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Oncologia: tutte le novità della ricerca da Esmo 2024 (c’è anche l’AI)

oncologia Esmo

Avanti tutta contro i tumori. È stata un’edizione record quella di quest’anno per il congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo), con oltre 5 mila lavori pervenuti e quasi 35 mila partecipanti. Una vetrina planetaria che ha presentato le ultime novità dell’oncologia, che ha gli occhi di tutti puntati addosso, anche per le recenti storie drammatiche che hanno riguardato celebrity quali Totò Schillaci, Eleonora Giorgi e Bianca Balti.

Tanti gli studi ‘practice changing’, molti dei quali hanno vista protagonista assoluta la ricerca italiana.
Tra i temi di maggior rilievo di Esmo 2024, presentati al centro congressi della Fira di Barcellona, spicca il nuovo posizionamento dell’immunoterapia che diventa sempre più precoce nell’algoritmo delle cure oncologiche, approdando con successo alla fase neoadiuvante (il primo step del trattamento oncologico, prima dell’intervento chirurgico), dove ha dimostrato la sua efficacia in una serie di tumori difficili, da quello della cervice uterina, al tumore del seno ‘triplo negativo’, a quello della vescica infiltrante.

Immunoterapia

E se da un certo punto di vista può apparire il canto del cigno di farmaci che hanno fatto la storia della medicina (ipilimumab, nivolumab, pembrolizumab), tutti prossimi alla scadenza brevettuale e incalzati da una nuova generazione di biosimilari, l’immunoterapia (pilastro delle cure oncologiche che sfrutta la forza del sistema immunitario del paziente per combattere i tumori) è una branca ormai imprescindibile nelle cure oncologiche; non a caso le principali aziende pharma hanno tutte una ricca pipeline che si concretizzerà nei prossimi anni con nuovi bersagli terapeutici riguardanti il sistema immunitario e una pletora di vaccini a mRna.

Medicina di precisione tech

Intanto a farsi largo è anche la medicina di precisione in versione ipertecnologica, presentata attraverso una serie di lavori su AI e oncologia digitale. Dal prossimo anno l’Esmo dedicherà addirittura un congresso apposito (ESMO AI & Digital Oncology, Berlino 12-14 novembre 2025) a questi temi. “Da un punto di vista concettuale – commenta Andrès Cervantes, presidente dell’ Esmo – le nuove tecnologie aiuteranno anche a comprendere perché e attraverso quali meccanismi i tumori diventano resistenti alle terapie, mentre per tanto tempo la ricerca si è focalizzata sui (tanti) talloni d’Achille del tumore, cioè su cosa li rende sensibili, cioè aggredibili, dai trattamenti”.

In grande sviluppo è anche tutto il campo dell’epigenetica (cioè delle alterazioni che non riguardano direttamente i ‘bug’ del Dna, ma l’espressione dei geni, che può essere influenzata da stile di vita e esposizione ad agenti ambientali) e la modulazione del microambiente tumorale, fondamentale in alcuni tumori ‘difficili’ come quello del pancreas.

“L’AI – prosegue Cervantes – è centrale per lo sviluppo della cosiddetta digital pathology, che offrirà una lettura più accurata delle biopsie, svelando dettagli invisibili all’occhio e un’interpretazione più accurata del sempre più complesso profilo molecolare dei tumori. Applicazioni queste che si vanno ad aggiungere alla ‘rilettura’ dell’imaging radiologico, settore già ben consolidato di applicazione dell’IA. È un campo che trasformerà il modo con cui prendiamo decisioni in campo oncologico e acquisiamo informazioni sui tumori”.

I lavori più importanti del congresso vengono presentati in sessione ‘Presidenziale’. Eccone alcuni tra i più interessanti.

Tumore della cervice uterina: lo Studio Keynote-A18 (pubblicato su Lancet, in contemporanea alla presentazione ESMO 2024). Ogni anno si registrano in Italia ancora 2.500 nuove diagnosi di questo tumore che può essere prevenibile attraverso la vaccinazione anti-HPV. “Tre casi su 4 – ricorda la professoressa Domenica Lorusso, Ordinario di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e Direttore del Programma di Ginecologia Oncologica Humanitas San Pio X di Milano – vengono diagnosticati in fase localmente avanzata e per queste neoplasie non si registravano novità di trattamento significative da almeno 20 anni”.

