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Quei fatidici due minuti, intervista a Pilar Fogliati

Un talento femminile fuori dal comune a disposizione del cinema e dello spettacolo. Nipote di modella polacca, nota con il nome d’arte di Paulette, esule in Argentina prima della Seconda guerra mondiale, Pilar Fogliati è senza dubbio una delle grandi rivelazioni attoriali di questi anni. Diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica ‘Silvio D’Amico’, la massima istituzione nel campo della recitazione, la trentenne Fogliati vanta già un film da regista (‘Romantiche’, Nastro d’Argento per il miglior esordio alla regia), ruoli rilevanti diretta da autori affermati (Giovanni Veronesi, Daniele Luchetti, Riccardo Milani), una serie da protagonista per Netflix (‘Odio il Natale’) e tanti personaggi disseminati qua e là che hanno fatto la sua fortuna, mettendo la ciliegina sulla torta ad un percorso artistico e professionale che aveva solo bisogno di una scintilla per accendersi. Rimettiamo le lancette al ‘fattaccio’ di cinque anni fa. Cortina D’Ampezzo, 20 maggio 2019: il giornalista Sergio Fabi stimola la giovane attrice Pilar Fogliati ospite ad un festival di cinema, ‘Cortinametraggio’, chiedendole di fare le imitazioni delle varie tipologie di romani, anzi delle romane di oggi: la radical-chic, la coatta, la parvenu. Pilar, con una naturalezza disarmante come fosse una scala musicale, attraversa un ideale percorso geografico (e antropologico) passando in rassegna le ragazze di oggi di Roma Nord, Roma Centro, Roma Sud con hinterland e borgate annesse. Un portento: una meraviglia che suscita un’ilarità irresistibile, ed il risultato sono circa 2,5 milioni di visualizzazioni solo su YouTube, senza contare i milioni di views, commenti e like su Facebook e Instagram. Ne parlano tutti: è nata una stella.

Fogliati, si può dire che iniziò tutto da lì, da quei due minuti ripresi per caso con un cellulare?

Sì, possiamo dirlo. Non che fino a quel momento non avessi fatto nulla: mi ero già diplomata alla ‘Silvio D’Amico’ e partecipavo a film e fiction in ruoli minori, soprattutto drammatici. Ma sentivo di avere una vena comica inespressa o che, fino a quel momento, non ero riuscita a tirare fuori. Quel giorno mi sentii totalmente libera, a mio agio, e spinsi sull’acceleratore. Quel video, che fece il botto, decretò la mia fortuna.

Come andò precisamente?

Ero ospite con un cortometraggio a Cortina e durante un momento libero insieme ai ragazzi del Milanese Imbruttito ci raccontavamo quanto sarebbe stato bello fare qualcosa insieme, tra Milano e Roma, solo che io ho tenuto a specificare che i romani oggi non sono più quelli di Verdone degli anni 80 e 90, ma hanno inflessioni dialettali diverse perché diversi sono i contesti sociali e culturali nei quali vivono. E un giornalista, Sergio Fabi, ha ripreso tutto e messo in rete. Tempo qualche giorno e mi hanno chiamata tutti, sicuramente tanti.

 Ad esempio chi?

Ogni possibile marca per fare pubblicità, dalla più piccola alla più grande. Molte persone dello spettacolo e del cinema. Io presi tempo per capire cosa stesse succedendo mentre il ‘contatore’ delle visualizzazioni continuava a salire. Rifiutai tutto e accettai solo la proposta di Giovanni Veronesi: partecipare al suo programma radiofonico su Radio 2. Dapprima come ospite di una puntata di ‘Non è un Paese per giovani’, poi con una presenza più continuativa sempre da lui in cui potevo approfondire e caratterizzare queste mie eroine provenienti dai vari quadranti di Roma. Grazie a quell’esperienza e con una collaborazione assidua con un maestro della commedia come lui, nacque il mio film d’esordio ‘Romantiche’, che senza Giovanni Veronesi accanto non avrei mai potuto fare. Fu lui a stimolarmi e a convincermi che le mie ragazze avevano la forza narrativa per poter vivere sul grande schermo. Veronesi mi ha aiutato nella scrittura e nella regia, ed è nato il film. La vita è fatta d’incontri e questo è stato uno dei più importanti, fin qui, tra quelli che ho fatto.

E poi l’ha diretta in un ruolo da uomo, ‘Romeo è Giulietta’, cosa assai rara che capita nell’arco di
una carriera.

La cosa mi ha emozionata e gratificata non poco: per un attore fare un personaggio più lontano possibile da sé rappresenta la sfida più grande. Cosa che cerco di fare sempre passando da ruoli più drammatici ad altri comici e leggeri, finché Giovanni mi ha proposto Romeo nel suo personale adattamento dell’opera di Shakespeare. È stato un onore, un privilegio che capita a pochi poter interpretare una persona non del proprio sesso. Ero terrorizzata, non mi ci faccia pensare, attacchi di panico come se piovessero.

