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Isolamento terreno fertile per la rabbia che uccide: i delitti di Sharon e Paderno Dugnago

Sharon

Lasciano sgomenti i delitti di Sharon Verzeni e di Paderno Dugnago. Compiuti senza un motivo apparente, caratterizzati da esplosioni di rabbia assassina, sono accomunati dalla tipologia delle vittime: una giovane donna sola e un ragazzino di 12 anni (il primo a essere colpito dal fratello di 17 anni), “percepiti come più vulnerabili”.

Ad analizzare con Fortune Italia due casi di cronaca che hanno sconvolto l’Italia, il “femminicidio di Sharon Verzeni e la strage familiare di Paderno Dugnago” è lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli e presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. Che, esaminando questi due delitti, punta il dito sull’isolamento sociale. “Premettiamo però che ognuno di questi casi fa storia a sè”, sottolinea Mencacci.

Vittime percepite come più vulnerabili

Moussa Sangare, reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni, ha raccontato di non aver avuto un motivo per un delitto della giovane assassinata con quattro coltellate a Terno d’Isola. Un delitto “che va trattato come un vero e proprio femminicidio: essere donna espone a maggiori rischi“, sostiene lo psichiatra. Non è dunque un caso che, nella ricostruzione post evento, già fossero state aggredite la madre e la sorella del giovane Sangare, continua Mencacci. “C’è un fil rouge che vede alcuni soggetti maggiormente esposti a questo tipo di violenza: il fatto che Sangare avesse minacciato degli adolescenti in precedenza, evidenzia come i più vulnerabili siano percepiti quasi come vittime sacrificali”. In questo gruppo, sottolinea Mencacci, ci sono le donne. 

Non c’è un motivo?

“La causalità del delitto di Terno d’Isola andrà pienamente compresa – continua lo psichiatra – ma appare legata all’isolamento sociale, all’alienazione che, nel caso dell’assassino di Sharon, era particolarmente evidente. L’isolamento intensifica i sentimenti di decisioni impulsive e violente. Come anche l’uso di sostanze, che aumenta enormemente gli episodi di violenza incontrollata. E in questo quadro dobbiamo considerare anche l’alcol, motivo di moltissima violenza”.

Fra reale e virtuale

Ma c’è di più. A essere saltati sono i confini fra reale e virtuale. “Viviamo una continua esposizione a contenuti violenti nei media che, di fatto, desensibilizza i giovani e distorce la comprensione delle conseguenze reali degli atti di violenza. Una perdita della sensibilità di ciò che distingue il reale dal virtuale – dice Mencacci – che fa compiere violenze e aggressioni senza pensare alle conseguenze. Questo aspetto potrebbe entrare anche all’interno della strage familiare a Paderno Dugnano. L‘isolamento sociale sembra essere una caratteristica anche di questo giovane di 17 anni” che in una notte ha eliminato tutta la sua famiglia.

La sua dichiarazione sul malessere provato, un disagio che non scompariva dopo il delitto, ma anche il fatto che la “mattanza sia iniziata con il fratellino – continua Mencacci – evidenzia una dinamica di potenziale gelosia e risentimento, che si è espansa in una violenza allucinante in cui ancora una volta l’elemento dell’alienazione e dell’isolamento sociale hanno contato molto”.

La fragilità dei giovanissimi

Lo psichiatra invita a riflettere sul fatto che “stiamo vivendo ancora le onde lunghe dell’isolamento sociale da Covid. Parliamo di giovani che negli anni del liceo, una fase della vita fondamentale, hanno vissuto un’esperienza che ha creato un terreno fertile per la rabbia. Giovani come quello di Paderno Dugnago sono in fuga da se stessi e lasciano tracce di una violenza travolgente che richiede un intervento. Il tema della solitudine e dell’isolamento dei giovani va insomma affrontato attraverso delle politiche mirate, di connessione intergenerazionale”.

La prevenzione

Ma questi episodi possono essere intercettati e prevenuti? Le vite delle vittime potevano essere salvate? Si pensa sempre ai segnali d’allarme, ma “nel caso di Sharon possiamo dire che c’erano stati degli squilli di tromba. Il tema – insiste lo psichiatra – è che nella penuria di investimenti sul sociale, certi interventi sono sempre più posticipati o rinviati e questo è un danno, perchè contribuisce a una percezione di insicurezza e non protezione. La segnalazione di atti violenti in famiglia ma anche fuori deve essere presa con grandissima serietà”. Insomma, “le denunce non vanno mai trattate come messaggi in una bottiglia”.

Insomma, “abbiamo registrato e segnalato una crescita dell’isolamento nei giovani. Ora occorre intervenire: in UK hanno dato vita a un ministero dedicato alla Solitudine. Abbiamo bisogno che i ragazzi si riconnettano e tornino a immaginare un futuro. Ecco perchè voglio sottolineare come le nostre istituzioni siano poco attente al tema della salute mentale, che non si può affrontare solo pensando agli psicologi di base”, sostiene Mencacci. Un “pannicello caldo, per curare una ferita che pregiudica il futuro del Paese”.

Per intercettare la violenza e fermarla prima che a morire siano quelle che appaiono come vittime sacrificali, ovvero i soggetti più deboli e fragili, “occorre un intervento davvero organico e mirato”, conclude l’esperto.

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