Lo studio internazionale Keynote-A18 ha dimostrato che, associando alla chemio-radioterapia anche l’immunoterapia con pembrolizumab, in prima linea di trattamento, si riduce il rischio di morte del 33% rispetto alla sola chemio-radioterapia. La sopravvivenza globale a 3 anni ha raggiunto l’82,6% in queste pazienti, rispetto al 74,8% del gruppo di controllo. Ed è la prima volta, in oltre 20 anni, che si registra un miglioramento della sopravvivenza globale nel tumore della cervice uterina localmente avanzato ad alto rischio. “Aggiungendo al trattamento abituale anche pembrolizumab – spiega la professoressa Lorusso – si aumenta la sopravvivenza dell’8%, possiamo cioè guarire 1 donna su 10 in più”.

“Si tratta di un risultato importante – sottolinea il professor Francesco Perrone, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, Aiom – anche perché questo tumore colpisce in genere donne giovani, in piena attività lavorativa e magari con figli piccoli. I risultati di questo studio dimostrano che, anticipando l’immunoterapia, è possibile migliorare la sopravvivenza e ottenere in alcuni casi l’importantissimo obiettivo della guarigione. Dobbiamo però sottolineare ancora una volta l’importanza della prevenzione primaria, affidata nel caso di questo tumore alla vaccinazione contro il Papillomavirus umano (HPV), la più frequente infezione a trasmissione sessuale. Le ‘Call to action’ dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, della European Cancer Organisation e dello ‘Europe’s Beating Cancer Plan’ della Commissione Europea hanno l’obiettivo di eliminare il tumore della cervice uterina e tutti quelli HPV correlati (oro-faringe, penieno, anale, ecc) entro il 2030. Oltre al vaccino, fondamentale è la prevenzione secondaria con lo screening (Pap test o il test HPV)”.

Da un punto di vista scientifico questo studio segna un successo per la ricerca italiana. “Si tratta infatti di uno studio ideato e coordinato da noi – ricorda la professoressa Lorusso – Nasce come proposta dell’accademia ad un’azienda farmaceutica (la MSD) che ci ha creduto, gli ha dato pieno endorsement e ne ha fatto uno studio registrativo. E i risultati ci hanno dato ragione. Da oggi in poi, questo schema di terapia sarà riconosciuto come braccio di controllo per tutti gli studi futuri”. Lo studio Keynote-A18 ha coinvolto oltre mille pazienti, arruolate presso 176 centri in 30 nazioni (compresa Cina, Paesi dell’America Latina e dell’Africa). Il 10% circa di queste pazienti sono state arruolate in Italia (la metà di queste presso il Policlinico Gemelli).

Tumore del seno ‘triplo negativo’: lo studio Keynote-522 (pubblicato sul New England Journal of Medicine, in contemporanea alla presentazione ESMO 2024). L’immunoterapia con pembrolizumab ha dimostrato la sua efficacia anche in un tumore nel tumore del seno ‘triplo negativo’ (cioè senza i recettori ormonali e per la proteina HER2, che rappresentano altrettanti bersagli terapeutici), un tempo considerato tra i più difficili e a prognosi infausta. Il farmaco, somministrato ‘a sandiwich’ rispetto all’intervento chirurgico (cioè sia prima, insieme alla chemioterapia, che dopo la chirurgia) ha ridotto del 34% il rischio di morte di queste pazienti.

“Questa è la forma di tumore del seno più aggressiva – ricorda il professor Giuseppe Curigliano, presidente eletto di Esmo, Ordinario di Oncologia all’Università di Milano e Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – e il rischio di comparsa di metastasi dopo le cure è molto precoce, raggiungendo il picco nei primi 3 anni. Keynote-522 è uno studio rivoluzionario che cambierà la pratica clinica; in questa patologia non si erano mai visti risultati di questo tipo. Questo regime di terapia ha portato il tasso di sopravvivenza a 5 anni all’86,6%”.

