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Esplosioni in Libano, Margelletti (Centro studi internazionali): “Attacco preventivo contro Hezbollah”

Prima le esplosioni di migliaia di cercapersone in Libano e in Siria, quindi quelle dei walkie-talkie usati dagli esponenti di Hezbollah, che adesso giura vendetta – “sarà sanguinosa” – contro i servizi segreti israeliani. Il bilancio è di 20 vittime e 450 feriti, che si sommano ai 12 morti e ai circa 2.800 feriti del primo attacco. Un’operazione che avviene a quasi un anno dall’attentato di Hamas del 7 ottobre, che aveva drammaticamente incrinato la fiducia degli israeliani nei servizi segreti. Per Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali, si è trattato di “un colpo straordinario, il più grande strike preventivo nella storia militare”.

Qual è la logica militare di questa operazione? 

Qui c’è una logica politica, prima ancora che militare. È altamente probabile che i militari, di fronte a delle pressioni per invadere il Libano, in particolare da parte del ministro della Difesa, che ha qualche criticità con Netanyahu – possano aver detto: vi facciamo vedere che siamo in grado di mettere in ginocchio Hezbollah senza sparare un colpo. 

Ripristina la credibilità del Mossad minata dagli attentati del 7 ottobre 2023?

Il Mossad non è stato nemmeno sfiorato dal 7 ottobre, perché non ha la competenza sull’interno. Le responsabilità per il fallimento di un anno fa sono da imputare a due servizi, quello militare e quello interno, lo Shin Bet. Tutto ciò che avviene all’estero è invece di pertinenza del Mossad e del servizio militare. È stato un colpo straordinario, il più grande strike preventivo nella storia militare. 

Crede che questo attacco inauguri una nuova fase del conflitto, spostandone il baricentro verso la frontiera col Libano, come ha preconizzato il ministro della Difesa israeliano Gallant?

Con questo attacco Israele mette Hezbollah in condizioni di grande difficoltà. E dimostra a tutti i suoi nemici di essere una tale superpotenza militare e tecnologica, che pensare di colpirla vuol dire andare verso la disintegrazione della propria struttura. Israele dimostra ancora una volta che è in grado di colpire quando, dove e come vuole con capacità che sono sconosciute finanche ai Paesi occidentali, figuriamoci a milizie o Paesi come l’Iran da decenni sotto embargo. 

Come si spiega allora l’impreparazione davanti all’invasione di Hamas di un anno fa?

Sciatteria informativa: a volte sei talmente sicuro di essere più forte di tutti, che pensi non ti accadrà nulla. Il risultato è che di fatto Gaza non esiste praticamente più. 

Che risposta dovremo aspettarci da Hezbollah?

Ma quale risposta vuole che diano? Si rendono conto che qualsiasi conflitto contro Israele porterebbe alla loro disintegrazione.  

Si può parlare di operazione mirata nonostante le vittime civili? 

Assolutamente sì, hanno colpito esattamente quelli che volevano colpire. 

Gaza è distrutta, gli ostaggi sono in gran parte ancora nelle mani di Hamas, il dissenso interno è cresciuto così come il discredito internazionale. Quali sono ora le prospettive per Netanyahu?

Io ritengo dal primo giorno che l’unica soluzione sia politica, e cioè quella dei due popoli e due Stati. Non si può immaginare di risolvere un problema eminentemente politico, quello tra Israele e i palestinesi, soltanto con l’uso delle armi. A livello interno, il dissenso è cresciuto soprattutto per l’incapacità di riportare a casa gli ostaggi, mentre a livello internazionale per il protrarsi del conflitto. Finché ci sarà una situazione di conflittualità, il governo andrà avanti. Non ci sono margini per un cambio in corso d’opera. 

Leadership Forum
Paideia

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