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Viareggio: dal torto subito all’impulso del giustiziere, i rischi

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Ancora violenza e immagini che lasciano sgomenti in questa fine estate italiana. Alle quotidiane aggressioni a medici e infermieri, si somma il caso della 65enne di Viareggio, accusata di omicidio volontario dopo aver investito con l’auto un uomo che l’aveva rapinata della borsa.

Il video ripreso dalle telecamere di un negozio mostra una figura che cammina su un marciapiede, centrata dall’auto della donna che colpisce il corpo più volte a velocità moderata, prima di recuperare la borsa e allontanarsi. “Forse è utile ricordare che farsi giustizia da soli, oltre a essere illegale, è pericoloso, e che atti simili spingono a un’escalation di violenza e a ulteriori ingiustizie. Il sistema al quale noi ci affidiamo deve assicurare solidità e fiducia alle forze che lo Stato predispone a garanzia dei cittadini, della loro sicurezza e dei loro diritti”, sottolinea a Fortune Italia lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli e presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia.

Le emozioni in gioco

“Su questi episodi – continua lo psichiatra – è importante avviare una riflessione: in questo caso entrano in gioco emozioni come rabbia e frustrazione, che esplodono in una necessità di sfogo che contagia con l’idea della giustizia personale il desiderio di far pagare un torto a qualcuno”.

“Un’impulsività che diventa violenza, senza attendere l’intervento dell’autorità. A livello individuale questo si collega al senso di impotenza, all’esperienza di aver subito un torto, collegato alla perdita di controllo. A tutto ciò – dice Mencacci – si può aggiungere l’orgoglio personale, il desiderio di mantenere una certa immagine sociale: anche questo bisogno può spingere a farsi giustiziere.  Ovvero la paura di mostrarsi o apparire debole o vittima”.

La sfiducia e la giustificazione

Sullo sfondo però dobbiamo tener conto di alcune condizioni particolarmente preoccupanti, riflette lo psichiatra. Condizioni che “forse ci toccano più da vicino: una evidente sfiducia nelle istituzioni e nelle autorità preposte alla sicurezza, mentre progressivamente si fa strada un contesto culturale che facilita l’idea del giustiziere come una soluzione accettabile o addirittura giustificabile in caso di offesa”. Un atteggiamento testimoniato, in effetti, da diversi commenti sui social.

Ma cosa sta accadendo? “Il contesto della legalità viene percepito come eccessivamente poroso – spiega Mencacci – e su tutto si allunga il fantasma della risposta insufficiente delle autorità, che vengono viste come non in grado di risolvere i problemi. Questi però sono i prodromi del passaggio a legittimare le democrazie illiberali, confondendo la necessità di garantire la giustizia e la sicurezza con una messa in secondo piano del rispetto dei diritti”. Insomma, la violenza della reazione a un torto subito rischia di essere solo l’inizio di un percorso scivoloso, che non può non preoccuparci.

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