GILEAD
Leadership Heade

Sanità: (troppe) aggressioni e (pochi) soldi, arriva la tempesta perfetta

Ospedale Riuniti Foggia

Sembra quasi incredibile la notizia delle ripetute aggressioni al personale sanitario del policlinico Riuniti di Foggia, due delle quali a meno di 24 ore di distanza. Episodi ‘specchio’ di una crisi ormai innegabile fra operatori della sanità e cittadini-pazienti, in un momento in cui il Ssn vive una drammatica carenza di personale e fatica a rispondere ai bisogni di cura. Insomma, il tempo in cui medici e infermieri erano gli eroi del Paese è lontanissimo, mentre una tempesta perfetta minaccia la sanità italiana.

“Ormai è un’escalation di violenza che acquisisce, come accaduto recentemente a Foggia, anche le connotazioni di raid”, dice scorato a Fortune Italia il segretario nazionale Anaao Assomed, Pierino Di Silverio. Se a questo aggiungiamo la cronica carenza di medici e infemieri – che lamentano stipendi insufficienti e minacciano dimissioni in massa – la ‘coperta corta’ sul fronte dei finanziamenti e il problema delle liste d’attesa, il quadro appare decisamente fosco. “Siamo diventati ormai dei criminali: questo è disarmante. Non siamo neanche più solo stanchi, ma privi di speranza sulla possibilità di risollevare un Sistema sanitario nazionale ormai allo sfascio”, aggiunge Di Silverio. Ma che cosa sta succedendo?

La tripletta a Foggia

Qualche giorno fa erano stati i familiari di una paziente morta in sala operatoria a scagliarsi contro i medici della chirurgia toracica dell’ospedale pugliese, costretti a rifugiarsi in una stanza in attesa delle forze dell’ordine. Poche ore dopo tre infermieri del pronto soccorso sono stati colpiti con calci e pugni da un paziente giunto per uno stato d’ansia (poi arrestato dai carabinieri). Infine (almeno per il momento), il figlio di un paziente in attesa al pronto soccorso ha colpito (con il braccio ingessato) due infermieri e un vigilante intervenuto per calmarlo.

Daspo di 3 anni per gli aggressori

Come spegnere quest’ondata di violenza? Mentre medici e infermieri invocano l’Esercito, arriva la proposta di una sorta di Daspo di tre anni dal Ssn: in pratica, uno stop alle cure gratuite per i violenti.

“Chi aggredisce o ammazza un operatore sanitario o devasta il patrimonio sanitario non deve più aver diritto a cure gratuite. Deve pagarle, così capisce il valore del nostro Servizio sanitario e quanti sacrifici, passione, professionalità e abnegazione mettono in campo gli operatori sanitari”, scrive su Facebook Ignazio Zullo, senatore di Fratelli d’Italia e capogruppo in Commissione Lavoro e Sanità, che una presentato una proposta di legge ad hoc. La sospensione per l’aggressore dovrebbe durare “per un periodo intercorrente tra il determinarsi dell’evento e i successivi 3 anni”, come si legge nel documento.

Reati contro la salute

Una misura estrema? “Non possiamo abituarci a questa violenza, né possiamo militarizzare gli ospedali, per questo vanno introdotti il fermo di polizia e la flagranza differita, e guardiamo con  interesse anche all’ipotesi Daspo per i violenti – ha detto il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore – Ma alla politica diciamo: fate presto, non c’è più tempo, occorre agire in fretta. Chi aggredisce medici e operatori sanitari non solo commette un ingiustificabile danno alle persone, ma anche alle strutture, che hanno sempre più difficoltà a reclutare personale, mettendo in serio pericolo il diritto alla salute dei cittadini. Chi opera per il bene pubblico della salute va tutelato, nessuno deve sentirsi in pericolo perché svolge il proprio lavoro a tutela di un diritto collettivo assicurato dalla nostra Costituzione”.

“Bisogna rimettere al centro dell’attenzione pubblica la sacralità del rapporto della sanità pubblica con i cittadini. Siamo di fronte a un vero e proprio cortocircuito culturale di un Paese in profonda crisi – ha aggiunto il presidente di Federsanità Fabrizio d’Alba, dg del Policlinico Umberto I di Roma – Occorre investire in comunicazione tra personale sanitario e utenti, per ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che si è andato perdendo. Serve tolleranza zero verso ogni forma di aggressione, verbale e fisica”.

Intanto i medici chiamano l’Esercito

Dopo gli episodi di Foggia sembra essere arrivati a un punto di non ritorno. “Si sente veramente il fatto che lo Stato fa molta fatica ad essere, da un punto di vista della presenza, efficiente. Credo che su Foggia bisognerebbe ragionare anche per la presenza dell’Esercito, se la Polizia non riesce a garantire un presidio come quello degli Ospedali Riuniti di Foggia, che è un Policlinico Universitario. Le forze dell’ordine devono in qualche maniera essere supportate, affinché lo Stato marchi una presenza forte e ridia un minimo di serenità ai professionisti”, ha detto Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici), intervenendo su Radio 24.

E aumentano le adesioni alla manifestazione dei sindacati dei medici ospedalieri in programma a Foggia per il 16 settembre contro le aggressioni in corsia. “Riteniamo che la manifestazione del 16 settembre sia un primo appuntamento importante”, fa sapere il Sindacato dei medici italiani (Smi), annunciando l’adesione alla mobilitazione unitaria lanciata nelle scorse ore da Anaao Assomed Cimo Fesmed.

Il nodo dei finanziamenti e la grande fuga

Intanto, come racconta ‘Il Giornale’, è braccio di ferro tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il titolare della Salute Orazio Schillaci (con al fianco Palazzo Chigi), sui fondi per la sanità. In ballo i 2 miliardi in più come ha lasciato intendere Lungotevere Ripa, o addirittura di 4 miliardi in più come auspicherebbe Palazzo Chigi, per ridare ‘fiato’ all’Ssn e motivare gli operatori. Il tutto, però, all’interno di una politica di bilancio “seria ed equilibrata”, per dirlo con le parole di Giorgetti.

In attesa di capire chi la spunterà, lo spettro resta quello delle dimissioni in massa. “Fiducia medico-paziente disintegrata, organizzazione delle cure inesistente, disinvestimenti da 15 anni, aggressioni, denunce, carenze infrastrutturali. Se non cambiano le cose ce ne andiamo. Sono già 5.000 lo scorso anno i medici che si sono dimessi dal Ssn in età non pensionabile, tra i 45 e i 55 anni. In questo primo semestre sono più di 3.000. Favoriremo i percorsi di allontanemento dall’ospedale, se scioperi e manifestazioni non basteranno. Insomma, se la presenza non viene apprezzata – conclude con amarezza Di Silverio – faremo percepire la nostra assenza”.

Leadership Forum
Paideia

Leggi anche

Ultima ora

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.