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Tumore del pancreas e melanoma: le novità dal Pascale

Paolo Ascierto melanoma Esmo 2024

Dalla ricerca italiana arrivano novità promettenti contro due nemici insidiosi come il melanoma e il tumore del pancreas. Le buone notizie sono state presentate al Congresso della Società europea di oncologia medica (Esmo) in corso a Barcellona. A illustrarle, gli specialisti dell’Istituto Pascale di Napoli. Nel primo caso 4 iniezioni di un immunoterapico hanno trasformato un melanoma grande quanto una pallina da ping pong in una piccola biglia in soli 45 giorni.

Nell’altro un mix di farmaci già noti – il primo usato per abbassare il colesterolo e il secondo contro l’epilessia – si sono rivelati in grado di modificare la biologia del tumore al pancreas e di potenziare la chemioterapia. Vediamo meglio le due ricerche.

Il mix per battere il tumore al pancreas

A Barcellona sono stati presentati i risultati dello studio Vespa, condotto sui primi 75 pazienti su 240 previsti, tutti con adenocarcinoma metastatico del pancreas: la nuova associazione si è dimostrata sicura. Il lavoro è nato da una intuizione dell’Unità di Farmacologia Sperimentale del Pascale ed è coordinato dal direttore scientifico dell’Istituto dei tumori di Napoli, Alfredo Budillon e dal direttore dell’Unità di Oncologia Clinica e Sperimentale per i tumori addominali, Antonio Avallone.

Al centro del lavoro due molecole ben note, l’acido valproico e la simvastatina. Lo studio ha coinvolto sino ad ora quattro centri italiani: oltre al Pascale, il Policlinico Gemelli di Roma, il San Raffaele di Milano, l’azienda universitaria ospedaliera di Verona. Insieme a loro il Ramon y Cayal Health research Institute di Madrid e altri quattro centri spagnoli.

“Abbiamo superato la fase di sicurezza – ha spiegato Budillon – per cui questa nuova associazione è sicura, nel senso che non aumenta significativamente gli effetti collaterali e non modifica il normale metabolismo dei chemioterapici. L’aggiunta di acido valproico e simvastatina alla chemioterapia non aumenta la tossicità né altera la farmacocinetica, cioè l’assorbimento e l’escrezione dei chemioterapici”. Utilizzare molecole già note e testate ad altri scopi, consente di accelerare la ricerca per tentare di dare risposte innovative a malattie in cui il bisogno di cura è ancora  notevole.

Il direttore scientifico dell’Istituto dei tumori di Napoli, Alfredo Budillon

Melanoma: l’effetto dell’immunoterapia locale

Dopo alcune iniezioni locali con il farmaco immunoterapico Daromun di Philogen (azienda italo-svizzera), il melanoma (resecabile localmente avanzato) in alcuni casi è sparito completamente. Grazie al reclutamento di cellule immunitarie CD8+, sono state colpite anche le metastasi distanti, con un effetto importante nella prevenzione delle recidive, come emerge dall’analisi preliminare presentata da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli.

“I risultati del nostro lavoro – ha detto Ascierto – suggeriscono che il farmaco iniettabile Daromun scatena una risposta anti-tumorale imponente e immediata sia localmente, riducendo o addirittura facendo scomparire il tumore, che a livello sistemico, colpendo le cellule tumorali distanti che possono essere causa di metastasi e recidive”.

Prima dell’intervento

Si tratta di un approccio neoadiuvante, che va cioè somministrato prima dell’intervento chirurgico di rimozione del melanoma. I ricercatori hanno visto che “la massa tumorale va in necrosi rapidamente, allo stesso tempo, promuovendo un aumento dei linfociti CD8+”, ha spiegato Ascierto. Lo studio mostra che il farmaco immunoterapico iniettabile ha effetti evidenti sulla riduzione della massa tumorale già dopo una settimana dalla prima iniezione.

Al centro di questo studio c’è una combinazione di due citochine, l’interleuchina 2 (IL2) e il fattore di necrosi tumorale (TNF), in grado, se somministrate insieme, di innescare localmente una risposta immunitaria che ha anche effetti a distanza.

Lo studio, coordinato dall’ospedale universitario Schleswig-Holstein di Kiel (Germania), aveva già dimostrato che la somministrazione del farmaco immunoterapico prima dell’intervento chirurgico riduceva del 41% il rischio di recidiva o morte e del 40% la comparsa di metastasi a distanza. “Il farmaco ha dimostrato la sua efficacia sia nei pazienti che non avevano ricevuto prima alcuna terapia, che in soggetti precedentemente trattati con l’immunoterapia”, ha concluso Ascierto.

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