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Meno smartphone più produttività sul lavoro, la ricetta

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Ricordate i vecchi film sui travet degli anni ’60? Una delle classiche prese in giro delle commedie all’italiana era legato al rapporto con il telefono. A volte c’era il/la centralinista zelante, come lo storico Mario Pio di Alberto Sordi. In altri casi creava momenti d’ilarità l’inspiegabile l’attesa, con chi stava in ufficio che rimaneva per ore al telefono e il cliente in sosta davanti alla porta. Oggi l’epoca dei fili è praticamente finita.

Ma il rapporto con quello che attualmente è rappresentato dallo smartphone, capace di offrirci non solo la voce ma anche il viso delle persone oltre ad intrattenerci in rete, può diventare comunque una chiave di approccio per il benessere lavorativo e più in generale per la fitness psicofisica di chi fa parte dell’organizzazione. Magari favorendo un uso più consapevole del device. Sia chiaro. Non si propone nessuna proibizione. Ma forse, agendo al di fuori delle ore lavorative anche su questo parametro, si potrebbe influire positivamente sulla motivazione e sulla soddisfazione dei dipendenti. Con un semplice intervento a costo zero. Da proporre nelle ore in cui non si è al computer o comunque non si è operativi professionalmente.

Una pazzia, si dirà! Eppure pare proprio che semplicemente “staccarsi un pochino di più dallo sguardo sullo smartphone, magari aggiungendo (ma non è obbligatorio) un incremento dell’attività fisica, potrebbe migliorare la percezione di benessere dei collaboratori. Ed agire anche, almeno per alcuni, sulla produttività. A proporre questa soluzione, semplice e a basso costo per l’azienda, è un’originale ricerca apparsa su Acta Psychologica.

Gli studiosi dell’Università della Ruhr di Bochum, coordinati da Julia Brailovskaia, si sono messi di buzzo buono con un’indagine mirata a comprendere quanto e come la rinuncia temporanea allo smartphone potesse influire sul benessere lavorativo e sulla produttività aziendale. Con risultati che fanno riflettere.

Lo studio, descritto in una nota della stessa Università, segue i rigidi criteri della ricerca. I partecipanti, di diversi settori professionali, sono stati divisi in quattro gruppi. Nel primo si è appunto proposta l’astinenza dall’uso privato dello smartphone per un’ora al giorno per una settimana. Nel secondo c’è stato un incremento dell’attività fisica per 30 minuti. Nel terzo si sono associati i due interventi e nel quarto, di controllo, si è lasciato che la persona seguisse le sue abitudini. attraverso questionari online.

Prima dell’intervento, al termine della settimana di test e una quindicina di giorni dopo la fine della sperimentazione sono state richieste informazioni sulla salute psicofisica e sul benessere, anche al lavoro. Risultato? Chi ha rinunciato allo smartphone per un tempo così limitato, così come chi ha associato allo stop temporaneo al dispositivo la mezz’ora di movimento, ha mostrato un miglioramento sul fronte dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, con impatto positivo per il benessere psicologico. Ma non basta. Anche la motivazione lavorativa, oltre alla soddisfazione per ciò che ci porta avanti professionalmente, è apparsa cresciuta. Il tutto, con un calo della sensazione di sovraccarico e della percezione di umore cupo.

La morale dell’indagine viene dalle parole della stessa studiosa, riportate in una nota per la stampa dell’ateneo. “Una riduzione consapevole e controllata del tempo trascorso davanti allo schermo non correlato al lavoro, in combinazione con una maggiore attività fisica, potrebbe migliorare la soddisfazione lavorativa e la salute mentale dei dipendenti”,  è il suo commento. La proposta è di integrare questi interventi sullo stile di vita nei percorsi di formazione o anche proporli come opportunità autonome. Per un miglioramento del benessere e delle performance, praticamente a costo zero.

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Paideia

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