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AI e robotica, il paradosso del marketing

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Quanto ci ispirano, come possibili strumenti di crescita e sviluppo? E quanto invece li temiamo, come potenziali intrusioni nel nostro consolidato schema di vita e di lavoro? Il dualismo è pesante. E, probabilmente, siamo di fronte ad un bivio o stiamo comunque per incontrarlo, seppur in modo diverso tra professioni e funzioni. Ma la domanda si pone. Perché AI e robotica stanno già modificando profondamente molti percorsi. E soprattutto sono destinati sempre di più a diventare protagonisti di meccanismi di scelta, non solo in campo medico, spesso senza che nemmeno ce ne accorgiamo.

E se l’uomo avrà sempre l’ultima parola, come spesso si dice, il dubbio che qualcosa possa sfuggire di mano viene. Così come si comprende la soggezione verso qualcosa che è ancora difficile comprendere, ma che è destinato ad impattare sulle nostre vite, più di quanto già non faccia. 

Una soluzione possibile è fare in modo che la grande rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale (AI) passi in modo “silenzioso” vicino a noi. Ovvero che non ci venga posto il problema, per far sì che in qualche modo non ci “tocchi”.

Questo, anche se può sembrare strano, per ora potrebbe essere addirittura d’aiuto nelle scelte commerciali. Pensate: una ricerca apparsa su Journal of Hospitality Marketing & Management, condotta dagli esperti della Washington State University coordinati da Mesut Cicek, dimostra che quando si tratta di prodotti tecnologici inserire nelle informazioni per gli acquirenti la voce “AI” potrebbe risultare controproducente per le aziende.

Lo studio si basa su sondaggi condotti su più di 1000 adulti negli Usa ed è stato sviluppato per valutare la relazione tra la divulgazione dell’intelligenza artificiale e il comportamento dei consumatori. Ebbene, quando si parla di AI il consumatore tende a limitare la fiducia emotiva nel prodotto che va a scegliere, con conseguente impatto sulle intenzioni d’acquisto. Tra i test effettuati, gli esperti d’Oltreoceano hanno valutato quanto e come di fronte a modelli di smart tv descritti in modo del tutto simile (ma in un gruppo era sottolineato il termine Intelligenza Artificiale), la presenza di questo parametro tendeva a orientare la scelta sull’altro modello.

Insomma, chi ha visto l’AI inclusa nella descrizione del prodotto ha indicato di essere meno propenso ad acquistare la tv. Questo tipo di percorso tende a ripetersi, secondo la ricerca, soprattutto per prodotti e servizi “ad alto rischio”, quelli per cui le persone si sentono comunemente più incerte o ansiose di acquistare, come costosi dispositivi elettronici, dispositivi medici o servizi finanziari.

Sintesi finale. C’è bisogno di conoscenza e di informazione. Ma soprattutto occorre crearsi una cultura, quando si parla dell’AI come di robotica. Magari partendo dal passato, dal viaggio plurisecolare della fantascienza, per capire come approcciare il futuro.

E allora? Allora può aiutarci la lettura di “Robot Story – Dal mito dell’uomo meccanico all’alba dell’intelligenza artificiale” (Delos Digital) di Remo Guerrini, giornalista professionista da oltre 50 anni e fondatore di Focus, che ha diretto per diversi anni, oltre che autore di fantascienza.  Appassionato da sempre di fantascienza, ha esordito nel lontano 1979 con un romanzo edito da SFBC, Science Fiction Book Club. Attualmente si occupa di Intelligenza Artificiale Generativa.

Il volume prova a ripercorrere, tra realtà e fantasia ma sempre con una ferrea logica scientifica ed attenzione alle fonti, quasi trenta secoli, dai miti del passato più oscuro all’high tech di oggi. Con la sensazione che si stia giungendo al termine di un percorso antico, iniziato ai tempi delle ancelle d’oro raccontate da Omero e del gigante di bronzo costruito da Efesto. E con il mito che è diventato realtà con la robotica, prima ipotizzata in letteratura a inizi Novecento, poi compagna di racconti e di cinematografia, per giungere fino alla domanda finale.

L’AI sarà il principio della fine o la fine di un principio? Scoprirlo sarà importante, nella storia dell’uomo. E sarà basilare farlo proprio grazie alla conoscenza, magari passando attraverso l’esperienza di letterati come Karel Capek, narratori come Isaac Asimov, visionari del cinema come Stanley Kubrick, geniali precursori come Alan Turing e John von Neumann, poeti della matematica e ingegneri della mente. 

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