PGIM_970x250_HEADER

Farmaci: la lunga attesa per i malati di tumore

farmaci Europa
Adyen Articolo
Velasco25

Per il malati di tumore il tempo è un elemento determinante: quello della diagnosi, ma anche quello della cura. Se la ricerca di nuove terapie ha portato in questi anni a un crescente numero di opzioni terapeutiche, l’accesso ai nuovi farmaci resta una sfida, non solo in Italia ma nell’intero Vecchio Continente.

E il tempo della ricerca si somma a quello della burocrazia, che però non è uguale per tutti. Tra l’autorizzazione all’immissione in commercio a livello europeo di una terapia oncologica fino al rimborso/copertura nazionale possono passare da circa 100 giorni o meno in Germania e Svezia a oltre tre anni a Cipro, Lettonia e Lituania. Insomma, anche in Europa esistono cittadini di serie A e di serie B.

E se il monito arriva dal report ‘Access to oncology medicines in Eu and OECD countries’ dell’Ocse, le disuguaglianze in tema di accesso ai nuovi medicinali anti-cancro sono una questione che i pazienti italiani segnalano da tempo, per la precisione dal 2015 (come vedremo in seguito).

Numeri e stime

Iniziamo con le bione notizie: il numero di nuovi farmaci anti-tumore approvati in Europa è in crescita costante. Basti pensare che  tra il 2004 e il 2011 “il numero medio annuo di approvazioni era vicino a 4  nell’Unione europea e nello Spazio Economico Europeo – si legge nel documento – mentre nel 2021 e nel 2022 sono state approvati rispettivamente 17 e 15 nuovi medicinali antitumorali”. La pipeline di ricerca in oncologia è solida e indice di un trend che probabilmente continuerà nel prossimo futuro. Ma il report segnala una serie di diseguaglianze.  

“Gli studi clinici e i programmi di accesso anticipato offrono ai pazienti l’opportunità di ricevere nuovi medicinali antitumorali prima dell’approvazione normativa o dell’approvazione del rimborso. Tuttavia, il numero di studi clinici in oncologia varia da meno di 2 a più di 10  ogni 100.000 abitanti in tutta l’Ue, con un accesso inferiore nei Paesi dell’Europa orientale e centrale”, avvertono da l’Ocse. In termini assoluti, sintetizza ‘Quotidiano Sanità’, la maggior parte degli studi nel 2023 è stata condotta in Francia (2.344), seguita da Spagna, Germania, Regno Unito e Italia (tutti tra 1.745 e 1.994 studi).

L’accesso precoce e l’Hta

Molti Paesi utilizzano “sistemi di accesso precoce per migliorare” la situazione, “nonostante le prove limitate/immature sull’efficacia. I Paesi con programmi di accesso precoce – sottolinea l’Ocse – forniscono più spesso l’accesso su base nominativa, il che in genere avvantaggia solo una piccola quota di pazienti clinicamente idonei”.

Anche gli accordi sui prezzi e rimborsi hanno un impatto significativo sull’accesso ai farmaci oncologici. Negli ultimi anni, l’aumento dei prezzi dei farmaci ha portato a un aumento della spesa per le cure oncologiche, ponendo sfide di accessibilità economica anche per i Paesi ricchi con sistemi sanitari finanziati con fondi pubblici, Italia in primis. Tutto questo ostacola un rapido accesso ai farmaci oncologici. Molti prodotti inoltre arrivano sul mercato con prove limitate sull’efficacia e sul rapporto costo-efficacia. Secondo l’Ocse, per migliorare i processi dovrebbe essere condotta una valutazione delle tecnologie sanitarie (Hta), che ne valuti sia l’efficacia che i costi, per tutti i nuovi farmaci e le estensioni di nuove indicazioni. Inoltre la valutazione di nuovi farmaci con un potenziale beneficio clinico relativo elevato dovrebbe essere accelerata. 

Il caso Italia

I risultati del report Ocse non sono esattamente una novità per la Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). Dal G7 Inclusione e disabilità di Assisi, il segretario generale Elisabetta Iannelli sottolinea a Fortune Italia come già dall’indagine promossa insieme ad Aiom (Associazione Italiana di Oncologica Medica) e Fondazione Censis nel 2015 fosse emerso come occorrevano circa tre anni, 1.070 giorni, perché un farmaco anti-cancro fosse disponibile per i pazienti italiani. In particolare erano richiesti 400 giorni per l’approvazione da parte dell’agenzia regolatoria europea (Ema, comprensivi di “clock-stop”) e circa 570 per quella nazionale dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco).

“L’ostacolo ulteriore – spiegavano gli autori del report – è costituito dalla terza fase, che prevede l’inserimento del farmaco nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale. Con molte differenze: in media servono 100 giorni, ma si passa da un massimo di 170 in Calabria a un minimo di 40 in Umbria”. Nel tempo le cose sono solo leggermente migliorate: stando al report del 2017 i pazienti oncologici italiani attendono in media 806 giorni, cioè 2,2 anni, per accedere a un farmaco anti-cancro innovativo. Un termine che può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione. 

“Il report dell’Ocse segnala un problema reale, che noi abbiamo evidenziato anni fa. Ogni giorno di ritardo nell’inizio della terapia può essere decisivo per i malati di tumore, i quali sentono forte l’esigenza di accesso all’innovazione in oncologia in modo sostenibile”, conclude il segretario generale Favo, ad Assisi in rappresentanza dei milioni di malati di cancro. La stessa presenza al G7 è “un riconoscimento storico della disabilità oncologica, considerata finalmente al pari delle altre forme di disabilità psichica, sensoriale e motoria. Il G7 si impegna così a promuovere l’inclusione di tutte le persone con disabilità, senza eccezioni”, chiosa Iannelli.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.