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Test del sangue prevede i rischi per il cuore delle donne

test cuore donne

Prevedere il rischio che ha una donna di ammalarsi di cuore da qui ai prossimi trent’anni, attraverso un semplice prelievo di sangue. È questa la grande promessa di un nuovo test, sviluppato grazie al supporto dei National Institutes of Health statunitensi. L’importante studio, appena presentato a Londra in occasione del congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2024), è stato pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine.

La ‘magia’ predittiva di questo test innovativo si basa sulla misurazione di due diversi tipi di grasso nel sangue – colesterolo Ldl e lipoproteina (a) – e dei livelli di proteina C reattiva (PCR) ad elevata sensibilità, un importante marcatore di infiammazione. “Non possiamo trattare quello che non siamo in grado di misurare – commenta il primo autore dello studio, il professor Paul M. Ridker, direttore del Center for Cardiovascular Disease Prevention del Brigham and Women’s Hospital di Boston (Usa), uno degli ospedali più prestigiosi del mondo – Ci auguriamo dunque che i risultati delle nostre ricerche forniscano uno strumento per individuare in fase davvero molto precoce le malattie cardiache, per poter mettere in atto una prevenzione efficace”.

I ricercatori americani per questo studio hanno raccolto campioni di sangue da circa 28 mila donne americane che hanno preso parte al Women’s Health Study, un grande studio osservazionale iniziato nei primi anni ’90; le donne che vi hanno preso parte avevano all’epoca una media di 55 anni e sono state seguite per 30 anni. In questo lungo lasso di tempo 3.662 di loro hanno presentato un evento cardiovascolare (infarto, ictus, interventi di rivascolarizzazione coronarica o morte per cause cardio-vascolari).

Le partecipanti allo studio sono state divise in cinque gruppi, sulla base dei loro livelli di lipidi (Ldl e lipoproteina (a)) e di PCR del sangue. Gli autori dello studio hanno così evidenziato che le donne con i livelli più alti di colesterolo LDL presentavano un aumento di rischio del 36% di sviluppare nel tempo un evento cardiovascolare e quelle con i livelli di lipoproteina (a) un rischio maggiorato del 33%, rispetto al gruppo con i livelli più bassi. Ma il rischio maggiore per la salute del cuore e dei vasi è risultato correlato ai livelli di PCR; in questo caso le donne con i valori maggiori di PCR presentavano un rischio di rimanere vittime di un evento cardiovascolare del 70% più alto, rispetto a quelle con i valori più bassi.

Considerando insieme tutti e tre questi elementi, dallo studio emerge che le donne con i valori più alti di LDL, lipoproteina (a) e PCR presentavano un rischio aumentato di una volta e mezza di avere un ictus negli anni a venire e un rischio triplicato di infarto rispetto alle donne con i valori più bassi di questi marcatori di rischio.

“Negli ultimi anni – spiega il dottor Ahmed A.K. Hasan del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) americano – abbiamo imparato a capire che livelli elevati di infiammazione interagiscono con i grassi del sangue, provocando un aumento rischio di malattie cardiovascolari”.

Le cellule del sistema immunitario, che in condizioni normali aiutano l’organismo a difendersi dalle infezioni o a riparare le ferite, sono anche in grado di ‘sentire’ se si stia accumulando un eccesso di colesterolo; le cellule immunitarie dunque si ‘attivano’ in risposta alla formazione di placche aterosclerotiche e, così facendo, emettono un Sos, un segnale infiammatorio (PCR) che, se lasciato inascoltato (cioè se non si prendono provvedimenti farmacologici o di stile di vita), crea un ambiente iper-infiammatorio che favorisce la formazione, l’aumento di volume delle placche e la loro rottura, tutti fenomeni alla base di un evento cardiovascolare (ictus, infarto, morte cardiovascolare).

Il take home message di questo studio insomma è molto semplice: se le donne vogliono vivere a lungo mantenendo in buona salute cuore e vasi, bisogna mantenere bassi tutti e tre questi valori nel sangue. Questo significa sottoporsi periodicamente agli esami del sangue e prendere subito provvedimenti (in termini di stile di vita e dove necessario di terapie farmacologiche) nel caso risultassero aumentati.

La strategia

Dieta sana, esercizio fisico regolare, lotta allo stress, tenersi alla larga dal fumo di sigaretta sono i fondamentali della salute.

Per controllare i livelli di colesterolo cattivo (Ldl) sono a disposizione molti tipi di farmaci, dalle statine ai potentissimi inibitori del PCSK9 (dagli anticorpi monoclonali, alla più recente versione siRNA, interferenti brevi dell’RNA).

Per quanto riguarda la lipoproteina (a), alcune nazioni ne raccomandano lo screening universale (o almeno lo screening per le persone con storia familiare di cardiopatia ischemica) perché la sua concentrazione nel sangue è determinata per l’80-90% dall’ereditarietà, mentre lo stile di vita influenza molto poco i valori di lipoproteina (a); anche in questo caso sono a allo studio terapie basate su interferenti dell’RNA (lepodisiran, olpasiran), non ancora approvate per l’uso in clinica. Al momento, l’unico modo per trattare i pazienti con livelli elevatissimi di lipoproteina (a) è l’aferesi delle lipoproteine, una sorta di dialisi che le rimuove dal sangue.

Infine, per quanto riguarda la PCR, lo scorso anno la Fda americana ha approvato l’impiego della colchicina, un vecchio farmaco utilizzato per trattare la gotta, per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari nei soggetti affetti da aterosclerosi con elevati livelli di PCR. Si tratta in assoluto della prima terapia antinfiammatoria approvata per la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari. Sono attualmente allo studio ulteriori terapie anti-infiammatorie innovative.

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