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L’importanza di spiegare la malattia di Alzheimer ai più piccoli

nonno nipote

In base a dati recenti il numero dei nonni con la malattia di Alzheimer che hanno nipoti in tenera età è in aumento non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Per tale motivo parlare o no della malattia con i piccoli è una tematica non solo molto attuale, ma anche una decisione importante.

Non c’è dubbio che una situazione come questa sia spesso difficile da gestire nei riguardi della persona colpita, dei bambini e per l’intera famiglia. È comprensibile, oserei dire quasi normale, la tendenza naturale di alcuni adulti di fronte a questa situazione di evitare l’argomento o non parlarne affatto e nascondere la condizione per proteggere i bambini da uno stress inutile o da non ben precisati disturbi psicologici che l’argomento potrebbe generare. Tuttavia penso che, nonostante questi rischi, la regola generale dovrebbe essere quella di non nascondere la verità ai più giovani.

È importante, infatti, che essi comprendano effettivamente le ragioni del comportamento strano o dei “buchi di memoria” e delle “dimenticanze” che il nonno (o la nonna, o il vecchio zio) ha manifestato nelle ultime settimane o mesi.

In certi casi, può esserci la tentazione di spiegare cosa sta succedendo all’anziano di famiglia usando giustificazioni generiche come: “Non preoccuparti, il nonno è semplicemente vecchio”, oppure “dimenticare è normale quando si invecchia”.

Sebbene questo approccio possa essere visto come una rete di protezione per i bambini, in alcuni casi invece potrebbe aumentare in loro l’ansia e stress. Infatti, come risutato essi potrebbero pensare che anche i loro genitori manifesteranno gli stessi problemi con l’età. È sempre una buona idea dire la verità sulla condizione medica e fornire informazioni generali su di essa, ad esempio spiegando che la malattia non è il risultato di un’infezione, non è contagiosa e non colpisce necessariamente tutti i soggetti quando invecchiano.

Non dobbiamo neanche nascondere che al momento non esiste una cura e che, con il tempo, i sintomi potrebbero anche peggiorare. Ma allo stesso tempo dobbiamo rassicurare i bambini: come famiglia possiamo aiutare i nostri anziani affetti da demenza stando loro più vicini e non isolandoli, ma coinvolgendoli in attività e interagendo con loro senza paura, ma con amore ed empatia.

In alcuni casi, a seconda dell’età del bambino, si possono utilizzare strumenti che aiutano a comprendere e, quindi, ad accettare meglio la malattia. Ad esempio, pubblicazioni o materiale che si trova in rete fornito gratuitamente da varie organizzazioni locali, nazionali o internazionali che si occupano della malattia, come l’Alzheimer’s Association.

Per i più piccoli ci sono anche pubblicazioni con immagini ed esempi di situazioni come quella che sta vivendo il nonno. In conclusione, non nascondiamo la verità e parliamo apertamente con i bambini della malattia che sta influenzando negativamente la memoria e il comportamento di un membro più anziano della famiglia, senza timore che questa rivelazione possa creare stress o disagio. Conoscere la malattia significa capirla e accettarla meglio, e ciò non può che generare anche nei bambini reazioni positive nei confronti delle persone colpite.

*Domenico Praticò, direttore dell’Alzheimer’s Center at Temple e professore di Scienze Neurali presso la Lewis Katz School of Medicine, Temple University, Philadelphia.

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