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L’export del pharma è da record, ma la competizione è globale

Ancora una volta a parlare per il pharma, nel giorno dell’Assemblea pubblica di Farmindustria, sono i numeri. Cifre che collocano la farmaceutica italiana ai primi posti in Europa, con una produzione da 52 miliardi di euro nel 2023 e oltre 49 mld di export.

Siamo “al primo posto a livello mondiale per crescita dell’export tra il 2021 e il 2023. È il traguardo raggiunto dall’industria farmaceutica in Italia grazie a imprese, internazionali e nazionali, che continuano a investire nel Paese”, ha detto all’affollata platea dell’Auditoriom della Conciliazione il padrone di casa, Marcello Cattani, appena confermato alla guida di Farmindustria per i prossimi due anni.

Quello di oggi è un evento affollato da imprenditori e manager del farmaco, esponenti delle istituzioni e ministri nel quale, come di consueto, va in scena l’orgoglio del pharma tricolore. Un’occasione per evidenziare i risultati di un “settore strategico per il Paese”, come rivendica il presidente di Farmindustria. Ma anche per condividere – con istituzioni e stampa – preoccupazioni e criticità.

Un momento dell’Assemblea Pubblica 2024, con Marcello Cattani

Numeri da primato

È l’export che traina la produzione del pharma e “fa registrare record su record. Farmaci e vaccini sono il secondo settore made in Italy per saldo estero: 17 miliardi di euro nel 2023. La quota dell’export farmaceutico sul totale manifatturiero è passata dal 3,8% all’8,3% in 20 anni”, calcola Cattani, snocciolando dati.

In un’epoca di grandi trasformazioni, la farmaceutica si conferma “un settore hi-tech, strategico per la Nazione”. E questo, riflette Cattani, “nonostante le difficoltà causate dall’aumento dei costi del 30% rispetto al 2021″. Ma è chiaro che la competizione è globale. “Ecco perché occorre essere veloci, attrarre investimenti e offrire innovazione”, aggiunge il presidente di Farmindustria, indicando un must delle politiche dell’Unione europea e dell’Italia

I numeri di un settore strategico

Torniamo alla Penisola: gli investimenti sul territorio sono arrivati a 3,6 miliardi, di cui 2 in R&S. Gli addetti del pharma, invece, sono 70.000 (+2% nel 2023 e +9% in 5 anni), con un incremento di quasi il 20% nel caso degli under 35 in 5 anni, e con un’elevata presenza di donne, ormai il 45% del totale. Il settore, oltretutto, può vantare un welfare aziendale all’avanguardia ed è il primo tra quelli manifatturieri per competitività, stando ai dati Istat (con il più alto valore aggiunto per addetto).

Il ricambio di professinalità è da un pezzo all’attenzione delle imprese del farmaco, che puntano su alternanza scuola-lavoro nelle scuole superiori e negli ITS per formare gli studenti e sviluppare le competenze necessarie. Con questo obiettivo è stato recentemente firmato il Protocollo d’Intesa con l’Egitto, nell’ambito del Piano Mattei, per la partnership tra imprese del pharma e formazione, attraverso scambi accademici e professionali di docenti e studenti.

Inoltre stamani il ministro Annamaria Bernini ha firmato un Protocollo d’intesa tra Mur, Crui e Farmindustria insieme a Marcello Cattani in tema di formazione e accesso al lavoro.

Protocollo Mur e Farmindustria per formare e trattenere i talenti

Brevetti, tech e One Health

La farmaceutica è un vanto anche dal punto di vista della creatività: negli ultimi 5 anni la crescita delle domande di brevetto farmaceutico nel Paese sono aumentate del 35%, rispetto al +23% dei Big Ue. Sempre più terapie, fra quelle disponibili o in arrivo, hanno dunque un’anima tricolore.

