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L’impegno per la salute delle donne attrae talenti: parla il Ceo di Organon

Impegnarsi per migliorare la salute femminile. È l’obiettivo di un’azienda del pharma dedicata in modo olistico a dare risposte ai bisogni delle donne. A colloquio con il Ceo di Organon Kevin Ali, che si propone come partner dell’Italia alle prese con la sfida della natalità.

Dopo tre anni, possiamo parlare di una scommessa vinta: Organon azienda ‘rosa’ nata nel 2021 dallo spin-off di Merck & Co (MSD in Italia) è presente in 140 Paesi, con 6 siti produttivi, 9.500 dipendenti e 6,3 miliardi di dollari di fatturato. Ma non dimentica le sue radici e l’obiettivo, ambizioso, con cui è nata: assicurare “un lascito per il futuro delle donne”. Parola di Kevin Ali, Ceo e componente del Board di Organon che, a margine di una recente visita nel nostro Paese, stila con Fortune Italia il bilancio dei primi tre anni della compagnia della quale è stato “il primo dipendente”, e analizza la sfida della natalità, alla luce di quella che definisce “resilienza demografica”. 

Organon è la prima multinazionale che ha fatto una scelta di genere a favore della salute della donna, perché e che risultati state avendo? 

Il motivo per cui abbiamo deciso di fondare Organon, con l’uscita da Merck & Co (MSD in Italia) tre anni fa, è stato proprio quello di concentrarci su un settore che non era stato sufficientemente presidiato dalle aziende del pharma. In particolare, tre motivi hanno guidato la nostra scelta. Il primo è il basso investimento in ricerca e sviluppo: solo il 4-5% delle somme spese in R&D a livello statunitense e globale è dedicato alla salute femminile. Questo ci dava l’opportunità di essere una delle poche compagnie dedicate. Punto secondo: diverse patologie che riguardano le donne sono sottotrattate e necessitano di innovazione. Il terzo motivo è che nel mondo stavano nascendo diversi progetti dedicati all’uguaglianza di genere e al sociale. E, ovviamente, questo significa anche interessarsi della salute femminile, che riguarda il 50% della nostra società.

Oggi il portafoglio di Organon è articolato, può parlarci delle aree del vostro business e di come si inseriscono all’interno della vostra strategia?

Siamo una multinazionale da 6,5-7 miliardi di dollari, con tre distinte aree di business. Una è quella che definiamo dei marchi consolidati, poi ci sono i biosimilari, farmaci disponibili a un costo accessibile, infine il terzo settore è quello propriamente dedicato alla salute femminile. Tre anni fa ci siamo concentrati su contraccezione, fertilità, nonché sullo sviluppo di dispositivi medici specifici per il parto e le patologie femminili. Per un futuro di successo, dobbiamo disporre di risorse da investire nella ricerca e sviluppo per la salute delle donne. Ma la chiave della nostra affermazione risiede proprio nello spaziare fra queste tre aree di attività, perché altrimenti non saremmo diventati una società globale e non avremmo potuto investire in innovazione, come invece stiamo facendo. Creando un’eredità per le donne e per la nostra azienda. 

Ogni dollaro speso nella salute femminile ne genera 20 in benefici economici. Quali sono gli sviluppi futuri del portafoglio di Organon? 

In questo settore l’unico cammino possibile è in avanti: gli sviluppi sono principalmente legati alla bio farmaceutica. Il futuro per la nostra azienda passa per l’innovazione e la ricerca, che costituiscono la nostra linfa vitale. I mezzi per poter agire in ambito bio farmaceutico sono sia inorganici che organici. Abbiamo infatti una pipeline di ricerca e sviluppo mirata a individuare nuovi principi attivi e soluzioni per trattare, ad esempio, patologie come l’endometriosi. Ma vogliamo anche espanderci: abbiamo appena stretto un accordo con Lilly per i diritti di distribuzione e promozione in Europa di due farmaci contro l’emicrania.

Molte persone magari non lo sanno, ma a soffrirne sono per 2/3 le donne. Se concepiamo un prodotto innovativo per trattare l’emicrania nelle donne, questo non vuol dire che la terapia non possa essere impiegata anche per l’altro genere. In pratica, cerchiamo di avere un approccio olistico. 

Restando in tema, può parlarci della filosofia che guida l’impegno della vostra azienda?

È una buona domanda (sorride, ndr). Abbiamo un’esperienza di soli tre anni, ma proveniamo da una grande e ben nota società farmaceutica. Il nostro obiettivo fin dall’inizio è stato quello di trovare una filosofia, una vision, per motivare al massimo i nostri talenti, che anno dopo anno si devono sentire parte della strategia. La chiave è quella di fare qualcosa per la salute di ogni singola donna. In secondo luogo, dobbiamo sviluppare una cultura orientata alla risoluzione dei problemi delle nostre pazienti. Quando nasce una nuova azienda, tutti i dipendenti si sentono un po’ come se ne fossero la madre o il padre: vogliono assicurarne il successo. Dunque avere un’idea chiara di quello che vogliamo fare è la forza che ci consente di attrarre talenti. Faccio un esempio: nel 2023 avevamo 9.500 dipendenti. Da allora più di 1.000.000 di persone in tutto il mondo hanno cercato opportunità di lavoro presso Organon. Questo ci dice molto: quello che stiamo facendo suscita l’interesse delle persone, che vogliono entrare a far parte della nostra squadra. 