Lo scorso anno in Italia sono stati registrati circa 56 mila casi di tumore del seno; i ‘tripli negativi’ rappresentano il 15% delle diagnosi. “L’assenza di recettori ormonali (per gli estrogeni e il progesterone) e per HER2 – spiega il professor Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom – rende questo tumore difficile da trattare perché non può essere utilizzata né la terapia ormonale, né gli anti-HER2. È fondamentale che le donne con questo tumore vengano prese in carico da un team multidisciplinare all’interno di una Breast Unit e non avviate subito all’intervento chirurgico; i risultati di questo studio cambiano infatti tutte le prospettive terapeutiche”.

Tumore della vescica: lo studio NIAGARA (pubblicato sul New England Journal of Medicine in contemporanea).
Anche nel tumore della vescica le prospettive terapeutiche sono destinate a cambiare. In questo caso, protagonista è l’immunoterapia con durvalumab (in associazione alla chemioterapia) che, nello studio NIAGARA, ha dimostrato una riduzione del 32% del rischio di progressione di malattia, di recidiva, di non completare la chirurgia prevista o di morte, nelle forme con invasione muscolare. Somministrato insieme alla chemio, prima della cistectomia radicale, il durvalumab ha ridotto del 25% il rischio di morte in questi pazienti.

“Lo studio NIAGARA – commenta il professor Lorenzo Antonuzzo, direttore dell’Oncologia Clinica del Careggi di Firenze – dimostra che l’aggiunta dell’immunoterapia, prima e dopo la chirurgia, rappresenta una strategia di trattamento innovativa, che può cambiare la pratica clinica nei pazienti con tumore della vescica infiltrante operabile. Si tratta di forme aggressive, strettamente legate al fumo; per questo nei prossimi anni ci aspettiamo un aumento di casi anche nelle donne”.

“Anche in questo caso – commenta il professor Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom – per circa 20 anni abbiamo avuto a disposizione solo la chemioterapia, seguita dalla chirurgia; ma rimaneva un grave unmet need, visto che la metà dei pazienti così trattati andava incontro a recidiva o progressione di malattia. I risultati dello studio NIAGARA devono convincere tutti dell’utilità di non correre all’intervento chirurgico, ma di trattare prima i pazienti con un regime chemio-immunoterapico, per ottenere i migliori risultati. Per questo è fondamentale che i pazienti siano affidati ad un team multidisciplinare”. In Italia lo scorso anno ci sono stati quasi 30 mila nuovi casi di tumore della vescica, una neoplasia insidiosa perché inizialmente del tutto asintomatica. Tra i segnali d’allarme ai quali fare attenzione c’è la difficoltà a urinare, le minzioni frequenti, la presenza di sangue nelle urine.

Tumore della prostata: lo studio ARANOTE.
Buone notizie dall’Esmo anche per il tumore della prostata. Lo studio registrativo dimostra che darolutamide (un inibitore dei recettori degli androgeni di nuova generazione in compresse), associata alla terapia di deprivazione androgenica (ADT), riduce del 46% il rischio di progressione di malattia e di morte nei pazienti con tumore della prostata metastatico ormono-sensibile.

“I risultati dello studio ARANOTE e del precedente studio ARASENS – commenta il professor Sergio Bracarda, Presidente della Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO) e Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica e Traslazionale e del Dipartimento di Oncologia presso l’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni – offrono un’altra opzione terapeutica (‘doppietta’), dimostrando l’efficacia di darolutamide associata alla terapia di deprivazione androgenica, con o senza chemioterapia “. Nel nostro Paese sono stati oltre 41 mila i nuovi casi di tumore della prostata nel 2023.

“Ci auguriamo – commenta Orazio Caffo, Direttore dell’Oncologia all’Ospedale Santa Chiara di Trento – che questo farmaco sia approvato rapidamente. Se è vero infatti che in 12 anni (2007-2018) sono stati evitati oltre 30 mila decessi in Italia per questo tumore, è anche vero che l’impatto del tumore della prostata metastatico sulla vita quotidiana può essere pesante. Ecco perché c’è forte bisogno di terapie innovative come darolutamide”.

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