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Alzheimer: la scoperta italiana che apre a nuove cure

Alzheimer

Identificato da un gruppo di studiosi italiani un nuovo meccanismo molecolare coinvolto nella perdita della memoria e nel deficit cognitivo legato all’Alzheimer. Un passo avanti della ricerca, che apre all’individuazione di nuove vie terapeutiche per contrastare ‘il ladro dei ricordi’, ma anche all’identificazione di un nuovo biomarcatore per la diagnosi precoce di un gruppo di malattie che oggi colpisce in Italia circa 2 milioni di persone: 1 milione e 100 mila con demenza, 900 mila con un disturbo cognitivo lieve.

“La Malattia di Alzheimer e le demenze – ricorda Massimo Fini, direttore scientifico dell’Irccs San Raffaele Roma – hanno un impatto considerevole in termini socio-sanitari e rappresentano una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale e in quella anziana in particolare, costituendo uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica”.

La scoperta

Qual è la novita? Ricercatori dell’Istituto superiore di sanità (Iss), dell’Ircss San Raffaele Roma e del Cnr hanno scoperto un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive tipiche delle demenze. Alla base, una proteina che ha il ruolo di riparare i danni del doppio filamento del Dna provocati da stress e stimoli di natura diversa all’interno dei neuroni. Ma che in alcuni casi viene inibita.

Come si legge nello studio su ‘EMBO Reports’,  l’enzima Dna-PKcs – una proteina chinasi – è localizzata nelle sinapsi, cioè nel punto di contatto funzionale al livello del quale avviene la trasmissione delle informazioni tra i neuroni. Ebbene, gli scienziati hanno dimostrato che nelle sinapsi la Dna-PKcs è responsabile della fosforilazione (una particolare modificazione della struttura della proteina che consiste nell’aggiunta di un gruppo fosforico alla molecola) di PSD-95,  una proteina responsabile dell’organizzazione delle sinapsi, della loro struttura e di conseguenza anche della trasmissione dei segnali.

“La modificazione rende PSD-95 stabile all’interno delle sinapsi e non suscettibile di degradazione, come avviene per esempio nell’Alzheimer”, spiega Daniela Merlo, dirigente di Ricerca del Dipartimento di Neuroscienze, direttrice della Struttura Interdipartimentale sulle Demenze dell’Iss e coordinatrice dello studio. E allora? Facciamo un passo indietro.

I precedenti

Nel 2016 lo stesso gruppo di ricercatori aveva scoperto che l’attività dell’enzima Dna-PKcs viene inibita dalla beta-amiloide, la proteina che tipicamente si accumula nel cervello dei pazienti con Alzheimer. Proprio la mancata riparazione dei danni al Dna che deriva dall’inibizione di DNA-PKcs è implicata nella morte dei neuroni osservata in diverse malattie neurodegenerative, tra cui l’Alzheimer, come ha mostrato lo studio del cervello dei pazienti.

Sinapsi e perdita della memoria

Dunque “questa nuova scoperta dimostra che la Dna-PKcs ha un ruolo fondamentale nella memoria e nei deficit cognitivi che caratterizzano l’Alzheimer e le demenze”, spiegano Cristiana Mollinari, ricercatrice dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale (Cnr) e Leonardo Lupacchini, ricercatore del San Raffaele Roma, primi autori dello studio.

Le prospettive

La mancata fosforilazione di PSD-95 nelle patologie neurodegenerative caratterizzate da deficit cognitivo “potrebbe rappresentare un nuovo biomarcatore per la diagnosi precoce e per il monitoraggio nel tempo della malattia”, aggiunge Merlo.

“Questo studio – sintetizza Enrico Garaci, presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’Irccs San Raffaele Roma – ha identificato nuove vie cellulari che possono essere modulate farmacologicamente, e quindi strategie terapeutiche mirate a regolare l’attività della Dna-PKcs e l’integrità di PSD-95 potrebbero avere un importante impatto terapeutico sulla perdita delle sinapsi e quindi sui deficit cognitivi in diverse malattie neurologiche”. Siamo ancora all’inizio, ma le prospettive aperte da questa ricerca appaiono estremamente interessanti.

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