La risposta del Dragone ai dazi dell’Unione europea sulle auto elettriche made in China non si è fatta attendere: il ministero del Commercio cinese ha annunciato che da venerdì 11 ottobre gli importatori di brandy e cognac europei dovranno versare un deposito fino al 39% del prezzo. Una reazione che, assieme alla minaccia sulle vetture di grossa cilindrata, non fa ben sperare, nonostante Pechino affermi di voler continuare a cercare una soluzione negoziata.
I dazi sul brandy
La mossa di Pechino danneggerà in primis i produttori francesi di cognac. L’effetto dei dazi si è subito scaricato sui titoli delle aziende del settore: dal gruppo LVMH, proprietario del cognac Hennessy, martedì in calo del 4%, a Martell Pernod Ricard (-3,735) fino a Rémy Cointreau (-7,81%). Si tratta dunque di una risposta molto mirata: la Francia è infatti tra i principali sostenitori delle misure europee contro le auto cinesi. Solo lo scorso anno, la Cina ha importato quasi 1,8 miliardi di dollari di distillati, di cui la quasi totalità era di origine francese. La misura per il momento è provvisoria e non è detto che non venga ritirata in seguito a un accordo con i rappresentanti europei. La Commissione intanto ha già fatto sapere che si rivolgerà all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) per contestare le tariffe cinesi su brandy e cognac che comunque, a partire da venerdì, si aggireranno intorno al 38-39% del prezzo del prodotto. Il regime mantiene la pressione anche con ulteriori indagini antidumping sui prodotti europei, dalla carne di maiale ad alcuni prodotti lattiero-caseari.
La minaccia sulle auto
La vera minaccia però rimane quella sulle vetture europee di grossa cilindrata. Il ministro del Commercio cinese ha infatti comunicato di stare valutando misure mirate ai veicoli a combustione interna con motori pesanti, che potrebbero colpire in particolare le case automobilistiche tedesche e slovacche. La Germania è il più grande esportatore di big car in Cina, tanto che il Dragone rappresenta circa il 30% delle vendite delle case tedesche. Ma c’è di più. Le aziende di auto cinesi, potrebbero cancellare o ridimensionare gli investimenti programmati nei Paesi dell’Unione. A confronto la vendetta sul brandy si ridimensiona.
La decisione Ue
La decisione dell’Unione che ha riacceso le tensioni commerciali con la Cina risale alla scorsa settimana: con un voto controverso, che ha visto la ferma contrarietà della Germania, l’Europa ha deciso di imporre, dall’inizio di novembre, tariffe fino al 35% (in aggiunta al 10% applicato in precedenza) sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi, seguendo sostanzialmente il modello statunitense. “Abbiamo adottato decisioni appropriate e molto proporzionate – ha dichiarato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni – non c’è motivo di reagire a queste decisioni con rappresaglie”. Anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è intervenuto sulla questione, sottolineando l’importanza del dialogo con Pechino, ma anche la fondatezza delle scelte europee. “La Commissione ha accertato in dieci mesi di indagine, che l’industria cinese è stata sovvenzionata con immense risorse dallo Stato per raggiungere lo sviluppo tecnologico e produttivo e quindi sostanzialmente invadere i nostri mercati”, ha detto il ministro, aggiungendo poi: “Noi agiamo sempre all’interno del diritto internazionale del Wto, non vogliamo una guerra commerciale, ma che si ragioni sul come ripristinare condizioni di parità”.