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Un patrimonio da difendere, intervista al presidente ACI Sticchi Damiani

Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia, racconta le sfide già affrontate e quelle ancora da sostenere per tutelare il motorsport italiano. Le infrastrutture, da questo punto di vista, sono fondamentali

Proteggere il ‘Tempio della Velocità’ dal passare del tempo, a 102 anni dalla sua inaugurazione, non è un compito semplice. Riuscirci, racconta Angelo Sticchi Damiani, è fondamentale per difendere il motorsport italiano e non interrompere la storia del Gran Premio d’Italia: è tra i cinque più antichi al mondo. Dal 2013 Sticchi Damiani è presidente dell’Automobile Club d’Italia: nel ruolo di Federazione dell’automobilismo sportivo, l’ACI ha in mano la gestione dell’impianto incastonato nel Parco di Monza (attraverso la società Sias) e ora lavora al rinnovo del contratto con la Formula 1. Quest’anno l’ingegnere-manager termina il suo terzo mandato e si candida a guidare l’Auto-mobile Club d’Italia fino al 2028.

Qual è il suo bilancio sugli ultimi anni?

Siamo riusciti a passare indenni il periodo terribile della pandemia, quando c’è stato un tracollo delle immatricolazioni delle automobili. Questo ha prodotto dei grossi problemi: le entrate del Pra sono cambiate sensibilmente. Altro nodo è stato il Gran Premio d’Italia a Monza. Nel 2020 si è svolto a porte chiuse. Il 2021 è stato un anno difficile, avevamo l’autorizzazione, arrivata pochi giorni prima dell’evento, a vendere solo il 40% dei biglietti. È stato un anno in cui ACI ha rimesso delle somme importantissime: abbiamo dovuto pagare comunque la piena fee della Formula 1. Faticosamente siamo ripartiti. Dal 2022 sono riprese le immatricolazioni. Non siamo ancora arrivati ai numeri del pre-pandemia, ma siamo abbastanza vicini. È stato un quadriennio complicato. Ma abbiamo comunque dimostrato che l’ente è in grado di tenere. La nostra Sara Assicurazioni, di cui possediamo l’80% delle quote, ha fatto degli ottimi bilanci: i dividendi sono stati importanti e ci hanno sostenuto in un periodo difficile.

Il ruolo di ACI nel motorsport nazionale è di primo piano. Qual è lo stato di salute del movimento in Italia?

Lo dico con orgoglio, anche se ovviamente non è solo merito mio, ma di tutta la federazione: siamo i primi per numero di campionati del mondo. Abbiamo la bellezza di due Gran Premi di Formula 1, uno di rally, un campionato Extreme E (dedicato ai Suv elettrici, che dal 2025 saranno alimentati a idrogeno, ndr) e il Wec, il World Endurance Championship, che si è svolto a Imola e così sarà fino al 2028. Siamo anche gli unici in Europa ad avere due Gran Premi F1. È il risultato di anni di grande impegno in cui abbiamo messo a punto delle strutture – attraverso la Direzione Attività Sportiva e la società ACI Sport – in grado di sostenere le difficoltà. Quelle maggiori ci sono state per il Gran Premio d’Italia a Monza. Stiamo lavorando per mantenere in Italia entrambi i Gran Premi, ma non sarà facile.

Perché?

Nel 2025 scadranno entrambi i contratti. Per Monza abbiamo iniziato le trattative (con la Formula 1, ndr) già da qualche mese. Normalmente si rinnova il contratto due anni prima della scadenza: abbiamo accumulato un po’ di ritardo perché c’erano ancora cose da definire. Ma ora abbiamo completato i lavori urgenti per la sicurezza del pubblico, soprattutto quella dei pedoni, allargando i sottopassi esistenti e creandone uno nuovo. In passato erano necessarie una serie di ordinanze per far uscire prima i pedoni, poi le macchine… insomma, era un problema vero e lo abbiamo risolto. Abbiamo finito con qualche giorno di anticipo rispetto alla scadenza. Sono stati lavori complicati dal meteo e dalla pioggia record in Lombardia, ma abbiamo la voglia e l’entusiasmo di fare tante cose per Monza, un autodromo che ha compiuto 102 anni. E che per certi versi li dimostra.

Un esempio?

