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Farmaci, la carica degli anti-obesità in compresse

farmaci compresse

Il mercato dei farmaci anti-obesità, come prevedibile, è diventato bulimico e secondo le stime di Goldman Sachs taglierà il traguardo dei 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Ma se finora (e nel futuro immediato) continuerà ad essere dominato dagli iniettivi in ‘penna’ (compresi tutti i ‘biosimilari e originator, in gestazione in India e Cina) per venire incontro alle preferenze dei pazienti ‘agofobici’, le pipeline di tante aziende pharma sono tutto un fermento di putative formulazioni orali, attualmente al vaglio degli studi clinici.

Sul fronte GLP-1 analoghi orali, la più vicina a tagliare il traguardo dell’approvazione è Novo Nordisk con una compressa di semaglutide orale da 50 mg, da assumere una volta al giorno. Non si tratta strettamente parlando una novità assoluta, visto sul mercato c’è già una formulazione orale di semaglutide per il diabete di tipo 2, ma in quel caso il dosaggio massimo giornaliero raccomandato è di 14 mg, mentre la nuova formulazione anti-obesità avrà una posologia ‘potenziata’ fino a 50 mg al gorno. Con questo dosaggio, nel trial di fase 3 OASIS 1, il farmaco ha prodotto una perdita di peso del 15% dopo oltre 5 anni di trattamento. A fine anno saranno invece disponibili i risultati del trial OASIS 4, condotto con semaglutide orale 25 mg.

Ma dalla company danese non arriva solo il fine-tuning del loro best seller semaglutide; si esplorano anche altre molecole, come l’amicretina (sia orale che iniettiva), un co-agonista del GLP1- e dell’amilina, attualmente al vaglio di un trial di fase 1. I primi risultati starebbero ad indicare che con una compressa al giorno può arrivare ad una riduzione di peso superiore al 10%. Sempre in formulazione orale e attualmente in fase 2 di sperimentazione (per nefropatia diabetica e obesità) è il monlunabant, un agonista inverso dei recettori cannabinoidi (CB1); la molecola, scoperta dai ricercatori dei National Institutes of Health e sviluppata come farmaco anti-obesità dalla canadese Inversago Pharma, è attualmente nella pipeline di Novo Nordisk che lo scorso anno ha acquisito la company di Montreal per oltre 1 miliardo di dollari. In un trial di fase 1 il farmaco ha prodotto una perdita di peso di 3,5 Kg a 28 giorni.

Si chiama invece orforglipron, il GLP-1 agonista in formulazione orale di Lilly, al momento al centro di uno studio di fase 3 (ATTAIN-1) su 3 mila persone, che darà i primi risultati nel 2025, per completarsi nel 2027. I risultati di fase 2, presentati qualche settimana fa al congresso dell’American Diabetes Association (Ada) hanno evidenziato una riduzione di peso che sfiora il 15% a 36 settimane.

Anche AstraZeneca ha deciso di rafforzare la sua posizione sul mercato dell’obesità; lo scorso novembre ha infatti stipulato con la Eccogene (headquarter a Shanghai) un accordo di licenza esclusiva per lo sviluppo e la commercializzazione di ECC5004 (adesso AZD5004), una piccola molecola, agonista recettoriale del GLP-1 in compresse. “Questo farmaco – commenta Sharon Barr, Executive Vice President, BioPharmaceuticals R&D di AstraZeneca – rafforza ulteriormente la nostra pipeline, dedicata sia a terapie basate sulle incretine, che non incretiniche, quali il nostro dual agonist GLP-1/GIP (AZD9550) e il nostro analogo dell’amilina long-acting (AZD6234)”.

E anche dal mondo delle malattie rare possono arrivare degli assist per il trattamento dell’obesità. È il caso ad esempio di ARD-101 (della Aardvark Therapeutics, San Diego), un’orphan drug, a somministrazione orale, sviluppato per la sindrome di Prader Willi (una rara malattia genetica caratterizzata da una fame insaziabile che compare fin dall’infanzia e porta allo sviluppo di obesità grave e diabete di tipo 2) che ha un’azione complementare a quella dei GLP-1 analoghi, le attuali star contro l’obesità. ARD-101 infatti è un agonista del recettore per il gusto amaro, in grado di influenzare (riducendola) la fame, mentre l’azione dei GLP-1 analoghi è quella di ridurre l’appetito. Spegnere la fame e ridurre l’appetito potrebbero insomma avere un effetto additivo nel trattamento dell’obesità. E la company californiana lo scorso maggio ha annunciato un nuovo finanziamento di 85 milioni di dollari per completarne lo sviluppo clinico.

Un altro farmaco orale, ancora solo in sigla, è APHD-12 di Aphaia Pharma (headquarters in Svizzera, Canada e Puerto Rico), che lo sta valutando in uno studio di fase 2, dedicato all’obesità i cui risultati sono attesi a fine anno. Il farmaco, rilasciato all’interno dell’intestino tenue, mira a ripristinare le vie di segnalazione del sensing dei nutrienti, per stimolare il rilascio di una serie di ormoni intestinali (GLP-1, PYY, glicentina, ossintomodulina, ecc.), in grado di controllare appetito, fame, sazietà, metabolismo glucidico e spesa energetica.

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