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La lady di ferro al Viminale, intervista a Laura Lega

Gestire il complesso fenomeno dell’accoglienza sembra essere nel destino dell’attuale Capo del dipartimento Libertà civili e immigrazione del Viminale perché Laura Lega, da prefetto di Treviso nel 2015, scelse di gestire la questione immigrazione nella Marca trevigiana invitando la cittadinanza all’inclusione sociale. Così si chiuse l’emergenza. Set-partita-incontro, direbbero a Wimbledon. Ma la partita si riapre 9 anni dopo, quando il Prefetto Lega, che nel frattempo si guadagna il titolo di ‘donna di ferro’, torna a Roma e diventa Capo del dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, nonché commissario per l’emergenza.

“Il mio percorso inizia nel 1989: dopo un breve periodo in Prefettura a Roma, ho la fortuna di entrare all’Ufficio studi per l’amministrazione generale, un vero laboratorio istituzionale in cui sono rimasta 10 anni a svolgere attività normativa, legislativa e consultiva. Mi sono confrontata con le prefetture di tutta Italia, da Nord a Sud, con l’obiettivo di garantire un’applicazione flessibile, adattabile alle necessità dei singoli territori. Poi è arrivata la nomina di prefetto e da lì, dopo la guida della direzione centrale per le Risorse umane, è iniziata l’esperienza a Treviso nel 2015”.

Il flusso eccezionale di stranieri nella Marca trevigiana ha prodotto seri problemi di ordine pubblico. Il prefetto della città viene rimosso dall’incarico, Laura Lega lo sostituisce. “È stata un’esperienza impegnativa, ma anche molto formativa. In quel territorio sotto pressione serviva un prefetto che rappresentasse non solo un governo, c’era bisogno di un ammortizzatore istituzionale, una figura che conciliasse le richieste dei cittadini con i diritti e le esigenze degli stranieri. Ho battuto palmo a palmo il territorio, sono andata a parlare con tutti i sindaci, i parroci e i cittadini per trovare un compromesso e non lasciare nessuno in mezzo alla strada. Abbiamo chiesto un contributo agli enti locali e al Terzo Settore, abbiamo investito in percorsi formativi per stranieri, attenti a garantire che l’accoglienza corresse su un binario di strettissima legalità. Più facile a dirsi che a farsi, ma ce l’abbiamo fatta”.

Ce l’ha fatta sempre Laura Lega. A Treviso, a Firenze e adesso anche a Roma. “Il merito è sempre del team, del sistema. Il nostro è un modello vincente perché si basa sull’interazione delle competenze, sul gioco di squadra. L’Italia sulla gestione dell’emergenza immigrazione può insegnare: così come il nostro sistema di protezione civile è un esempio di eccellenza nel mondo, anche quello di governance dell’accoglienza è un punto di riferimento”.

A Firenze dal 2018 al 2020 vive una sfida altrettanto complessa, impegnata in una forte azione antimafia e nella gestione della pandemia Covid-19. A Roma, poi, guida il dipartimento dei Vigili del Fuoco fino a quando assume la direzione del dipartimento Libertà civili e immigrazione e diventa commissario delegato per la gestione dell’emergenza migranti.

“L’immigrazione non è più un fenomeno congiunturale, dobbiamo affrontarlo in maniera strutturale. L’Italia è un pontile nel Mediterraneo, il primo Paese d’accesso dell’Unione europea, questo è il dato da cui dobbiamo partire. Il Governo ha fatto fronte all’impennata straordinaria di arrivi nel 2023 anche con lo strumento della dichiarazione dello stato di emergenza per introdurre misure più speditive e affrontare efficacemente il volume significativo di arrivi dello scorso anno. Vedremo a ottobre se servirà rinnovare queste misure straordinarie”.

L’obiettivo, spiega Laura Lega, è gestire al meglio il fenomeno e valorizzare le migrazioni legali. Spiega che gli accordi promossi dal Governo stanno dando risultati importanti: dal primo gennaio a oggi si sono registrati oltre il 60% di sbarchi in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e del 2022.

Non si sbilancia sul protocollo Italia-Albania siglato a novembre 2023 che prevede l’istituzione di due centri in Albania oltre l’hotspot, uno come centro di permanenza e l’altro per il rimpatrio (Cpr). Il progetto è stato oggetto di polemiche legate non solo alla gestione pratica delle strutture, ma anche al trattamento dei migranti. Gli ultimi dubbi li ha sollevati l’International rescue committee (Irc) che definisce questo approccio “costoso, crudele e controproducente”.

“È un obiettivo sfidante e stiamo dimostrando una capacità – come Paese Italia – di poter attivare una macchina realizzativa in tempi rapidissimi. Mi dispiace davvero che si possa anche solo pensare che quelle strutture siano pensate come campi di detenzione che non tengono in considerazione i diritti fondamentali dei migranti: sono dichiarazioni che offendono il nostro Paese e le nostre amministrazioni. In Albania ci si muoverà sempre in un quadro di stretta legalità, non ci sono sconti”.

Non fa sconti la ‘donna di ferro’, che non si appassiona troppo al dibattito sulle desinenze e l’uso del femminile e preferisce parlare solo di competenza.

“Me lo lasci dire, sono tutti stereotipi. ‘Donna di ferro’ o di ‘acciaio’ non vogliono dire nulla. Non mi innamoro neppure delle questioni di genere e non perché non meritino considerazione, ma perché appartengono al passato. Dovremmo tutti, uomini e donne, essere valutati sulle nostre competenze. Sono lontani i tempi in cui una donna prefetto era considerata troppo emotiva e sensibile per gestire l’ordine pubblico. Il tetto di cristallo in Italia si è rotto da molto tempo, lo dimostriamo ogni giorno e lo hanno ampiamente dimostrato le ministre dell’interno che si sono succedute nei decenni: Iervolino, Cancellieri e Lamorgese”.

A chiudere il cerchio il primo capo del governo donna che, però, chiede di farsi chiamare ‘il’ Presidente del Consiglio. “Il Presidente del Consiglio esprime al massimo livello le qualità migliori che possa avere una figura di vertice chiamata a governare un grande Paese: capacità decisionale, visione, pragmatismo, concretezza. Dobbiamo uscire da questo modo di vedere le cose al maschile o al femminile, meritiamo di andare oltre e guardare la sostanza, non la forma”.

La sostanza, per Laura Lega, sta nei numeri: in Italia le donne prefetto in sede sono 39 e quelle al ministero, nel ruolo di capodipartimento o direttore centrale, sono 19; nel settore dell’amministrazione civile invece le donne rappresentano il 59%. Nel dipartimento guidato da Laura Lega, le donne sono 219 su 343 dipendenti. Il suo staff personale è composto da sole donne.

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