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Tumore: operata al rene da sveglia col robot, il caso a Torino

Molinette

La chirurgia robotica consente risultati sempre più eccezionali e meno invasivi per il paziente. Lo dimostra l’ultimo intervento a Torino dove, per la prima volta in Europa, è stato asportato un rene colpito da un grosso tumore in una paziente operata da sveglia. Una soluzione che consente di evitare i rischi legati alla sedazione.

Il sistema robotico di ultima generazione da Vinci Single Port ad unico accesso è stato utilizzato presso la Clinica Urologica dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. La paziente, di 76 anni, presentava un tumore del rene destro di 8 cm e l’unica soluzione era l’asportazione del rene. Anticipiamo le buone notizie: la signora è stata dimessa dopo soli 3 giorni di ricovero.

Anestesia impossibile

Facciamo un passo indietro: nel suo caso a complicare le cose, oltre all’età, un’insufficienza respiratoria grave, che costringeva la donna a vivere attaccata ad una bombola di ossigeno, insieme a una severa obesità.

Per questi motivi gli anestesisti che hanno valutato la paziente l’avevano dichiarata da subito inoperabile, perché il suo fisico non avrebbe retto un’anestesia generale, necessaria per questo tipo di intervento. Unica alternativa, tentare un’anestesia locoregionale, in grado di anestetizzare la zona da operare, mantenendo la paziente in stato di coscienza, insomma sveglia. Per aumentare le probabilità di riuscire nell’intento occorreva però utilizzare la tecnica chirurgica che fosse meno invasiva possibile, in grado di minimizzare il trauma chirurgico e di asportare il tumore.

La sfida

Nonostante la perizia, Paolo Gontero e il team della Clinica Urologica si sono trovati in difficoltà per questo caso così complesso, anche per le dimensioni del tumore: la massa da asportare aveva dimensioni notevoli.

Soluzione? Il sistema robotico da Vinci Single Port, una tecnologia di ultima generazione ad unico accesso, recentemente acquisita grazie al supporto della Fondazione CRT. Questa soluzione ha permesso di operare con una sola ‘porta’ di lavoro di 2,5 cm, contenente 4 strumenti miniaturizzati che vengono inseriti nell’addome mediante un singolo taglio. Rispetto ai sistemi Multi Port, ampiamente utilizzati e che rimangono il gold standard in numerosi interventi, il Single Port è particolarmente indicato in casi in cui ridurre ulteriormente l’invasività tramite un accesso alternativo sia cruciale per il paziente.

La scelta “si è rivelata la strategia vincente, poiché la finezza dei suoi 4 strumenti che vengono azionati dall’operatore come i tentacoli di un polipo, ha consentito di minimizzare il trauma chirurgico, riducendo così gli stimoli dolorosi traumatici alla paziente, e garantendo al contempo grande precisione nei movimenti e rapidità d’azione” ha detto Paolo Gontero, che ha effettuato l’intervento, coadiuvato dal dottor Daniele D’Agate.

Il fattore umano

L’innovazione in questo caso non ha potuto fare a meno di quello che si può definire il fattore umano. “L’intervento è stato reso possibile solo dal connubio tra la nuova tecnologia mini invasiva, che ha reso possibile asportare una grossa massa utilizzando una porta di accesso di pochi centimetri, e una eccellente équipe anestesiologica specializzata in questa tipologia di anestesia” ha evidenziato lo stesso Gontero.

In questi casi ci piace ricordare i nomi dei protagonisti in sala operatoria: oltre a Gontero, Giulio Rosboch ed Edoardo Ceraolo dell’équipe anestesiologica universitaria diretta dal professor Luca Brazzi e tutta l’équipe infermieristica di sala operatoria, coordinata dalla dottoressa Filippa Converso. Bravi.

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