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Cena alle 18 contro pancetta e diabete: ecco perchè funziona

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Andare a letto presto e spostare indietro le lancette della cena, così da consumare l’ultimo pasto della giornata verso le 18, sembrerebbe una ricetta facile da adottare e vincente per liberarsi della ‘pancia’ e mettersi al riparo dai rischi del diabete. Uno studio olandese, presentato all’Easd (Congresso europeo di diabetologia) di Madrid spiega perché.

Il cronotipo ‘notturno’, quello che gli americani chiamano ‘night owl’ (i gufi, quelli che vanno a letto tardi la sera) si associa in genere ad uno stile di vita poco sano (dieta sbagliata, fumo di sigaretta, ecc) e questo, nel tempo, regala un giro vita più abbondante, un indice di massa corporea più alto e tanti depositi di grasso ‘nascosto’.

Per studiare a fondo queste correlazioni, il dottor Jeroen van der Velde dello University Medical Centre di Leiden (Olanda) è andato a studiare la relazione tra l’ora abituale di inizio del riposo notturno, presenza di diabete di tipo 2 e distribuzione del grasso corporeo in 5 mila olandesi (54% donne, età media 56 anni, Bmi medio 30), che partecipano allo studio Netherlands Epidemiology of Obesity, finalizzato a indagare l’influenza del grasso corporeo su una serie di malattie.

In base alle abitudini giornaliere, i 5 mila olandesi sono stati divisi in tre gruppi: i ‘gufi’ (20%), le allodole che vanno a letto presto (20%) e i soggetti a cronotipo intermedio (60%). Tutti sono stati seguiti per una media di 6,6 anni e in questo arco di tempo 225 persone hanno sviluppato un diabete di tipo 2, soprattutto nel gruppo dei ‘tiratardi’, che in questa analisi presentano un rischio di diabete aumentato del 46%. Un dato per niente trascurabile.

“Probabilmente – afferma van der Velde – l’orologio corporeo di queste persone è desincronizzato rispetto agli orari di lavoro e alle abitudini sociali e questo può portare ad uno scombussolamento circadiano, che a sua volta può condurre a problemi metabolici, fino al diabete di tipo 2”.

I ‘gufi’, come atteso, presentavano anche un giro vita un po’ più largo (almeno una taglia in più), un indice di massa corporeo in media più alto, ma anche una quantità maggiore di grasso viscerale e nel fegato in particolare (+14%) rispetto ai soggetti a cronotipo ‘intermedio’. Insomma il maggior rischio di diabete potrebbe essere legato a questi chili di troppo, soprattutto a livello addominale.

I ricercatori olandesi cercheranno ora di valutare se, riprogrammando i ritmi giornalieri di questi soggetti, si riesca a migliorare il loro assetto metabolico. “Facciamo parte del consorzio ‘TIMED – rivela van der Velde – che studia le complesse relazioni tra il momento in cui si va a dormire, l’assunzione di cibo e l’attività fisica rispetto alla comparsa di diabete di tipo 2. In uno studio precedente avevamo già dimostrato che l’orario in cui si svolge attività fisica sia importante rispetto alla insulino-resistenza; un’attività fisica di grado moderato-vigoroso effettuata il pomeriggio o la sera si associa infatti ad una riduzione dell’insulino-resistenza fino al 25%”.

Ma c’è anche un’altra abitudine sotto la lente d’ingrandimento e cioè l’orario dell’ultimo pasto della giornata. “Le persone con cronotipo ‘tardivo’ – spiega van der Velde – sono portate a mangiare fino a serata inoltrata, mentre ci sono sempre più evidenze scientifiche dei benefici del cosiddetto time-restricted eating, cioè dello smettere di mangiare ad esempio dopo le 6 di pomeriggio. I ‘gufi’, a rischio diabete, dovrebbe iniziare col correggere questa abitudine, evitando di mangiare la sera tardi”.

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