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Lavoro al pc e sedentarietà, le alternative salva schiena

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Volendo fare gli intellettuali, potremmo parlare di sindrome ipocinetica. Ma se più aggrada, diciamo che il mondo delle patologie e dei fattori di rischio deve tenere sempre più conto di un termine che rappresenta la tremenda realtà per molte persone: sedentarietà.

Non c’è dubbio che trovare il tempo e il modo per staccarsi dalla scrivania, evitare di sprofondare nel divano e muoversi diventa sempre più difficile. E il lavoro davanti al computer o al tablet, quasi senza soluzione di continuità, diventa una realtà quotidiana per tutti. Questo ingrediente, nella ricetta della sedentarietà, è ormai una componente di base.

Non per niente, chi rimane per gran parte del proprio tempo lavorativo al computer tende ad essere più facilmente vittima di dolori di natura muscolare ed articolare, a volte si sente più stanco, pone le basi per i dismetabolismi e non solo.

E allora? Allora ci vuole una soluzione. O, meglio, si può provare a vedere come e quanto le diverse alternative possibili sono in grado di migliorare la situazione, influendo anche sulla produttività e quindi sull’ottimale organizzazione aziendale. Tentare di disegnare caso per caso come comportarsi non è certo semplice. Ma si può anche cercare di capirne di più.

Ed è quello che hanno fatto alcuni studiosi della Scuola di Sanità Pubblica della Texas A&M University, in una ricerca che ha misurato per dieci giorni l’utilizzo del computer e i livelli di attività di una popolazione di impiegati per valutare eventuali disagi e magari provare a proporre possibili rimedi. La ricerca è apparsa su IISE Transactions on Occupational Ergonomics and Human Factors, ed è stata condotta da esperti (primo nome Tricia Lynn Salzar) che hanno provato a valutare quanto e come la posizione di lavoro può influire sulle dinamiche del benessere della persona e sul rischio di sedentarietà, partendo proprio dal monitoraggio del pc come indicatore della produttività sul lavoro, ovviamente in relazione alla posizione impiegata alla work station.

I partecipanti alla ricerca sono stati inseriti in tre gruppi di studio in base al tipo di postazione di lavoro utilizzata. Le postazioni di lavoro in piedi sono state definite come aventi una superficie di lavoro fissa più o meno all’altezza del gomito in posizione eretta, in combinazione con uno sgabello da disegno o una sedia con un cilindro esteso. Sono invece stati considerati seduti i soggetti che agivano su un piano di lavoro completamente regolabile in altezza abbinato ad una sedia da ufficio tradizionale, stando appunto su una sedia da ufficio.

Sono stati ovviamente considerati anche i fattori potenzialmente confondenti, come poggiapiedi, bracci per monitor, ripiani per tastiera o tappetini antifatica. Infine sono stati considerati i tempi di permanenza sulla postazione di lavoro. Ai partecipanti è stato anche chiesto se dovevano fare i conti con dolori o comunque fastidi al collo, alla parte superiore della schiena, alla parte bassa della schiena, alla spalla, al polso e alla mano, ai fianchi, alle ginocchia, alle caviglie e ai piedi. Il tutto, con un occhio alla produttività, oltre che all’attività fisica.

Stando ai risultati, i clic digitali sono stati pressoché simili in tutte le popolazioni considerate. Ma attenzione: a fronte di circa due persone su tre che hanno riferito dolori al collo e dell’80% del gruppo con postazione di lavoro tradizionale che ha segnalato fastidi alla parte bassa della schiena, questa condizione è stata osservata ‘solo’ nel 51,7% del gruppo in piedi. Il tutto, con un maggior consumo di energia da parte di chi lavora in piedi e in chi si alza frequentemente.

Sia chiaro. Si tratta di una semplice analisi. E probabilmente, le preferenze personali sono alla base della scelta della posizione da assumere al lavoro, per evitare di trovarsi troppo a lungo con la testa china, le gambe che non si muovono o altro. L’importante è riflettere. Magari ricordando lo spunto che viene da questa analisi, precisa ma comunque realizzata su qualche decina di persone, che pure suggerisce di alzarsi spesso dalla sedia o di optare per un lavoro in piedi. In un ambiente che sempre più dovrà essere ergonomico, attento alle posture e all’eccessiva sedentarietà, questo è motivo di riflessione. Predisporre modalità operative e scrivanie alternative, magari rinunciando alla scomoda seggiola del travet di un tempo, potrebbe aiutare il benessere globale di chi lavora. Oltre a combattere il mal di schiena.

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