Il cambiamento climatico è una delle sfide più urgenti del nostro tempo, con un impatto profondo su vari aspetti della nostra vita, compresa la salute pubblica. Le temperature globali, già aumentate di circa 1.1°C rispetto ai livelli preindustriali, potrebbero raggiungere 1.5°C entro il 2050 se non riduciamo significativamente le emissioni di gas serra. Questo riscaldamento globale favorisce la proliferazione batterica e la resistenza agli antibiotici, una minaccia crescente per la nostra capacità di trattare le infezioni.
L’aumento delle temperature infatti accelera il metabolismo dei batteri, favorendone una rapida replicazione. Per ogni aumento di 1°C, l’incidenza di infezioni da batteri resistenti come Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae cresce del 4.2%. Anche la temperatura dell’acqua ha un impatto significativo: un incremento di 1°C può aumentare il tasso di crescita di Vibrio cholerae del 30%, incrementando il rischio di epidemie di colera.
In Europa, il riscaldamento ha facilitato la diffusione di patogeni come Vibrio vulnificus, con un aumento del 200% delle infezioni lungo le coste dal 1980 al 2010. Temperature più alte permettono ai batteri di espandersi in nuove regioni e di proliferare in ecosistemi alterati. Ad esempio, le alghe crescono più rapidamente in acque calde, fornendo un habitat ideale per i batteri patogeni. I cambiamenti climatici poi aumentano anche la frequenza e l’intensità di eventi meteorologici estremi come inondazioni, uragani e ondate di calore.
Questi eventi non solo causano danni diretti, ma favoriscono anche la diffusione dei patogeni. Le inondazioni contaminano le riserve idriche con feci animali e umane, aumentando il rischio di infezioni resistenti agli antibiotici. In Bangladesh, durante le inondazioni del 2017, i casi di diarrea causata da batteri resistenti sono aumentati del 30%. Uragani e tempeste creano condizioni favorevoli per i patogeni. L’uragano Katrina nel 2005 ha provocato un’epidemia di infezioni batteriche con un aumento del 50% nei casi di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina.
Le ondate di calore infine accelerano la crescita dei batteri, come dimostrato da quella europea del 2003, associata a un aumento del 14% nei casi di legionellosi. Anche le migrazioni e la mobilità umana sono fattori significativi nella diffusione dell’antimicrobico resistenza. Le aree con elevati flussi migratori presentano una maggiore prevalenza di infezioni resistenti agli antibiotici. Uno studio in Europa ha rilevato un aumento del 15% nei casi di infezioni resistenti nelle regioni con maggiore afflusso di migranti.
Ma anche il turismo e la mobilità per lavoro facilitano la diffusione dei batteri resistenti. Nel 2019, l’Europa ha ricevuto oltre 745 milioni di arrivi turistici internazionali, molti dei quali provenienti da regioni con alta prevalenza di AMR. Se le attuali tendenze climatiche continueranno, l’incidenza e la diffusione dell’AMR aumenteranno significativamente. E’ stato stimato che entro il 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero causare oltre 390.000 decessi all’anno in Europa, con un costo economico stimato di 1.5 trilioni di euro.
La capacità dei batteri di resistere agli antibiotici compromette la nostra abilità di trattare infezioni comuni, aumentando la morbilità, la mortalità e i costi sanitari. Il cambiamento climatico non solo minaccia il nostro ambiente, ma anche la nostra salute pubblica. È urgente adottare misure per ridurre le emissioni di gas serra e combattere la resistenza agli antibiotici, proteggendo così le generazioni future. Per affrontare efficacemente questa sfida in un contesto di cambiamento climatico, è cruciale adottare l’approccio One Health.
Questo approccio riconosce che la salute umana, la salute animale e la salute ambientale sono interconnesse. Promuovere la collaborazione tra medici, veterinari, scienziati ambientali e altri professionisti può aiutare a sviluppare strategie integrate per combattere l’antimicrobico resistenza. Ad esempio, migliorare la gestione degli antibiotici in agricoltura, ridurre l’inquinamento ambientale e monitorare le migrazioni di specie animali e umane possono contribuire a controllare la diffusione dei batteri resistenti.
Un’altra strategia promettente è l’uso di fitofarmaci naturali e farmaci omeopatici. I fitofarmaci naturali, derivati da piante con proprietà antimicrobiche, offrono un’alternativa agli antibiotici convenzionali. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia di questi composti nel ridurre l’incidenza di infezioni batteriche resistenti. Ad esempio, l’uso di estratti di aglio e tè verde ha mostrato una riduzione significativa della proliferazione di batteri resistenti in ambienti agricoli. In uno studio, l’applicazione di un estratto di aglio ha ridotto la crescita di Escherichia coli resistente del 70%, mentre l’estratto di tè verde ha mostrato una riduzione del 50% nella proliferazione di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina.
I farmaci omeopatici, utilizzati in modo complementare, possono anche contribuire a ridurre l’uso eccessivo di antibiotici. In un programma di gestione agricola in Svizzera, l’integrazione di trattamenti omeopatici con pratiche sostenibili ha portato a una riduzione del 60% nell’uso di antibiotici, con un conseguente calo delle infezioni batteriche resistenti. Inoltre, promuovere pratiche sostenibili e resilienti al clima può ridurre l’impatto del cambiamento climatico sulla salute pubblica. Agire ora è fondamentale per prevenire un futuro in cui le infezioni comuni possano diventare nuovamente mortali.
*Alessandro Miani, presidente Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima)