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Caos treni e infrastrutture, intervista a Ercole Incalza: “Spenderemo solo 100 mld del Pnrr”

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Velasco25 Articolo

Quattordici anni al ministero delle infrastrutture con sette governi diversi. Ercole Incalza, classe 1944, ha attraversato tutta la (turbolenta) storia moderna delle infrastrutture italiane, degli appalti e delle grandi opere che hanno reso la rete ferroviaria italiana quella che è oggi: migliore di un tempo ma ancora piena di colli di bottiglia, evidenziati ancora una volta il 2 ottobre da un chiodo e da una serie di malfunzionamenti.

Il caos di Termini, dice Incalza a Fortune Italia, “prima dell’era di Lorenzo Necci (storico Ad di Fs, ndr) non avrebbe fatto neanche notizia”. Addirittura “negli anni ’80 – prima del cambio di marcia negli anni ’90 – le ferrovie stavano diventando un trasporto residuale sia per le merci che per i passeggeri”.

In questi anni però il tema dei colli di bottiglia naturalmente non è stato risolto. A Roma Termini, sottolinea Incalza, passano centinaia di milioni di passeggeri l’anno. I dati parlano di mille treni al giorno, di cui trecento Alta velocità.

Un sistema altamente complesso che deve rispondere a tre condizioni tipiche”, dice l’ingegnere. Oltre ad affidabilità e disponibilità, serve anche “ridondanza”. Sono “tre categorie alla base di un sistema complesso come quello ferroviario che non ammettono un approccio improntato solo all’ottimizzazione della spesa. Negli anni 80, quando ipotizzammo i valichi, fummo ritenuti dei pazzi. E invece proprio quella è la ridondanza di cui parlo – considerando che su sette varchi quattro sono bloccati – che ha consentito l’osmosi tra Italia ed Europa centrale”, dice l’ex Ad della Tav.

Ercole Incalza in una foto d’archivio – Ansa Foto

Per infrastrutture in grado di evitare i famosi colli di bottiglia, però, serve anche il progresso tecnologico: Incalza dice che “in termini di tecnologia le ferrovie italiane sono all’avanguardia. L’Ertms (European Rail Traffic Management System, ndr) ha rivoluzionato il sistema ferroviario e ha consentito un numero di treni maggiore sulla rete, ma questa innovazione è stata portata avanti anche grazie al management delle ferrovie”.

Incalza loda l’iniziativa di portare la tecnologia su tutta la rete, perché sarà anche una rivoluzione “commerciale”, e davanti alle critiche verso le ferrovie (come l’utilizzo delle stazioni di Roma Tiburtina e di Afragola a Napoli) ricorda che negli ultimi anni qualche successo c’è stato, nonostante il numero di addetti delle ferrovie sia sceso parecchio.

Perché le ferrovie si bloccano e le soluzioni: non c’è solo la privatizzazione

L’Ermts, intanto, non sarà installata in tutta Italia prima del 2031. “È vero”, dice Incalza, ricordando però che nella rivoluzione tecnologica dell’alta densità sui binari gli italiani sono stati i primi a mettere a punto una soluzione concreta, con Ansaldo e Italferr. Una tecnologia venduta anche all’estero che “oltre alla sicurezza, oltre all’interoperabilità, garantisce soprattutto l’ottimizzazione di una tratta”, di un segmento dove i treni possono essere distanti solo 6-7 minuti l’uno dall’altro. “Così aumenta la capacità e si ottimizza al massimo la domanda. È vero, bisognerà aspettare il 2031, ma intanto si coprono già mille km, poi altre mille, e così via”.

Contro le ghettizzazioni

Altra discussione c’è stata sul trasporto misto: nelle stazioni italiane, come a Termini, alta velocità e regionali viaggiano insieme. L’ingegnere è prudente sulla soluzione di spostare i regionali in altre stazioni, come ad esempio Tiburtina a Roma. “Il pendolarismo è un’altra ricchezza che le ferrovie approfondiranno. I terminali dedicati, tipo Tiburtina, personalmente li ritengo anomali; forse questa frantumazione dei terminali potrebbe indirettamente poi produrre delle ghettizzazioni. Ma lei si ricorda come erano le stazioni una volta? La qualità dei servizi a Roma e Milano adesso è incomparabile. Io sono sempre dell’avviso che l’entropia è un segnale di interesse e di convenienza imprenditoriale”.

Sulla possibile privatizzazione di Fs, Incalza dice che “è bene affrontare il tema di possibili privatizzazioni” ma facendo delle distinzioni. “Evitiamo di dire che ‘privatizziamo il gruppo FS’. Ricordiamoci che possiamo offrire sul mercato dei ‘grappoli’, ma non certo il corpo dominante che ha la funzione di realizzare, di programmare con il contratto di programma, di manutenere, di filtrare gli accessi sulla rete e di condizionarne la qualità”.

Nella sua carriera Incalza ha attraversato anche tanti processi, “con 17 assoluzioni e 14 prescrizioni; non perché io abbia chiesto la prescrizione, ma perché il processo non è cominciato”, dice. Anche se l’ingegnere difende il lavoro italiano sulle infrastrutture, a partire dal record dei 98 km di galleria di Firenze-Bologna, non è particolarmente ottimista sul futuro.

Lavorare ora sulle infrastrutture, anche grazie al Pnrr, è diventato più facile? Secondo l’ingegnere non abbastanza. “Io ho apprezzato molto il Pnrr, ma ho più volte ricordato che al massimo ne spenderemo 100, di quei miliardi.

Questo è purtroppo il limite storico della nostra capacità di spesa attuale. Faccio una comparazione: dal 2001 al 2014 abbiamo investito 234 mld. Dal 2015 al 2022 ne abbiamo investiti 26. Colpa di governi che hanno preferito non fare trasferimenti in conto capitale perché avevano altre spese: gli 80 euro di Renzi, quota 100, il reddito di cittadinanza. È stato il periodo peggiore. Quando dico che arriveremo a 100 mld, lo considero comunque un grande risultato. Il ministro Raffele Fitto è stato bravo a spalmare parte del Pnrr con il Cef, ad aprire il confronto con le regioni e con l’Ue”.  Ma dalla previsione di una spesa massima da 100 mld, su più di 200 disponibili, l’ingegnere non ha dubbi: “Mi farebbe piacere essere sconfessato, ma purtroppo non ho questa speranza”.

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