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Guardare oltre le medaglie: parla Andrea Abodi

“Lo sport è benessere, la nostra missione è renderlo accessibile a tutti”, il ministro Andrea Abodi ha il dono della chiarezza. “Fino ad oggi – scandisce il titolare del dicastero dedicato a sport e giovani – l’attenzione è stata focalizzata principalmente sul medagliere e sulle vittorie, nelle competizioni agonistiche l’Italia eccelle in tante discipline. Adesso c’è l’esigenza di concentrare l’impegno su come rendere lo sport davvero per tutti, indipendentemente dall’età, dal ceto sociale e dalla geografia. Lo sport è fondamentale per la salute psicofisica delle persone e il nostro impegno darà sempre più sostanza al suo contributo alla qualità della vita”.

Ministro Abodi, partiamo dalle cose semplici: gli abbonamenti per palestre e piscine. In altri Paesi sono interamente detraibili, in Italia no.

È una delle proposte del pacchetto che presenteremo al ministero dell’Economia in vista della prossima legge di Bilancio. Sappiamo che non tutto si può fare, ci sono vincoli di finanza pubblica, ma mi sembra doveroso dare un segnale concreto alle famiglie, a partire dalle monoreddito e con più figli. Oggi il contributo riguarda tutti, indistintamente, per un tetto massimo di 200 euro. Avvertiamo la responsabilità di una svolta, anche per dare un senso compiuto alla riforma dell’articolo 33 della Costituzione che il Parlamento ha approvato all’unanimità lo scorso anno, con tutto il nostro sostegno, riconoscendo il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. Valore che dobbiamo trasformare in diritto allo sport per tutti.

A Caivano, con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni avete inaugurato un nuovo centro sportivo intitolato a Pino Daniele e gestito dalle Fiamme Oro. Ma quante sono le Caivano d’Italia? 

È nostra intenzione replicare quel modello altrove, a partire dai luoghi del disagio, rafforzando la presenza dello sport che consideriamo una difesa immunitaria sociale. Abbiamo elaborato un primo dossier con l’elenco degli impianti abbandonati o incompiuti. Se a Caivano purtroppo si è intervenuti a crimini già consumati, è nostro dovere prevenire la cronaca. Bisogna riqualificare e rinnovare le strutture esistenti, assicurando un modello di gestione adeguato. È un modo per affiancare l’educazione civica a quella sportiva.

Anche in materia sportiva, la scuola italiana disegna un Paese a macchia di leopardo.

Se i successi nel medagliere sono facilmente quantificabili, non accade altrettanto per l’accesso allo sport in maniera diffusa. L’Italia è in cima alla classifica Ocse per i costi della sedentarietà, stimati in circa 4 miliardi di euro. Il 55% delle scuole è privo di una palestra; l’educazione fisica, dove si fa, è limitata a un paio di ore settimanali, e nelle prime tre classi delle elementari è gestita da maestre e maestri, non da laureati in Scienze motorie.

L’ipotesi da lei ventilata di trasferire le attività degli Enti di promozione sportiva sotto il ministero dello Sport ha suscitato una canea di polemiche.

La mia era una delle ipotesi, immaginando un nuovo assetto del sistema sportivo italiano, ma siamo già oltre. In generale, cerco di concentrarmi sugli obiettivi per individuare poi gli strumenti più funzionali. Sin dall’inizio del mio mandato, ho indicato una linea di indirizzo precisa, con l’auspicio che possa avere continuità anche al di là del governo in carica. Le Federazioni e le discipline sportive associate, solitamente, sono più orientate alla pratica agonistica e alla competizione, mentre gli Enti prestano maggiore attenzione alla dimensione sociale dello sport. Io punto a una maggiore rappresentanza degli Enti di promozione sportiva all’interno degli organi, e quindi a un Consiglio nazionale dello sport più ampio, inclusivo e rappresentativo.

Esiste il rischio di ingerenze della politica nello sport?

È un rischio che non vedo, tanto più se lo sport mostra una autonoma capacità non solo di autogoverno ma anche di autoriforma. Spesso la politica è costretta a intervenire a causa della incapacità dello sport di dare risposte. Noi abbiamo il dovere della efficacia: più lo sport è in grado di agire, con il giusto coordinamento con l’Autorità vigilante, meno la politica interviene. Non intendiamo muoverci oltre il perimetro fissato dalle norme interne e dalle regole che sovrintendono il funzionamento degli organismi sovranazionali. Né un centimetro in più, né un centimetro in meno.

Non di rado, i vertici di ministero e Coni appaiono su posizioni contrastanti. La dialettica rafforza o indebolisce la vostra azione?

