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Giovanissimi e telefonino: dai divieti al detox, è crisi

telefonino bambina

Li abbiamo cresciuti a suon di smartphone e tablet, ma ora sembra che il rapporto tra giovanissimi e tecnologie stia cambiando. A dircelo è il trend di detox digitale che sta contagiando molti ragazzi, ma anche il dibattito su adolescenti, social media e telefonino, che dagli Stati Uniti è ormai esploso anche in Italia.

Qualche mese fa l’American Psychological Association e il General Surgeon americano Vivek Murthy avevano acceso i riflettori sulle insidie legate a telefonino e social per le giovani menti, proponendo degli alert ad hoc sulle piattaforme, un po’ come accade con i pacchetti di sigarette.

Poi è arrivato il divieto all’utilizzo del telefonino in classe fino alla terza media – scopi didattici inclusi – voluto dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Ora un gruppo di pedagogisti, psicoterapeuti, neurobiologi, neuropsichiatri infantili e altri esperti – insieme a esponenti della società civile – ha promosso una petizione sulla piattafoma ‘Change.org’, per chiedere al governo italiano un’ulteriore stretta: niente telefonino sotto i 14 anni e nessun profilo social per gli under 16.

Ogni tecnologia ha il suo giusto tempo

“Se è vero che spesso le tecnologie migliorano la qualità della vita, questo non accade quando si parla di educazione nella prima infanzia e nella scuola primaria – si legge nella petizione – I bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono due danni: uno diretto, legato alla dipendenza. Uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita. È ormai chiaro che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale sui social media”.

“Aiutiamo le nuove generazioni”, chiedono i firmatari dell’appello arrivato (al momento in cui scriviamo) a 12.868 firme. Fra queste, le prime due sono del pedagogista Daniele Novara, direttore del Cpp e del medico e psicoterapeuta Alberto Pellai. Seguono 24 esperti fra cui Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell’età evolutiva dell’Università Sapienza ed esponenti di Unita (Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo), come gli attori Stefano Accorsi, Paola Cortellesi e Vittoria Puccini.

I rischi

Ma quali pericoli preoccupano i firmatari della petizione? “La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica, ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale. Simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura”.

“I fatti lo dimostrano: nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei minori è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi. Anche nelle scuole bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le neuroscienze. Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno fino ai 15 anni, alcun uso autonomo degli studenti”.

Questione di ‘dosaggio’

Ma c’è chi non è d’accordo. “All’inizio degli anni Duemila – dice a Fortune Italia il pediatra Italo Farnetani, autore di numerosi volumi dedicati all’infanzia – mi dichiarai favorevole all’uso dei cellulari da parte dei bambini e adolescenti. Oggi ribadisco che  considerando l’evoluzione di tecnologie e stili di vita, bambini e adolescenti devono poter usare sia il telefonino che i social. Vietarlo sarebbe farli vivere fuori della realtà. Un po’ come il ragazzo che da adolescente, come descritto nel ‘Barone Rampante’ di Italo Calvino, decise di vivere tutta la vita sugli alberi. Mutatis mutandis, ciò rende l’idea di come bambini e adolescenti privati di smartphone e social si troverebbero: fuori dalla realtà. Come spiegare loro che invece i genitori possono utilizzarli? Che tipo di relazioni potrebbero intrattenere con la tecnologia, se gli si vieta di usare e conoscere uno strmento normale di comunicazione fra gli adulti?”.

Il tutto “in una società come la nostra, basata sulla comunicazione e sulla trasmissione dei messaggi in tempi rapidi. Resto dunque favorevole all’uso del telefonino, che però va impiegato nella dose giusta. Un po’ come i farmaci: al corretto dosaggio fanno bene, altrimenti no. La dose giusta per i bambini – precisa il pediatra – è stata definita dalla ricerca: fino a un’ora e mezzo al giorno di fruizione di uno schermo, televisore incluso, è utile per lo sviluppo dell’intelligenza, oltre le due ore c’è un danno, perchè si arriva a un eccessivo coinvolgimento in una realtà virtuale”.

Dialogo e regole

Attenzione: questo non vuol dire niente regole. “Bisogna insegnare ai giovanissimi a usare bene il telefonino, facendo conoscere chiaramente loro i siti buoni e i siti cattivi, oltre alle trappole di Internet. In famiglia – continua Farnetani – ci deve essere un dialogo, una consuetudine allo scambio di idee fra genitori e figli, in modo da poter mettere in guardia i giovanissimi dai rischi e dai tentacoli della rete”.

Occorrono anche regole chiare. “Fra i rischi di questa tecnologia c’è la cyber-insonnia, legata al consumo di schermi e telefonino prima di andare a letto”. E allora? A letto ci si va per dormire, ammonisce Farnetani, mettendo al bando smartphone e tablet sotto le coperte.

No al telefono a tavola, raccomanda ancora l’esperto, che aggiunge: “È importante favorire l’incontro e la socializzazione con i coetanei, non solo in Rete ma anche nella realtà. Insomma, i social devono essere una ulteriore possibilità di incontro, ma non l’unica. Telefonino e social non devono divenire dei baby sitter: il tempo dei bambini e degli adolescenti deve essere organizzato con momenti di sport, gioco all’aperto e incontro con i coetanei”.

Per Farnetani infine sarebbe utile fare dei corsi di formazione a scuola, anche con personale esterno magari della Polizia postale, per insegnare ai ragazzini l’utilizzo corretto del telefonino.

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