La pista ad alta velocità è una cosa straordinaria, uno degli elementi più iconici dell’autodromo, ma ora va recuperata. Per farlo è fondamentale che ci siano i finanziamenti (la stima è di 45 mln di euro, ndr). Nel discutere il contratto con la Formula 1 dobbiamo dare alcune garanzie sui lavori che devono essere fatti entro il 2025 con la possibilità di spostare qualche scadenza al 2026 (un discorso simile vale per Imola, che potrebbe recuperare nel 2026 il Gran Premio saltato nel 2023 per l’alluvione, ndr). I tempi purtroppo sono lunghi: noi siamo un ente pubblico e questi appalti dovranno seguire tutte le procedure. Tra i lavori da completare ci sono i pad-dock club, da cui la Formula 1 ricava importanti entrate, che dovrebbero compensare una fee che non sia molto più alta rispetto all’attuale.

A quanto ammonta?

Paghiamo 20 mln di euro fissi l’anno. Credo che siamo tra le fee più basse in assoluto; Imola, che paga 25 mln, ha però il 3% di aumento all’anno. Sono cifre importanti e ACI per Monza ha fatto fronte con risorse proprie: dal 2017 a oggi abbiamo investito 46 mln di euro. Sui lavori non possiamo mettere risorse, perché l’immobile non è di nostra proprietà. Anche se abbiamo sino al 2028 la concessione dell’auto-dromo, significherebbe appesantire notevolmente il bilancio dell’ente.

Le difficoltà hanno già impattato sui costi per i lavori di Monza.

Avevamo un business plan del 2019 che con 77 mln di euro ci avrebbe consentito di fare tutto. Ma per cause esterne abbiamo avuto un aumento dei costi che va dal 40 al 50%, 30-40 mln. Intanto siamo riusciti a rivedere alcune scelte progettuali, scegliendo soluzioni più innovative, facendo molte più cose e risparmiando, evitando di chiedere più soldi oltre a quella quota obbligata del 40-50%. Per noi in questo momento la priorità è chiudere il rinnovo del Gran Premio, almeno per cinque anni. Potremmo discutere anche di rinnovare per dieci. Tutto questo naturalmente dovrà essere concordato con le istituzioni.

Il tema delle infrastrutture sportive in Italia è sempre molto discusso.

È fondamentale anche per il motor-sport, sia per le gare che si svolgono su circuito che quelle che si svolgono su strada. Questi eventi sul territorio portano grandi benefici dal punto di vista economico.

Parliamo di mobilità. In passato ha ricordato che rinnovare il parco circolante è una questione di sicurezza e ambientale. Ma in Italia c’è un paradosso.

Aver insistito tanto su questo punto ha prodotto dei risultati. In Italia le prime tre campagne di rottamazione hanno portato al paradosso che i nostri 3 milioni di mezzi Euro 0 sono sempre lì: si è visto addirittura che sono rottamate più Euro 6. Evidentemente le auto più vecchie sono di famiglie che non possono aggiungere la quota che manca, dopo la rottamazione, per arrivare a comprare un’automobile nuova. Il Governo ci ha ascoltato nell’incentivare e dare un maggiore contributo in base all’Isee. Inoltre, più è vecchia l’automobile, più si ottiene dallo Stato. Altra misura utile potrebbe essere il noleggio a lungo termine sociale finanziato pubblicamente, con una rata mensile bassa per incentivare la sostituzione dell’auto con una soluzione tutto incluso. È l’unico modo per finanziare la sostituzione del parco circolante.

In che modo si inserisce nel di-scorso il tema delle auto storiche e la differenza con le auto ‘vecchie’?

Anche qui c’è un paradosso: la stessa identica automobile, nello stesso stato di conservazione, se ha pagato una tassa di iscrizione a una certa associazione e ha fatto la relativa certificazione entra nella zona verde di una città.

L’altra no. Riteniamo che sia giusto che la valutazione sia in mano al ministero delle Infrastrutture, e non ai privati. Altrimenti si fanno figli e figliastri.

Altra misura utile potrebbe essere il noleggio a lungo termine sociale finanziato pubblicamente, con una rata mensile bassa per incentivare la sostituzione dell’auto con una soluzione tutto incluso. È l’unico modo per finanziare la sostituzione del parco circolante.

In che modo si inserisce nel di-scorso il tema delle auto storiche e la differenza con le auto ‘vecchie’?

Anche qui c’è un paradosso: la stessa identica automobile, nello stesso stato di conservazione, se ha pagato una tassa di iscrizione a una certa associazione e ha fatto la relativa certificazione entra nella zona verde di una città.

L’altra no. Riteniamo che sia giusto che la valutazione sia in mano al ministero delle Infrastrutture, e non ai privati. Altrimenti si fanno figli e figliastri.

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