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Stellantis, i concessionari contro Carlos Tavares e il nodo auto elettriche

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Velasco25 Articolo

Alla prima call con gli analisti nella storia del Gruppo Stellantis, nel 2021, Carlos Tavares aveva le idee chiare: l’azienda frutto della fusione tra Psa e Fca non sarebbe stata un’azienda tradizionale. Sarebbe stata un’azienda di innovatori, di ‘disruptor’, pronta a buttarsi e a investire in un mercato, quello delle auto elettriche, in quel momento tutto da inventare.

Nel 2024, però, quel mercato cresce ma non è ancora decollato quanto si sperava. E sono gli stessi concessionari del Gruppo a protestare contro quella decisione. Dicendo che è difficilissimo vendere le auto elettriche, fondamentali per gli obiettivi europei che si ripercuotono a cascata sull’economia dei produttori auto e di Stellantis, che ultimamente ha annunciato le sue difficoltà legate alle vendite.

Il periodo nero di Stellantis

Mentre nelle scorse settimane sono state più volte riportate le voci su un possibile addio di Stellantis a Tavares – il contratto scade nel 2026 – il manager deve guardarsi anche dalla sua rete di vendita.

Non ci sono solo i numeri a testimoniare il momento di difficoltà del colosso nato da Peugeot e Fca, ma anche le voci di chi è a contatto con i clienti. I concessionari hanno infatti scritto alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, dicendo che i clienti “rifiutano” i Bev, i veicoli elettrici a batteria che hanno subito un crollo delle vendite del 43% a settembre.

Per i clienti dei concessionari l’autonomia e il prezzo di questi veicoli sarebbero ancora preoccupazioni insormontabili. I concessionari si ritrovano quindi in “una posizione contraria a quella del produttore che rappresentiamo, che rimane ottimista circa il rispetto di queste severe normative Ue”.

Le normative a cui fanno riferimento i concessionari sono quelle sulle emissioni, che l’Acea guidata dall’italiano Luca De Meo (Ad di Renault e, secondo le voci, possibile erede di Tavares) chiede di rinviare dall’anno prossimo al 2027.

Tavares pensa che un rinvio non sia necessario, ma per rientrare nel livello medio di emissioni CO2 da 94 gr/km le vendite di auto elettriche dovranno aumentare.

I dati delle vendite: in Europa l’elettrico cresce

Secondo lo Smart Mobility Report 2024 dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 in Italia andrebbero immatricolate 800mila auto elettriche l’anno. Considerato che nel 2023 le immatricolazioni sono scese del 12%, l’obiettivo sembra difficile da raggiungere, mentre in Europa la quota di elettriche sulle immatricolazioni è calata nella prima metà del 2024 al 21% dal 24% di un anno prima; le cifre sono in crescita, però, se si considera il parco circolante.

Intanto per l’Unione sarà fondamentale la decisione sui dazi alle auto elettriche cinesi, sulla quale i Paesi membri sono su posizioni molto diverse: sarà quindi decisivo il ruolo della Commissione stessa.

Solo a giugno il dato italiano è stato positivo: nel mese dell’Ecobonus, che ha portato a raddoppiare il dato sulle immatricolazioni rispetto al giugno 2023.

Il nodo dei punti di ricarica

Il paradosso è che la preoccupazione sull’autonomia delle auto elettriche dovrebbe essere meno accentuata, guardando i dati: l’infrastruttura di ricarica italiana è cresciuta fino a 500.000 unità, se si considera l’infrastruttura privata. Rimane il fatto che siano solo alcune regioni ad attrezzarsi. Secondo Trasport & Environment il 60% dei punti si concentra in 5 regioni, il 35% del territorio italiano, dove risiedono meno della metà della popolazione italiana (e quindi delle sue macchine). Difficile programmare un viaggio in giro per l’Italia, se si ha un’auto elettrica.

Negli scorsi mesi Tavares ha incolpato la sua “arroganza” per gli errori commessi sui livelli di inventario negli Stati Uniti, altra nota dolente per il Gruppo. Ma forse servirà proprio un po’ di arroganza per portare avanti i progetti elettrici del 2021, davanti ai dubbi di produttori e concessionari.

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