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Sla: torna a parlare grazie a un’interfaccia cervello computer

sla Nicholas Card getting the BCI system ready/Credits UC Regents

Si moltiplicano le scoperte scientifiche all’insegna del transumanesimo, ovvero l’utilizzo di  ricerca e tecnologie per superare disabilità e lesioni dovute a incidenti o malattie, aumentando le capacità fisiche e cognitive degli esseri umani.

Questa volta la notizia arriva dagli Stati Uniti: una nuova interfaccia cervello-computer (BCI) sviluppata presso l’UC Davis Health traduce i segnali cerebrali delle persone in linguaggio con una precisione del 97%. Si tratta, assicurano gli scienziati, del sistema più accurato di questo genere mai realizzato.

Protegonista della sperimentazione, descritta passo dopo passo sul ‘New England Journal of Medicine’, è un uomo con una grave compromissione del linguaggio dovuta alla sclerosi laterale amiotrofica (Sla), cui il team ha impiantato dei sensori nel cervello. L’uomo è stato in grado di comunicare entro pochi minuti dall’attivazione del sistema. E i risultati della ricerca hanno commosso gli scienziati.

La Sla e il linguaggio

Nota anche come morbo di Lou Gehrig, la Sla colpisce le cellule nervose che controllano i movimenti in tutto il corpo e porta a una graduale perdita della capacità di stare in piedi, camminare e usare le mani. Può anche causare la perdita del controllo dei muscoli utilizzati per parlare, con conseguente incapacità di esprimersi e farsi comprendere.

La tecnologia

La nuova tecnologia è in fase di sviluppo ed è rivolta proprio a persone che non riescono a parlare a causa di paralisi o condizioni neurologiche come appunto la Sla. È capace di interpretare i segnali cerebrali quando l’utente cerca di parlare, trasformandoli in un testo che viene poi “pronunciato” ad alta voce dal computer. Ma qui viene il bello: il sistema non usa una voce qualunque, come vedremo a breve.

“La nostra tecnologia BCI ha aiutato un uomo paralizzato a comunicare con amici, familiari e assistenti”, ha affermato il neurochirurgo dell’UC Davis David Brandman. “Il nostro articolo dimostra che si tratta della neuroprotesi vocale (dispositivo) più accurata mai segnalata”.

Brandman è il co-ricercatore principale e co-autore senior di questo studio, oltre ad essere professore associato presso il Dipartimento di chirurgia neurologica dell’UC Davis e co-direttore dell’UC Davis Neuroprosthetics Lab.

Abbattere le barriere

Ma come funziona questa tecnologia? Quando qualcuno cerca di parlare, il dispositivo trasforma l’attività cerebrale in testo sullo schermo di un computer. Il computer può quindi leggere il testo ad alta voce. Per sviluppare il sistema, il team ha arruolato Casey Harrell, un uomo di 45 anni affetto da Sla all’interno dello studio clinico BrainGate (nella foto principale, con l’autore principale dello studio Nicholas Card/Credits UC Regents). Al momento dell’arruolamento, Harrell aveva una tetraparesi. Il suo linguaggio era molto difficile da capire e richiedeva l’aiuto di altri per interpretarlo.

Nel luglio 2023 Brandman ha impiantato il dispositivo sperimentale, posizionando quattro array di microelettrodi nel giro precentrale sinistro, una regione del cervello responsabile del coordinamento del linguaggio. Gli array sono progettati per registrare l’attività cerebrale da 256 elettrodi corticali.

“Stiamo davvero rilevando il tentativo di muovere i muscoli e parlare”, ha spiegato il neuroscienziato Sergey Stavisky. Stavisky è professore associato presso il Dipartimento di chirurgia neurologica. È co-direttore dell’UC Davis Neuroprosthetics Lab e co-ricercatore principale dello studio. In pratica, il team registra l’attività della “parte del cervello che sta cercando di inviare questi comandi ai muscoli. Fondamentalmente stiamo ascoltando” il cervello, “e stiamo traducendo quegli schemi di attività cerebrale in un fonema, come una sillaba, e quindi nelle parole che i pazienti stanno cercando di pronunciare”.

Formazione più rapida, risultati migliori

Nonostante i recenti progressi nella tecnologia BCI, gli sforzi per consentire una comunicazione sono stati lenti e soggetti a errori. Questo perché i programmi di apprendimento automatico che interpretavano i segnali cerebrali richiedevano una grande quantità di tempo e dati.

“I precedenti sistemi vocali presentavano frequenti errori di parole. Ciò rendeva difficile per l’utente essere compreso in modo coerente e rappresentava di fatto una barriera alla comunicazione”, ha spiegato Brandman. “Il nostro obiettivo era sviluppare un sistema che consentisse a una persona di essere compresa ogni volta che voleva parlare”.

Voce umana

Harrell ha utilizzato il sistema sia in contesti di conversazione sollecitati che spontanei. In entrambi i casi, la decodifica vocale è avvenuta in tempo reale, con continui aggiornamenti del sistema per mantenerlo accurato. Le parole decodificate sono state mostrate su uno schermo. Incredibilmente, poi sono state lette con una voce che sembrava proprio quella di Harrell prima che avesse la Sla. Questa voce artificiale è stata composta utilizzando un software addestrato con campioni audio esistenti della voce del paziente prima della malattia.

Un vocabolario ricco

Nella prima sessione di addestramento, il sistema ha impiegato 30 minuti per raggiungere il 99,6% di accuratezza con un vocabolario di 50 parole. “La prima volta che abbiamo provato il sistema, ha pianto di gioia quando le parole che” il paziente “stava cercando di dire correttamente sono apparse sullo schermo. Lo abbiamo fatto tutti”, ha affermato Stavisky.

Nella seconda sessione, la dimensione del vocabolario potenziale è aumentata a 125.000 parole. Con solo 1,4 ore aggiuntive di addestramento, il sistema ha raggiunto un’accuratezza del 90,2% con un vocabolario notevolmente ampliato. Mantenendo alla fine un’accuratezza del 97,5%.

Non solo Sla

“A questo punto, possiamo decodificare ciò che Casey sta cercando di dire correttamente circa il 97% delle volte, il che è meglio di molte applicazioni per smartphone disponibili in commercio che cercano di interpretare la voce di una persona“, ha affermato Brandman.

Le ricadute della ricerca non riguardano solo la Sla. “Questa tecnologia è trasformativa perché offre speranza alle persone che vogliono parlare ma non ci riescono. Spero che una tecnologia come questa aiuti in futuro i pazienti a parlare con la famiglia e gli amici”, è l’auspicio dello studioso.

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