L’inverno demografico incombe, ma non è un problema solo italiano. Quasi tutta l’Unione Europea, inclusa la Francia, sta fronteggiando un significativo deficit demografico. Lo conferma Eurostat: nel 2022 il tasso di natalità era pari a 1,16 in Spagna, 1,24 in Italia e 1,29 in Polonia. Se la Francia, con 1,79 figli per donna, si piazza comunque al di sopra della media europea di 1,46, non è immune al declino generale: si stima che il tasso di fertilità nel Paese sia sceso a 1,68 nel 2023 secondo l’Insee. Mentre l’infertilità colpisce 25 milioni di persone in Europa, nemmeno i ‘cugini’ d’Oltralpe riescono a raggiungere il livello di sostituzione della popolazione, fissato a 2,1 figli per donna.
Una crisi della natalità che va a braccetto con quella della fertilità, dunque, e sembra chiamare in causa numerosi fattori nel Vecchio continente, costretto a guardare al futuro con preoccupazione. In questo quadro cinquanta esperti europei si sono riuniti a Parigi il 3 e 4 ottobre, in un evento organizzato sotto l’egida del professor Samir Hamamah, presidente della Federazione francese per gli studi sulla riproduzione (FFER), con il supporto della tedesca Merck.
Cosa ci dice la ‘crisi’ del modello francese
Medici, ricercatori, associazioni di pazienti e decisori politici si sono riuniti all’ombra della Torre Eifell per analizzare le sfide associate al calo della fertilità e alla crisi del tasso di natalità in Europa. Ma anche per analizzare le strategie più efficaci in grado di camibiare le cose.
“È prioritario riuscire a invertire il trend – sottolinea Nicola Colacurci, past-president della Società italiana di ginecologia e ostetricia – Ma il tema è complesso: in Francia ad esempio il welfare è attento a incoraggiare la genitorialità, però se i figli si fanno sempre più tardi saranno sempre meno. Il fatto è che anche fra le giovani generazioni il modello di gratificazione prevalente sul lavoro è di tipo maschile, non è previsto che una donna abbia le mestruazioni o allatti. Se la maternità tornerà ad essere gratificante, invece, le cose cambieranno”, sottolinea l’esperto. Un tema, quello delle gratificazioni sul lavoro per le madri, che viene analizzato anche dai colleghi riuniti a Parigi.
Uscire dalla denatalità insieme
L’idea che circola tra i promotori dell’incontro è che la crisi della fertilità in Europa richieda una mobilitazione collettiva, potremmo dire uno sforzo continentale. Le risposte fornite finora infatti, spesso limitate a un aspetto del problema e non sincronizzate, non sono riuscite a fermare il calo della natalità.
Cosa fare, allora? Gli esperti riuniti a Parigi lavoreranno alla formulazione di raccomandazioni concrete e applicabili nella maggior parte degli Stati membri dell’Ue, concentrandosi su tre questioni chiave: sensibilizzazione, accesso alle cure e rafforzamento delle politiche pubbliche.
Una specie di inganno
A confondere le idee, in particolare quelle delle donne, “è una specie di inganno. I successi delle tecniche di fecondazione assistita hanno fatto pensare che la scienza potesse risolvere tutto“, evidenzia Paola Anserini, presidente Società italiana di fertilità e sterilità (Sifes-MR). Che invita a guardare i numeri: “I dati nazionali ci dicono che nel 2005 l’età media delle donne che si sottoponevano a cicli di fecondazione assistita era di 35 anni, con il 20,7% di over 40. Nel 2021 è salita a 36,8 anni e le over 40 sono il 34,4%“. Insomma, si cerca l’aiuto della scienza sempre più tardi. “Questo aumenta le difficoltà a concepire e riduce il numero di bambini che nascono”. Che poi, in Italia, sono circa il 4,25% dei nati ogni anno.
Crioconservazione degli ovociti
Anche sulla crioconservazione degli ovociti, uno “strumento importante a nostra disposizione, occorre fare chiarezza: non è efficace al 100% e la sua reale efficacia è collegata all’età del prelievo e al numero di ovociti raccolti”. Per Anserini, inoltre, questa è una scelta che andrebbe fatta “prima dei 34 anni”, ma che potrebbe diventare preziosa anche per contrastare un altro problema. “Stanno aumentando in Italia i cicli di ovodonazione, ma gli ovuli arrivano da banche private all’estero: in futuro ci saranno problemi di carenza“, prevede l’esperta. Sostenendo a livello pubblico la crioconservazione non solo per motivazioni mediche ma anche sociali, si potrebbe favorire al contempo la donazione altruistica di ovuli.
La specialista invita a parlare chiaro alle donne: “La Pma è uno strumento per trattare delle patologie, non l’invecchiamento: non bisogna rinviare troppo la scelta di un figlio. Se qualcosa non va, è bene rivolgersi subito a specialisti della fertilità, senza vedere la Pma come l’ultima spiaggia”. Quanto alla situazione italiana, “i centri pubblici vanno messi in grado di competere con quelli privati: oggi fatichiamo davvero a trovare specialisti”.
La buona notizia è che “la problematica è stata presa in carico in Italia dalle istituzioni – nota Colacurci – che era quello che noi come Società scientifica volevamo”. Ma di certo occorre trovare delle soluzioni in grado di mettere fine all’inverno demografico.
Tra falsi miti e veri nemici
Dal momento che molti cittadini europei non conoscono le cause dell’infertilità, sensibilizzare l’opinione pubblica è una cruciale. Streotipi e idee sbagliate, in particolare tra le giovani generazioni, rischiano di intaccare il progetto di un figlio. Anche la stessa concezione della scienza come soluzione sempre e comunque efficace, come abbiamo visto, può portare a sottostimare elementi come il calo di fertilità legato all’avanzare dell’età.
Ma il declino della fertilità in Europa è causato da numerosi fattori, dall’esposizione a interferenti endocrini, all’inquinamento, a stili di vita errati, fino all’equilibrio (che a volte appare impossibile) tra lavoro e vita privata e alla mancanza di prevenzione e di servizi pubblici di assistenza all’infanzia.
Migliorare la diagnosi di infertilità
Un altro aspetto su cui concentrarsi è il miglioramento del percorso del paziente che affronta l’infertilità. Non solo in Italia, ma anche in Europa l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita non è uniforme. E questo non aiuta.
Un Manifesto per lanciare il guanto di sfida
Al di là del numero di culle che ogni anno restano vuote, la domanda è una: i Paesi europei vogliono davvero intervenire per contrastare l’inverno demografico? In questa due giorni gli esperti elaboreranno un Manifesto, che sarà illustrato ai politici e ai legislatori francesi ed europei, per sensibilizzarli sulle sfide poste dalla crisi della natalità. Ma anche per cercare di fornire percorsi di azione comuni per affrontare questo problema che minaccia il futuro dell’intero continente.