A proposito di panico, lei interpreta Ansia, la nuova emozione nel cartoon campione di incassi Disney-Pixar ‘Inside Out 2’.

Mi sono trovata particolarmente a mio agio nel prestare la voce a questo personaggio che vive all’interno della protagonista Riley, e trovo assolutamente necessario che si parli di questo disagio che colpisce sempre di più le giovani generazioni oltre a tutto il resto della popolazione. Viviamo in una società superveloce, iperconnessa, globale, dove ognuno di noi nonostante possa fare il mestiere più ‘sicuro’ possibile vive in una costante bolla di precariato: nessuno può sentirsi al sicuro oggi, sempre raggiungibili dal proprio capo, sempre sul pezzo. E questo incide terribilmente su questa patologia che purtroppo riguarda anche me.

Tornando ai social network, spesso demonizzati, nel suo caso hanno avuto una funzione fondamentale e costituiscono oggi la fortuna di tante persone e aziende.

Sono demonizzati proprio per questo. Possono consentire a tutti, quasi tutti, di poter godere di un momento di viralità. Sono una sorta di quei ‘15 minuti di celebrità’ di cui parlava Andy Warhol. I social sono un’enorme opportunità, rappresentano un’occasione di visibilità che non si traduce solo in ‘successo facile’. Perché c’è chi rimane, chi passa, chi si perde per strada e chi fa scelte sbagliate. È un media e come tale va sfruttato: anche la tv ha spesso reso famose persone senza talento, così sta succedendo con Facebook, Instagram, Tik Tok e YouTube in questi ultimi dieci anni. Se quel momento di viralità, che prima o poi capita a tutti, non viene sfruttato alla perfezione si rimane aggrappati a qualcosa di imponderabile. Nel mio caso quella popolarità l’ho utilizzata per far conoscere il mio percorso, i miei contenuti ed il mio mondo. Credo nella fortuna ma anche nell’impegno e nel lavoro. Bisogna farsi trovare pronti alla viralità avendo un bagaglio a mano già pronto.

Sa che lei può, in qualche modo, emulare al femminile quello che Carlo Verdone, Massimo Troisi, Francesco Nuti, Nanni Moretti e Roberto Benigni fecero tra gli anni 80 e 90?

Ha citato nomi enormi ai quali non posso essere minimamente accostata. Però è quello che mi ha detto anche Giovanni Veronesi nel percorso professionale ed emotivo che mi ha portata a realizzare ‘Romantiche’. Veronesi è stato sceneggiatore dei film di Francesco Nuti, ha lavorato con Carlo Verdone e ha sicuramente individuato nei miei personaggi una traccia riconducibile ai comici che fanno cinema, e quei nomi che abbiamo citato sono forse i più grandi di quell’epoca. Non si offenda Nanni Moretti definito ‘comico’: è anche altro, ma a me fa ridere. Sono e sono stati tutti autori-attori-registi e sono per me un riferimento importante.

Veronesi le ha fatto conoscere Carlo Verdone?

Sì, assolutamente, è stato un incontro magnifico. Carlo è un mito, racconta da oltre 40 anni manie e tic di varie tipologie di persone, ha un profondo senso di osservazione e riesce a restituirlo al pubblico caratterizzandolo e dando chiavi satiriche, sofisticate, smussate, a seconda del contesto. Un maestro che mi ha dato la sua ‘benedizione’, infondendomi stima e fiducia.

Si dice che il secondo film da regista sia il più difficile.

Sì, perché carico di aspettative, perché può sancire la tua consacrazione o svelare la tua inadeguatezza mostrando limiti. Valerio Mastandrea sostiene che bisognerebbe passare direttamente al terzo, sono d’accordo. Mi sono data del tempo, sto scrivendo e riscrivendo, ma aspetto il momento giusto e la storia o le storie: devo capire quali vite approfondire, se quelle di Michela, Eugenia, Tazia, Uvetta. Ancora non so.

Pensi come si sentirà, a proposito di opere seconde, Paola Cortellesi dopo il successo fuori ogni logica e portata di ‘C’è ancora domani’: 36 milioni di euro al box office con circa 5 milioni e mezzo di spettatori solo in Italia, più le vendite all’estero e i possibili remake.

Effettivamente se penso a quel fenomeno tutto diventa relativo e mi aiuta nel mio percorso un po’ incosciente che sto facendo con la regia cinematografica. Devo viverla con leggerezza, è questo il mio mantra, altrimenti non riesco a dare il massimo ed essere ‘naturale’. Per quanto riguarda Paola Cortellesi rappresenta per me l’ispirazione massima: ha debuttato come regista a 50 anni dopo una lunga carriera che ha consolidato il suo talento. Passa con disinvoltura da ruoli brillanti, imitazioni, personaggi comici ad interpretazioni drammatiche, con qualità canore assolute ed uniche. Paola Cortellesi non è l’erede di nessuno, ma è storia del cinema e dello spettacolo italiano nell’olimpo dei grandi, da Eleonora Duse a Mariangela Melato, passando per Anna Magnani, Monica Vitti e Sophia Loren.

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