Per secoli l’Italia è stata culla d’arte e cultura, come dimostrano i tanti capolavori disseminati nelle nostre città e nei piccoli borghi. Un primato che forse si è un po’ appannato negli anni, ma che ci viene riconosciuto dal mondo, come testimoniano i tanti turisti che scelgono ogni anno la nostra Penisola.
Ebbene, l’economia circolare è uno strumento prezioso per rigenerare il ricco, ma talvolta dimenticato, patrimonio culturale italiano, dando non solo nuova luce ai suoi ‘gioielli’ più celebri, ma rendendo anche quelli meno noti in grado di generare nuovo valore, promuovendo allo stesso tempo l’economia, la sostenibilità ambientale e la qualità della vita delle persone sul territorio.
Se ne è parlato a Roma, all’evento ‘L’economia circolare per la rigenerazione del patrimonio culturale. Riuso adattivo e governance collaborativa. Soluzioni per la sostenibilità e sviluppo sociale’, promosso da Fonditalia e Fortune Italia e ospitato dall’Associazione Civita. “Considerando che il patrimonio culturale italiano non è solo concentrato nei grandi agglomerati urbani, ma ha la caratteristica di una grande diffusione – ha sottolineato Egidio Sangue, direttore di Fonditalia – il coinvolgimento dei territori nella fruizione del loro stesso patrimonio potrebbe innescare meccanismi virtuosi di economia circolare e locale, che consentano non solo la rinascita ma anche la ripopolazione delle aree periferiche, oggi a rischio abbandono”.
Le risorse? Ci sono
Spesso si sente parlare di ‘coperta corta’, ma stavolta non è questo il caso. “Non dobbiamo dimenticare che il patromonio culturale è un bene collettivo e che il periodo è propizio – ha detto Roberta Angelilli, assessore allo Sviluppo Economico, Commercio, Artigianato, Industria e Internazionalizzazione e vicepresidente della Regione Lazio – Il fatto è che ci sono molte risorse – quelle nazionali, quelle del Pnrr e i fondi europei, messi a disposizione delle Regioni – senza le quali i progetti non decollano. Ma serve anche un importante investimento sulle nuove competenze: ne hanno bisogno il settore pubblico e le imprese private. Come Regione Lazio abbiamo più di 220 mln di euro per l’economia circolare e l’efficientamente energetico”.

Per Angelilli “la valorizzazione del patrimonio culturale e dell’ambiente sono obiettivi importantissimi, ma questo significa anche dare lavoro a molte persone. Ecco allora che innovazione e digitalizzazione sono parole fondamentali, che possono renderci davvero competitivi”.
Lavori in corso
La rigenerazione urbana e la sua pianificazione attraverso il Pnrr “servirà a integrare la visione pubblica sulla riscoperta degli spazi urbani con l’intervento sussidiario dei privati, per convergere su alcuni obiettivi principali. Alla Camera – ha ricordato Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati – abbiamo presentato due leggi, una che prevede che il 2% derivato dalla Legge Bottai possa essere trasferito al Mic; l’altra, ‘Italia in scena’, che va in contro alla visione della community care: il ministero fa una piattaforma in cui si iscrivono i beni concedibili pubblici e privati, quindi i concessionari iscritti, vigilati dal Mic, possono proporsi per la riqualificazione e la valorizzazione di questi beni. Una rivoluzione che si ispira all’articolo 118 della Costituzione”.
Progetti concreti
Nel corso dell’incontro sono stati illustrati diversi progetti concreti che promuovono la sostenibilità economica, ambientale e sociale nel recupero di beni culturali, spesso trascurati o sottoutilizzati. Obiettivo, stimolare il dialogo tra istituzioni pubbliche, enti privati e comunità locali, delineando strategie per collaborare efficacemente e rendere possibile la transizione verso modelli di sviluppo che vadano nella direzione della circolarità e della sostenibilità.

Lo scenario
“Per il nostro studio abbiamo analizzato 13mila articoli scientifici sull’economia circolare dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale – ha raccontato Michela Toussan, dottoranda in Ingegneria gestionale alla Sapienza di Roma – selezionando i 38 più attinenti. In questo modo abbiamo visto che, per essere davvero efficace, un progetto deve avere non solo una componente economica e ambientale, ma anche una sociale: insomma, occorre che ci sia partecipazione da parte delle persone nella progettazione e nella fase di gestione”. A fare la differenza è il coinvolgimento della popolazione locale, assicura Toussan.

Riuso, riparazione e riciclo delle risorse
L’economia circolare, hanno spiegato gli esperti, è un modello che promuove il riuso, la riparazione e il riciclo delle risorse esistenti, riducendo al minimo gli sprechi e l’impatto ambientale. Nel caso della rigenerazione urbana, questo approccio si applica anche attraverso il riuso adattivo degli edifici storici o in disuso, trasformandoli e rendendoli nuovamente utilizzabili, senza comprometterne il valore culturale e identitario.
Certo le istituzioni pubbliche, soprattutto le Regioni, svolgono un ruolo chiave nel promuovere e finanziare progetti di rigenerazione del patrimonio. Le Regioni sono responsabili della gestione di importanti fondi strutturali europei, come il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e il FSE (Fondo Sociale Europeo), utilizzati per sostenere progetti di sviluppo sostenibile in linea con i principi dell’economia circolare, ha ricordato Simonetta Giordani, segretario generale Associazione Civita.
Nel corso del convegno il presidente dell’ente Stati Generali del Patrimonio Italiano Ivan Drogo Inglese ha annunciato l’imminente introduzione della certificazione di valorizzazione. Un sistema di gestione che certificherà anche tutti i processi relativi all’economia circolare e alla rigenerazione del patrimonio culturale. “Attualmente – ha precisato Drogo Inglese – l’unica certificazione presente nel settore è il vincolo ministeriale, che però attesta la cristallizzazione delle attività e dei beni, un criterio dunque legato più alla conservazione, alla salvaguardia e alla tutela che non alla sostenibilità e alla valorizzazione”.
Cultura al passo coi tempi
“Per troppo tempo si è pensato che il valore di un bene culturale fosse quello intrinseco, mentre la capacità di generare valore è nella garanzia di restituire un uso contemporaneo alle comunità che li ospitano – ha detto Franco Milella, membro del Cda di Fondazione Fitzcarraldo – altrimenti non si riesce a garantire ricadute sociali in termini di benessere sulle persone e sulle comunità”.
“La conservazione dei beni culturali spesso viene vista come limitata all’aspetto materico, mentre per noi è fondamentale anche la ri-creazione di valore, strettamente legata ai cambiamenti della società – riflette Kristian Schneider, presidente Ari (Associazione Restauratori d’Italia) – dunque l’economia circolare è davvero connaturata alla nostra professione”.
Cruciale, si è detto da più parti, è la capacità di dar vita a partenariati pubblico-privati: questo approccio garantisce una gestione integrata dei progetti di rigenerazione, promuovendo una crescita economica e sociale che sia anche inclusiva e sostenibile. E che abbia una sostenibilità nel tempo.