a pochi passi dalla nuova sede universitaria.
Quali sono i numeri del vostro ateneo e cosa lo caratterizza?
UniVdA conta un migliaio di studenti, che frequentano sei corsi di studi. Il tratto che la contraddistingue è l’internazionalizzazione: doppi diplomi, grazie alle convenzioni stipulate con l’Université Savoie Mont Blanc (Chambéry), l’Université Côte d’Azur, l’Avignon Université e l’Universidad de Zaragoza, e una percentuale di borse di mobilità per studio e tirocinio all’estero del 100% rispetto al numero di richieste. Il 37% dei nostri iscritti viene da fuori regione, segno di come le piccole città, a misura di persona, dove la mobilità è agevole e sostenibile, e dove il contatto con la natura è più immediato, inizino a rappresentare una variabile di rilievo nella scelta della sede universitaria.
Negli ultimi anni sono aumentate le Rettrici alla guida delle università italiane, cosa sta succedendo?
È in corso un cambiamento culturale, che investe il mondo accademico in quanto parte tout court del mondo occidentale e che sta aprendo alle donne spazi tradizionalmente a loro preclusi. Se guardiamo alle sedi universitarie dove siedono Rettrici, con l’eccezione di Padova viene da pensare però che tanto più un’istituzione è recente, tanto più è propensa ad aprirsi al cambiamento. UniVdA, che quest’anno compie 25 anni di storia, ha già avuto due rettrici.
Cosa avrebbe voluto fare da grande, e che messaggio darebbe a una giovane interessata alla carriera universitaria?
Avrei voluto fare l’archeologa. Ma la domanda per me è ancora valida: continuo a chiedermi cosa farò da grande. Se potessi scegliere oggi vorrei fare la disegnatrice di fumetti, perché sono uno straordinario strumento di riflessione politica e sociale, introspezione psicologica e il più delle volte le due cose insieme. Ho trascorso l’estate a leggere Zerocalcare, di cui adoro l’energia visionaria. A una giovane interessata alla carriera accademica suggerirei di non circoscrivere la propria vita alla ricerca universitaria, ma di tenere accese passioni differenti e provare a cimentarsi con esperienze diverse, anche molto pratiche, perché ne beneficerà non solo la ricercatrice, ma anche la ricerca.