Intelligenza artificiale, data driven industry, ricerca nello spazio, nuovi modelli di trial clinici, nuove frontiere di R&S consentono sempre più la personalizzazione delle terapie. Arrivano oggi nei laboratori, e domani sul mercato, cure disegnate sui singoli pazienti grazie a tecnologie all’avanguardia: obiettivo, trattare sempre meglio diverse malattie e correggere i difetti del genoma, in una prospettiva One Health di rispetto della salute delle persone e del pianeta.

Il pharma corre anche nel mondo

Si tratta di un settore vivace anche a livello internazionale. A inizio 2024 è stato raggiunto un record storico per i farmaci in sviluppo nel mondo: 23.000, con investimenti in R&S da parte delle imprese farmaceutiche di oltre 1.700 miliardi di dollari tra il 2023 e il 2028.

La sfida

Intese, acquisizioni, alleanze: ormai è chiaro che la vera partita della farmaceutica si gioca sulla scacchiera mondiale. “Non possiamo avere una realtà a due velocità: un mondo che cambia rapidissimamente e assetti decisionali e regolatori fermi a venti anni fa. Serve voltare pagina per tenere il passo di altri Paesi in un contesto globale sempre più complesso. Ora è il momento di accelerare con determinazione, giocando su due tavoli”, ammonisce Cattani.

In Europa occorre porre al centro il tema della competitività, dell’attrattività per gli investimenti, dell’autonomia strategica e delle catene di approvvigionamento. Bisogna poi avere il coraggio di rivedere completamente – e questo è un tasto dolente per le imprese del farmaco – la proposta di revisione della legislazione farmaceutica. Una proposta “che indebolisce la proprietà intellettuale, mentre Usa, Cina, Singapore, Emirati Arabi, Arabia Saudita mettono in campo politiche per rafforzare la propria struttura industriale”, evidenzia Cattani.

Basti pensare che il gap di investimenti in R&S tra Ue e Usa è passato in 20 anni da 2 miliardi di dollari a 25. Con il 60% dei nuovi lanci di medicinali che avviene negli Stati Uniti mentre in Europa è meno del 30%.

Rivedere la legislazione farmaceutica? Tajani e Schillaci

Il tema della revisione della proposta di legislazione farmaceutica varata dalla Commissione Ue è affrontato con estrema cautela da Antonio Tajani, ministro degli Esteri e cooperazione internazionale, a margine dell’Assemblea di Farmindustria: “Vedremo con il nuovo parlamento e la nuova Commissione: dobbiamo tutelare la salute e le imprese, fare in modo che ci sia sempre grande equilibrio. La nuova Commissione comincerà a lavorare poco prima della fine dell’anno, quindi c’è tempo per il nuovo parlamento che si insidierà a luglio. Vediamo quando inizieranno le commissioni e ci sarà una sulla sanità. È ancora presto per vedere quello che si potrà e si dovrà fare”.

Nella proposta ci sono anche “elementi positivi. Ma abbiamo chiarito, nel nostro position paper diffuso un anno fa, che ci sono punti che ci lasciano perplessi – ha sottolineato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, citando la durata della protezione brevettuale – Siamo in un mondo globalizzato, in cui con competitor importanti, penso a Usa e Cina, e dobbiamo rendere competitivi gli investimenti in Europa. Non possiamo far sì che chi porta nuove cure e innovazione non veda l’Europa come” un posto interessante in cui investire. C’è poi il tema delle materie prime: “Non possiamo diventare dipendenti da” Cina e India, ha aggiunto il ministro.

La nuova Aifa

“Vogliamo che le novità farmaceutiche arrivino il prima possibile ai cittadini italiani, senza differenze rispetto a dove abitano, dunque senza differenze tra Nord e Sud. E devo dire che la modifica di Aifa a mio giudizio sta funzionando: il tempo medio per valutare le nuove pratiche è sceso da quasi 500 giorni a 250 giorni”, ha aggiunto Schillaci, citando l’ondata di innovazione in arrivo.

