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Primark, Shein e Temu: il periodo buio del fast fashion

May 25, 2024, Madrid, Spain: Shoppers queue in line to enter a new store from the Irish fashion retailer brand Primark in Spain. (Credit Image: © Miguel Candela/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

A guardare la fila infinita di persone in attesa dell’apertura di un nuovo negozio Primark a Livorno negli scorsi giorni, non si direbbe. Ma anche il colosso irlandese del fast fashion ha i suoi problemi. Ieri la proprietaria Ab Foods, conglomerato che comprende non solo Primark ma per il quale il marchio rappresenta due terzi dei profitti, ha perso l’8,5% in Borsa e 2 miliardi di dollari di capitalizzazione in un solo giorno.

Primark alle prese con il meteo Uk

“Una caduta giornaliera di tale entità che non si vedeva dal marzo 2020”, ricorda Gabriel Debach, Italian Market Analyst di eToro. “La società ha bruciato circa 2 miliardi di dollari di capitalizzazione dopo aver riportato un calo delle vendite nei negozi a parità di perimetro negli ultimi sei mesi”.

Ab Food non vende solo vestiti: gli investitori sono preoccupati anche per i dati riguardanti le vendite di zucchero del Gruppo, ad esempio. Ma un dato del genere ha una rilevanza particolare per il settore fast fashion, tanto che “la notizia ha generato pressione anche su titoli come Inditex (proprietaria di Zara) e H&M”, dice l’analista.

Primark ha registrato un calo dello 0,9% nelle vendite like-for-like (un confronto delle vendite che esclude fattori come le acquisizioni) nell’ultimo trimestre. Il motivo sarebbe stata l’estate particolarmente piovosa di Regno Unito e Irlanda, casa del brand. Questo ha portato alla decisione di Deutsche bank di abbassare il rating e il target delle azioni, che passano a ‘sell’ mentre scendono le previsioni dei tedeschi sui prossimi tre anni del Gruppo britannico, che nonostante il calo delle vendite ha comunicato un aumento dei ricavi del 4% proprio grazie alle nuove aperture di negozi. Come in Italia, cresce la presenza di Primark anche in Europa e Usa.

L’impatto sull’ambiente del fast fashion

Nonostante il Regno Unito sia tradizionalmente un Paese molto piovoso, l’estate è stata caratterizzata da eventi fuori dalla norma – tra cui la tempesta Lilian – che il Met Office inglese ha inquadrato negli effetti del cambiamento climatico.

Il mondo del fast fashion è da tempo alle prese con le accuse che mettono al centro il suo impatto ambientale. Tanto la Francia ha lavorato a una legge per una tassa ambientale sui prodotti  di questo tipo, che aggravano una situazione già preoccupante, con l’industria della moda responsabile del 10% delle emissioni globali di CO2.

Ma fare i conti con il proprio impatto ambientale non è l’unico problema, per alcuni dei player del settore.

Prendiamo ad esempio Shein e Temu. I due marchi sono anche in guerra tra di loro, con Shein che avrebbe fatto causa a Temu per violazione del copyright per aver copiato i suoi prodotti sul suo store online.

Shein e Temu sono anche sotto pressione per gli standard di sicurezza dei prodotti per neonati e bambini. La Consumer Product Safety Commission ha parlato delle preoccupazioni  relative ai prodotti di entrambi e a come siano possibili i loro costi, molto bassi. Il colosso cinese Shein è finito al centro dei riflettori per il presunto utilizzo di sostanze tossiche nei suoi vestiti, secondo un test effettuato dalla rivista tedesca Oko-test e che avrebbe lasciato ‘scioccati’ i ricercatori che l’hanno effettuato.

A fine agosto, dopo due anni di enorme crescita in Borsa, il titolo di Temu ha perso 50 mld di dollari di valore in poche ore dopo la pubblicazione dei suoi risultati finanziari. In Borsa Shein non è ancora arrivata, ma l’obiettivo è quello di una Ipo a Londra.

 

Shein in Borsa, il colosso cinese ha scelto Londra: ecco perché

 

Nella foto in evidenza la fila di clienti davanti a un Primark in Spagna. (Credit Image: © Miguel Candela/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

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