La dialettica è un motore fondamentale, indispensabile, soprattutto quando avviene su piani equilibrati e con il dovuto rispetto reciproco. Lo sport ha sempre goduto di piena autonomia ma sarebbe sbagliato non ammettere che negli ultimi quindici anni sia mancata la capacità di autoriformarsi. Dal momento che il Governo ha un’idea ben precisa del modello sportivo da promuovere, è normale che si instauri una dialettica. Ciò che conta è che lo scambio sia sempre funzionale all’obiettivo, nell’esclusivo interesse generale.

Purché si concordi sull’obiettivo.

Il nostro obiettivo è lo sport per tutti. Vogliamo un Paese che si alzi in piedi e non viva seduto. È un fatto di salute mentale, oltre che fisica. Nella nostra visione, lo sport deve essere uno strumento di contrasto non solo della sedentarietà, ma anche di devianze, dipendenze e disagio sociale. Sogniamo un’Italia capace di crescere e migliorare anche grazie allo sport, a qualsiasi età.

Agli Europei di calcio, la Nazionale azzurra non è riuscita a qualificarsi neanche ai quarti. Con le squadre affollate di giocatori stranieri si è smesso di investire nei settori giovanili?

In parte sì. Quando oltre i due terzi dei calciatori di Serie A sono stranieri, si mostra una scarsa fiducia nella scuola italiana. Per le società, anche sul piano finanziario, può risultare più conveniente mettere sotto contratto un giocatore straniero. Mi auguro che si possano rapidamente determinare nuove condizioni, più favorevoli, diciamo degli incentivi per invertire la rotta, per tornare a puntare sulla scuola italiana. Del resto, come dimostrano i risultati sul campo delle nazionali under, la vena di giovani talenti italiani non è completamente sclerotizzata, ma c’è bisogno di un cambio di approccio culturale da parte di dirigenti e allenatori, c’è bisogno di maggiori competenze, lungimiranza e coraggio. D’altro canto, a parte il calcio, il medagliere azzurro sta eccellendo in tutti gli sport mostrando una straordinaria vivacità e qualità delle nostre atlete e dei nostri atleti, in discipline olimpiche, paralimpiche e non solo.

A proposito del calcio, tra giocatori tatuati, gossip e calcio scommesse, si parla di un ‘declino morale’ che porta con sé la scarsa propensione al sacrificio e al gioco di squadra. 

Il problema esiste ma è causato da ben altri fattori e responsabilità che riguardano i giocatori, ma anche manager e dirigenti, perciò auspico una maggiore capacità di analisi e autocritica da parte di tutti. Confido anche in un nuovo progetto tecnico che riguardi tutto il Club Italia, a partire da una scuola di allenatori federali.

I risultati della Nazionale, espressione esclusiva del talento domestico, testimoniano dei passi indietro mentre i risultati delle squadre di club – dove giocano soprattutto stranieri – testimoniano dei passi avanti. Non intendiamo rassegnarci a questa asimmetria.

Lei ha auspicato dei cambiamenti ma i registi della débâcle non sembrano aver colto il senso della sua richiesta.

Mi auguro che ci sia una capacità di reazione. La cosa più importante anche nei momenti difficili è l’assunzione di responsabilità e la capacità di comprendere le ragioni di una serie di sconfitte. Io intendo dare il mio contributo affinché nulla resti com’è. Servono riflessioni e cambiamenti significativi anche a livello tecnico, così come sono certo che rifletteranno i vertici federali, fermo restando la democrazia interna dei vari organismi. Ai vertici si viene eletti, non nominati.

La sua idea di un’agenzia per il controllo dei conti dei club professionistici sta prendendo forma. Come funzionerà?

Si tratta di una commissione indipendente della quale faranno parte, tra gli altri, anche il presidente dell’Inps e il dg dell’Agenzia delle Entrate. Da un lato, questo organismo servirà a garantire controlli puntuali e diffusi per verificare l’equilibrio economico finanziario dei club e il rispetto degli adempimenti nei confronti dei tesserati, degli associati e dell’erario; dall’altro, consegnerà le risultanze agli organi competenti delle federazioni interessate. L’obiettivo è assicurare controlli terzi, efficaci e trasparenti, che riguardino anche gli assetti proprietari delle società, nel rispetto delle norme e dei criteri federali, rispettandone l’autonomia.

Il momento più emozionante di questi quasi due anni da ministro?

Senza dubbio, il giuramento. È stato per me un momento non solo formale, che rinnovo ogni giorno. Il senso del dovere, dell’onore e della responsabilità, associati al ruolo. Nella quotidianità invece mi emozionano gli incontri con i bambini, nelle scuole o negli impianti sportivi, un’esperienza che restituisce il senso profondo della missione della quale siamo investiti. E poi mi emoziono per le vittorie delle nostre atlete e dei nostri atleti azzurri, cosa che peraltro accade spesso. L’emozione della maglia azzurra, della bandiera e dell’inno, la sensazione di essere partecipi di un risultato, anche se non hai dato alcun contributo.

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