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Microbioma degli alimenti sotto la lente: l’effetto sulla salute umana

alimenti

Ognuno di noi ospita miliardi di batteri, funghi e virus. Un mondo invisibile di microrganismi collegati a doppio filo, ci dice la ricerca, con la nostra salute. Ebbene, se l’intestino è ormai noto come secondo cervello, anche il cibo che mangiamo contiene microbi, che possono influenzare la qualità dell’alimento e il microbioma umano.

I microbi presenti negli alimenti

A mettere sotto il microscopio i microbi degli alimenti è stato un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal Dipartimento Cibio dell’Università di Trento e di cui fa parte anche il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II: il team ha creato un database del “microbioma alimentare” con i metagenomi (collezione di geni sequenziati dall’ambiente) di 2.533 alimenti diversi. Questo lavoro ha permesso di identificare 10.899 genomi di microbi associati al cibo, metà dei quali appartenenti a specie fino ad ora sconosciute.

Non solo: grazie a questo studio si è visto che i microbi associati al cibo rappresentano in media fino al 3% del microbioma intestinale di una persona adulta e al 56% del microbioma intestinale di un bambino. Insomma, siamo ciò che mangiamo fin da bambini, come conferma lo studio su ‘Cell’.

Il database

Il team ha sviluppato un database fondamentale per la caratterizzazione degli alimenti da dati metagenomici, aprendo nuovi scenari per migliorare la qualità, la sicurezza e la sostenibilità degli alimenti. Uno strumento, spiegano i ricercatori, che permetterà di affrontare sfide globali come lo spreco alimentare e la resistenza antimicrobica, aumentando la sicurezza alimentare attraverso lo studio dei microrganismi che caratterizzano un ambiente.

“La disponibilità di un database così vasto – commenta Danilo Ercolini, direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico – rappresenterà una risorsa molto importante per studiare la presenza e il ruolo dei microrganismi negli alimenti e nei processi di lavorazione, con l’obiettivo finale di migliorarne la qualità, la sicurezza e la sostenibilità”.

MASTER, acronimo di “Microbiome Applications for Sustainable food systems through Technologies and EnteRprise”, è un progetto finanziato dall’Unione Europea nell’ambito di Horizon 2020. Iniziato a gennaio 2019, ha visto il coinvolgimento di 29 partner con l’obiettivo di caratterizzare i microbiomi in diversi ambienti alimentari e non alimentari utilizzando tecnologie di sequenziamento innovative. Lo studio è stato guidato da team dell’Università di Napoli Federico II e dell’Università di Trento (Italia), in collaborazione con Teagasc (Irlanda), Consiglio Superiore di Ricerca Scientifica e Università di León (Spagna), MATIS (Islanda) e FFoQSI (Austria).

La metagenomica

Normalmente i microbi presenti negli alimenti sono coltivati in laboratorio, con un processo molto lento e non adatto a tutti i tipi di microrganismo. Per caratterizzare il microbioma alimentare in modo più completo, il gruppo di ricerca ha sfruttato la metagenomica, che permette di sequenziare simultaneamente l’intero materiale genetico di un campione alimentare. Complessivamente, sono stati analizzati oltre 2.500 metagenomi provenienti da 50 Paesi, inclusi 1.950 metagenomi sequenziati per la prima volta.

Sono stati individuaticosì 10.899 genomi di microbi associati agli alimenti, classificati in 1.036 specie batteriche e 108 fungine. Il gruppo di ricerca ha inoltre osservato che alimenti simili tendono a ospitare microbi simili ma non identici, con una maggiore varietà tra i latticini.

“Ora – racconta Nicola Segata, co-senior author dello studio e microbiologo computazionale dell’Università di Trento e dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo) di Milano – potremo utilizzare questi dati per comprendere meglio come la qualità, la conservazione, la sicurezza e altre caratteristiche degli alimenti siano collegate ai microbi che contengono”.

Buoni e cattivi

La buona notizia è che sono stati individuati pochi batteri potenzialmente patogeni. Inoltre la ricerca ha identificato alcuni microbi meno desiderabili per l’impatto sul sapore o sulla conservazione del cibo. Queste informazioni potrebbero servire per migliorare degli alimenti.

“Alcuni microbi sono presenti con funzioni simili in alimenti molto diversi”, sottolinea Segata. “Allo stesso tempo, abbiamo dimostrato che gli alimenti che provengono da una specifica struttura o azienda agricola presentano caratteristiche uniche. Questo potrebbe aiutare a determinare le specificità e le eccellenze di una singola zona di produzione. Potremmo addirittura usare la metagenomica per identificare gli alimenti provenienti da un determinato luogo e un determinato processo produttivo”. Un procedimento utile anche per risalire alla fonte di tossinfezioni alimentari.

Il lavoro suggerisce inoltre “che alcuni dei nostri microbi intestinali potrebbero essere acquisiti direttamente dal cibo, o che storicamente le popolazioni umane hanno ottenuto questi microbi dal cibo e poi questi microbi si sono adattati per diventare parte del microbioma umano. Potrebbe sembrare una piccola percentuale, ma quel 3% può essere estremamente rilevante per funzione e ruolo all’interno del nostro organismo”, conclude il ricercatore, convinto che il database potrà aiutare gli scienziati a comprendere in che modo le proprietà microbiche degli alimenti influiscono sulla salute umana.

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