Farmaceutica, perchè il sorpasso della Cina deve preoccuparci

Secondo recenti dati Efpia, la Cina nel 2023 ha superato l’Europa come area di origine di nuovi farmaci: su 90 molecole a livello globale 28 arrivano dagli Usa, 25 dalla Cina, 17 dall’Ue. Cina che in R&S cresce a ritmi 3 volte superiori a quelli del nostro Continente. “Non bisogna perdere ulteriore terreno con scelte sbagliate che penalizzano l’attrattività e ci espongono a dipendenze strategiche. Si consideri – ricorda Cattani – che già oggi il 74% dei principi attivi di uso più consolidato dipende infatti da produzioni in Cina o in India così come il 60% dell’alluminio, materia prima fondamentale per le nostre imprese”.

La ricetta (e la governance)

E allora? Allora la salute “deve diventare prioritaria ed essere considerata un investimento che genera anche risparmi sociali ed economici evitando altri costi, dicono gli industriali del farmaco. E l’industria farmaceutica deve essere percepita come un’alleata su cui contare”, sottolinea il presidente di Farmindustria.

Parliamo di un’industria che nel nostro Paese conta il 42% di imprese a capitale italiano e il 58% a capitale internazionale. “In Italia è indispensabile una governance farmaceutica davvero moderna, con regole nuove, chiare, adatte alla rapidità dell’innovazione, superando il sistema del payback, tassa iniqua e aggiuntiva che grava sulle aziende per quasi 2 miliardi nel 2024. Riforme da accompagnare a una semplificazione per la ricerca clinica e a regole per consentire l’uso del dato clinico per necessità di Ricerca, nel rispetto della privacy”, elenca Cattani.

Fondamentale, poi, “ridurre i tempi di accesso all’innovazione per i cittadini, ancora troppo lunghi – 14 mesi a livello nazionale, ulteriormente aggravati da quelli a livello regionale – Occorre riconoscere il valore dell’innovazione e rivalorizzare alcuni farmaci di grande diffusione e a basso costo, per garantire così la sostenibilità industriale messa in difficoltà a causa di un aumento strutturale dei costi. Con un finanziamento basato sulle reali esigenze di salute”.

Ma, soprattutto, serve unione d’intenti da parte di imprese e politca, perchè solo “insieme è possibile vincere in Europa e nel mondo”, è l’appello di Marcello Cattani.

Le regioni del pharma

  • Lombardia: prima regione farmaceutica in Italia, con circa 26.000 occupati diretti, ai quali si aggiungono oltre 30.000 dell’indotto. Quasi 10 miliardi di export. Prima per investimenti in R&S, 560 milioni di euro.
  • Lazio: seconda regione per numero di occupati (13.300 diretti e circa 16.000 nell’indotto) e prima per export (11,5 miliardi di euro, 43% del totale manifatturiero regionale). Investimenti in R&S: 326 milioni di euro.
  • Toscana: terza regione in Italia con più di 7.900 addetti diretti e 9.400 nell’indotto. Export pari a 8,3 miliardi e investimenti in R&S di 321 milioni di euro.
  • Veneto: oltre 5.700 occupati, più di 6.800 nell’indotto e un export di 1,1 miliardi. 50 milioni investiti in R&S.
  • Emilia-Romagna: importante presenza produttiva e di R&S: 4.500 addetti diretti, 5.300 nell’indotto; export pari a € 2,3 miliardi; seconda regione per investimenti in R&S: 511 milioni. 
  • Marche: oltre 1.300 addetti diretti, circa 1.600 nell’indotto. Al quarto posto per export 2023, con 6,7 miliardi.
  • Specializzazione nel Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Sicilia) le imprese del farmaco contano circa 6.200 addetti diretti e oltre 7.300 nell’indotto, € 8,2 miliardi di export (6,1 della Campania) e 145 milioni di investimenti in R&S.
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