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Tumore al pancreas: antiparassitari per vincere la resistenza alle cure

Ifom
Adyen Articolo
Velasco25

Si cela in alcuni farmaci studiati per combattere le infezioni parassitarie – tra cui la celebre ivermectina – il segreto per ‘spegnere’ il meccanismo che rende il tumore al pancreas resistente alle cure. A mettere in luce il ‘tallone d’Achille’ dell’adenocarcinoma duttale pancreatico è uno studio italiano, i cui risultati – pubblicati su ‘Biomedicine & Pharmacotherapy’ – ottenuti grazie alla pratica di drug repositioning, alimentano la speranza di pazienti e oncologi.

Questa ricerca – possibile grazie al sostegno di Fondazione Airc e a una generosa donazione della famiglia Ravelli a favore dell’Experimental Therapeutics Program di Ifom – potrebbe facilitare lo sviluppo di nuovi studi clinici e di nuovi trattamenti, migliorando così le prospettive di cura.

Il problema

Le cellule di questo tumore al pancreas presentano delle mutazioni genetiche che ne alterano il metabolismo, consentendo loro di sopravvivere anche in ambienti poveri di nutrienti. Come spiega Giorgio Scita (nella foto insieme a Ciro Mercurio), a capo del laboratorio Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali e professore ordinario di Patologia generale all’Università degli Studi di Milano, “si tratta di un processo che permette alle cellule tumorali di assorbire, o più letteralmente ingoiare, nutrienti dall’ambiente circostante, garantendo loro un vantaggio in condizioni di carenza di risorse. Questo meccanismo è inoltre implicato nella resistenza a trattamenti come gemcitabina, 5-fluorouracile, doxorubicina e radioterapia con raggi gamma, poiché aiuta le cellule tumorali a mantenere la sintesi di nucleotidi necessari alla loro crescita”.

La scoperta è il risultato della collaborazione tra il gruppo di Scita e il Programma Ifom di Experimental Therapeutics, specializzato nell’identificazione e caratterizzazione di farmaci oncologici e guidato da Ciro Mercurio. “Questa collaborazione ha permesso di sviluppare una serie di saggi cellulari basati sull’analisi delle immagini per identificare inibitori specifici”, spiega Mercurio.

La soluzione

“Partendo da circa 3.600 molecole, tra farmaci approvati e composti in varie fasi di sperimentazione clinica, abbiamo identificato 28 potenziali inibitori. Studi successivi hanno ristretto la lista a 4 molecole attive, tra cui l’ivermectina e il pirvinio pamoato, originariamente utilizzate per il trattamento di infezioni parassitarie. Questi inibitori sono stati validati in colture in tre dimensioni di cellule tumorali e fibroblasti, in grado di simulare almeno in parte anche il microambiente tumorale. Il pirvinio pamoato, tra l’altro, è un composto in fase di sperimentazione clinica per il trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico”.

Utilizzare medicinali già approvati per trattare patologie diverse da quelle per cui sono stati originariamente sviluppati è un approccio che “si è rivelato promettente, poiché può ridurre significativamente i tempi e i costi necessari all’approvazione di nuovi farmaci, oltre a offrire nuove opportunità per individuare strategie antitumorali innovative”, conclude Mercurio.

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