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Ormoni multitasking: come agiscono i farmaci per l’obesità

Alla scoperta delle incretine all’origine dei farmaci bestseller per perdere peso e delle loro diverse attività, con il professor Andrea Fabbri.


Si chiamano incretine e sono ormoni prodotti da cellule specializzate ‘inserite’ nel rivestimento del nostro intestino. Sconosciuti ai più fino a qualche anno fa, sono balzati prepotentemente agli onori delle cronache perché sulla loro azione sono stati costruiti degli analoghi sintetici, inizialmente usati come farmaci per il controllo del diabete di tipo 2 e, più di recente, come farmaci anti-obesità.

Farmaci che sono diventati in pochi anni dei veri e propri blockbuster e che continuano a riservare ogni giorno piacevoli sorprese rispetto alla loro attività davvero multitasking. Nature e Science lo scorso anno hanno dedicato loro la storia di copertina, definendole ‘molecole dell’anno’. Se è per il controllo di sovrappeso e obesità che sono diventati famosi nel mondo, queste terapie stanno rivelando la loro efficacia anche nel trattamento del ‘fegato grasso’, della neuro-infiammazione alla base di malattie neuro-degenerative quali Parkinson e demenze, fino all’ultima ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine che incorona tirzepatide (un doppio analogo GLP-1 e GIP) come la prima terapia farmacologica per le apnee ostruttive da sonno.

Il GLP-1, ci spiega il professor Andrea Fabbri, docente di Endocrinologia presso l’Università di Roma Tor Vergata, “è un ormone peptidico (cioè formato da una catenella di aminoacidi) prodotto dalle cellule entero-endocrine L, situate nella parte distale dell’intestino e nel colon; queste cellule rilasciano nel sangue il GLP-1 dopo un pasto, soprattutto se ricco di grassi. Il GIP, un altro ormone intestinale, viene invece prodotto dalle cellule K del duodeno, sempre in risposta all’arrivo del cibo. Questi ormoni – prosegue il professor Fabbri – hanno diverse azioni”.

In primo luogo stimolano la produzione di insulina da parte del pancreas e migliorano la sensibilità dei tessuti periferici all’insulina, contrastando così l’insulino-resistenza, problema che compare con l’aumento di peso e con un’alimentazione ricca di cibi raffinati. “Ma molto importante è anche la loro azione sul tessuto adiposo. Il GIP in particolare è in grado di trasformare il grasso ‘cattivo’, cioè quello bianco e infiammato, in grasso ‘buono’ (o grasso bruno), ricco di mitocondri, che rappresentano la ‘caldaia’ dell’organismo. In genere il grasso bruno in un individuo adulto costituisce appena il 3-5% di tutti i depositi di grasso dell’organismo; basta aumentarlo di 1-2 punti percentuali per assistere a cambiamenti positivi sul metabolismo. Questo – prosegue l’esperto – accade in natura quando ci si espone al freddo, ma alcuni studi suggeriscono che anche questi farmaci incretinici potrebbero esercitare quest’azione, attraverso dei recettori specifici del GIP sul tessuto adiposo, come dimostra una recente pubblicazione su Cell Metabolism”.

La tirzepatide è in grado di favorire questa trasformazione in grasso bruno “che potrebbe rappresentare un vantaggio anche in un’ottica di mantenimento della perdita di peso”. Un’altra importante azione di questi ormoni per il loro effetto di contrasto all’obesità-sovrappeso è quella di conferire precocemente un senso di pienezza e quindi di controllo dell’appetito e della sazietà. Molto interessanti sono le ricadute di tipo anti-infiammatorio di questi farmaci. “L’infiammazione cronica – spiega il professor Fabbri – è alla base di una serie di ricadute negative sul grasso, sul fegato e a livello cerebrale.

A questo livello, i GLP-1 analoghi utilizzati nel diabete e nel trattamento dell’obesità, sono in grado anche di attivare una serie di meccanismi correlati alla neuro-protezione e di ridurre la neuro-infiammazione a livello del cervello, azioni che potrebbero avere, come suggeriscono alcuni studi, un effetto-scudo contro la comparsa di patologie neuro-degenerative, dal Parkinson, alle demenze vascolari, all’Alzheimer, ma anche contro l’emicrania cronica. Altri studi hanno evidenziato un beneficio dei GLP-1 analoghi (quando somministrati insieme all’insulina intra-nasale) nel ridurre alcuni sintomi del post-Covid, quali il foggy brain e le alterazioni di gusto e olfatto. L’azione anti-infiammatoria di questi farmaci – spiega l’endocrinologo – è del tutto indipendente dal calo di peso e può comparire anche molto rapidamente dall’inizio della loro somministrazione”. I farmaci incretinici attualmente più utilizzati sono semaglutide (GLP-1 agonista) e tirzepatide, un doppio agonista GLP-1 e GIP. All’orizzonte ci sono i tripli agonisti dotati di azione GLP-1 agonista, GIP-agonista e simil glucagone, altro ormone che ha un’azione importante soprattutto sul metabolismo epatico e quindi sul metabolismo lipidico e sull’infiammazione del fegato.

“Quest’ultima azione – spiega il professor Fabbri – è molto importante nelle persone in sovrappeso/obese che presentano abbondanti depositi di grasso all’interno del fegato, questi tendono ad infiammarsi e a dare il via ad una cascata di eventi che, passando per la fibrosi, possono portare a cirrosi e ad aumentato rischio di tumori del fegato. Questi farmaci hanno invece la capacità di ridurre il fegato grasso e l’infiammazione dei depositi di grasso epatici, mettendo al riparo le persone dalle loro conseguenze”.

Molto importante è anche l’azione di protezione che questi farmaci esercitano a livello del cuore. “Lo scorso marzo – ricorda il professor Fabbri – l’ente regolatorio americano (Fda) ha autorizzato l’impiego di semaglutide per ridurre il rischio cardiovascolare negli adulti con sovrappeso/obesità e patologie cardiovascolari già in atto. Questo farmaco, somministrato una volta a settimana per iniezione sottocutanea, nello studio Select, condotto per 4 anni su oltre 17mila persone, ha dimostrato di poter ridurre del 20% il rischio dei principali eventi cardiovascolari. La tirzepatide invece, nello studio Surmount-Osa, di recente pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato in contemporanea al congresso dell’American Diabetes Association, ha ridotto il numero delle apnee ostruttive da sonno di oltre il 50%, sia nei soggetti in terapia con ossigeno a pressione positiva, sia in quelli che non tolleravano questo trattamento; ed è la prima volta che si ottiene questo risultato con un farmaco”. La Eli Lilly, l’azienda produttrice, ha avviato la richiesta di estensione per questa indicazione.

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