Passiamo a un tema importante oggi per le imprese: quali sono gli obiettivi della vostra strategia ESG e che risultati avete ottenuto?

Da quando siamo nati agiamo su questi tre fronti, lettera per lettera – ovvero ambiente, sociale e governance – in modo innovativo. Nel primo caso, nei nostri sei centri produttivi ci impegniamo per assicurare il minimo impatto sull’ambiente. Per quanto attiene al sociale, voglio citare il tema delle gravidanze indesiderate: abbiamo avviato una collaborazione con la Fondazione Bill e Melinda Gates per intervenire sul fenomeno a livello globale. Lo ripeto: il nostro obiettivo è supportare le donne in modo olistico. Per quanto riguarda la governance, i numeri parlano da soli: il 50% della nostra forza lavoro è femminile e nel nostro Cda le donne sono il 70%. 

L’Italia è una locomotiva del pharma a livello europeo, può dirci cosa rappresenta il nostro Paese per Organon?

È uno dei Paesi più importanti d’Europa. Nella nostra filiale italiana lavorano circa 200 persone impegnate nelle nostre tre aree principali di attività. E si tratta di talenti molto creativi e intraprendenti, dei quali sono molto orgoglioso. Per quanto riguarda il governo italiano, sappiamo che ha posto un particolare accento sulla questione della fertilità, a causa del calo della natalità. Un tema su cui abbiamo una certa esperienza: dunque ci proponiamo come partner, certi di poter portare valore aggiunto. 

Lei ha parlato in passato di ‘resilienza demografica’, di che si tratta?

È un termine chiave. Di fronte al calo della natalità, l’obiettivo del governo è quello di incoraggiare, di stimolare la fertilità. Abbiamo intrapreso un certo numero di iniziative con varie organizzazioni internazionali per favorire la diffusione di buone pratiche per risolvere i problemi di natalità. Il tema è importante: nel caso dell’Italia attualmente il tasso di natalità è di 1,2 figli per donna, ma dovremmo arrivare almeno a 2,1 per garantire il ricambio, un obiettivo non facile. La Corea del Sud si trova in una situazione addirittura peggiore, con 0,8 figli per donna. Quindi il problema della resilienza demografica è tangibile. Anche in Italia è suonato questo campanello d’allarme, e il Governo ha mostrato di averlo sentito. Certo, è un problema che non può risolversi dall’oggi al domani: richiede impegno in termini di tempo, ma anche e soprattutto di energia e investimenti. È fondamentale però iniziare ad affrontare il problema: fra 20-30 anni i futuri governi ringrazieranno questo Esecutivo per averlo fatto.

Una curiosità: quali erano i suoi sogni da ragazzo o, come diciamo noi in Italia, cosa avrebbe voluto fare da grande?

Beh, quando ero bambino non avrei pensato di diventare amministratore delegato di una multinazionale. Mia mamma è una irlandese americana, mio padre viene dall’Iraq. Insomma, una combinazione peculiare: abbiamo sempre vissuto in un ambiente internazionale, con la possibilità di parlare svariate lingue. Io stesso, poi, ho una moglie egiziana: siamo una famiglia ‘global’. Così, per tornare ai miei sogni di ragazzo, posso dire che volevo vivere una vita internazionale, globale. E dunque sono stato molto fortunato. 

Che consiglio si sente di dare a un giovane che sta progettando il proprio futuro? 

Parlo spesso con mio figlio ventenne, un giovane brillante che sta frequentando un master in Economia alla Columbia University. Quando parliamo di carriera, ricordo quello che mi diceva mio padre: bisogna sempre avere uno scopo nella vita. È questa la chiave. Il problema di alcuni giovani, oggi, è che spesso cercano lavoro avendo in mente solo il guadagno. Ecco, non hanno stimoli, perché non hanno uno scopo. Da parte mia ho fatto ciò che mi affascinava: è proprio questo che mi ha sempre guidato. E i risultati sono arrivati (sorride ancora, ndr).

Per concludere, cosa la tiene sveglio la notte e cosa, invece, la ispira?

Quando si ha una nuova società da costituire, si sentono addosso molte responsabilità. Io sono stato il dipendente numero uno di Organon e devo dire che ad animarmi oggi è proprio la responsabilità nei confronti dei dipendenti e degli investitori, per assicurare il futuro di questa società. Per tornare a ciò che mi tiene sveglio la notte, direi le grandi decisioni: cosa comprare, cosa vendere, dove investire. Ma ciò di cui sono davvero orgoglioso è aver contribuito alla creazione di un’azienda leader nella salute femminile. Un’impresa che ha una visione molto chiara e punta a creare un mondo migliore per le donne. Questo è motivo di orgoglio per me e per tutti i dipendenti. Un lascito importante per il futuro.  

Organon in Italia

Unica azienda a livello globale interamente dedicata alla salute della donna, la filiale italiana di Organon è a Roma. Guidata dal Managing Director Alper Alptekin, Organon Italia è forte di circa 200 dipendenti, per il 50% donne (il 32% occupa posizioni manageriali). Non solo: nel nostro Paese il 65% dei componenti del Leadership Team (e il 60% dei membri del Cda) è al femminile.

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