Non si abbassa l’attenzione degli esperti nei confronti dell’influenza aviaria. Il virus, in effetti, circola da tempo, ma a far alzare la soglia d’attenzione è stato – in primavera – il contagio dei bovini da latte (e dei lavoratori agricoli) negli Usa. E adesso?
Sebbene la trasmissione dagli animali infetti all’uomo “rimanga un evento raro, i virus dell’influenza aviaria possono contagiare animali selvatici, da fattoria e domestici, provocando infezioni e focolai nel pollame e, occasionalmente, nei mammiferi”, sottolineano dall’Ecdc (European Centre for Disease Control and Prevention), invitando i Paesi europei a vigilare. Ma cosa sta succedendo? Fortune Italia lo ha chiesto all’epidemiologo Massimo Ciccozzi, che proprio a questo patogeno ha dedicato uno studio pubblicato nei mesi scorsi su ‘Travel Medicine and Infectious Disease’.
Che novità ci sono sul fronte dell’influenza aviaria?
Non ci sono evidenze per altre infezioni a livello umano, ovvero che dal bovino passano all’uomo, a esclusione di quanto accaduto negli Stati Uniti. Il fatto è che lo stesso passaggio dal bovino all’uomo non è semplice. Quello che voglio dire è che occorrono delle condizioni particolari: la persona che tratta animali, uccelli selvatici o pollame infetti non deve rispettare le misure igieniche in grado di proteggerla. Penso a guanti, mascherina, calzari, abbigliamento apposito. Insomma, è davvero importante non dimenticare le misure di sicurezza igienica.
Si è molto scritto dello spillover. Cosa sappiamo?
Non abbiamo uno spillover dall’animale all’uomo per mutazione del virus. Gli allevamenti intensivi, però, continuano a rappresentare un pericolo: il virus può circolare, a meno che la sorveglianza veterinaria non assicuri l’individuazione e l’isolamento rapido di eventuali animali infetti. Questo consentirebbe di evitare che il patogeno dell’influenza aviaria circoli. Il problema dello spillover è legato alla mutazione casuale: la possibilità che questa di verifichi aumenta di pari passo con l’ampiezza di circolazione del patogeno.
Lei è d’accordo col monito dell’Ecdc, che invita ad aumentare la vigilanza sull’influenza aviaria?
Sono assolutamente d’accordo: tra l’altro ricordo che i nostri Istituti zooprofilattici sono attrezzatissimi e fra i migliori al mondo. Quindi è fondamentale una sorveglianza veterinaria rinforzata e capillare.
Che messaggio per istituzioni e cittadini?
Se vediamo uccelli morti in strada, non tocchiamoli e non avviciniamoci. In questo caso è bene rivolgersi a chi di dovere, per la rimozione di eventuali carcasse. Insomma, restiamo vigili, ma ricordiamo che lo spillover ancora non c’è stato e non possiamo prevederlo finchè non accadrà. No all’allarmismo, dunque, ma priorità al monitoraggio e massima attenzione.