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Ballottaggi in Francia, il punto di Giovanni Orsina

A tre giorni dalla chiusura dei seggi in Francia per il primo turno delle elezioni legislative, la parola da tenere a mente è “barrage”. È così che i francesi indicano lo sbarramento del fronte democratico contro il Rassemblement National, che si è attestato come primo partito del Paese. Nelle ultime ore sono piovuti i ritiri a sinistra: il patto è quello della desistenza (o “désistement”, l’altra parola del momento) e consiste nell’abbandono in corsa dei candidati arrivati terzi nelle loro circoscrizioni, così da non disperdere voti. Macron e Mélenchon provano a mostrarsi compatti, ma basterà? Ne abbiamo parlato con Giovanni Orsina, storico e Direttore della Luiss School of Government.

Professore, cosa pensa succederà ai ballottaggi?

Molto difficile prevederlo. Da martedì sera sappiamo in che modo si è composto il quadro delle desistenze. Che però, attenzione, sono soltanto una parte della storia. Ci dicono i sondaggi di opinione che più della metà degli elettori di sinistra non voterebbero mai un macronista, e viceversa. L’accordo di vertice, insomma, non si traduce automaticamente in una convergenza degli elettori. Mi pare molto probabile che alla fine si materializzi un’ampia maggioranza relativa per RN, che non escludo possa trasformarsi anche in una maggioranza assoluta. Ma staremo a vedere.

Il Rassemblement di Le Pen e Bardella sta cercando di rendersi presentabile per governare. Sta funzionando?

Il processo di ‘de-demonizzazione’, ultimamente detto anche ‘melonizzazione’, di Rn è in corso ormai da tempo, basti pensare al cambio di nome avvenuto nel 2018, che segna una sorta di cesura – almeno formale – con il vecchio Front National. Bardella sta cercando di presentarsi come un leader credibile e votabile e non sta fallendo totalmente in questa impresa, anzi. Se si guarda all’economia, ad esempio, la Borsa ha reagito bene ai risultati del primo turno, segno che forse la sinistra veniva percepita addirittura come un pericolo maggiore. Una cosa molto difficile da prevedere è come potrebbe muoversi Bardella sui temi più cari all’Europa, al di là dei proclami bellicosi.

Ecco, a proposito di Europa, la posizione francese potrebbe risultare indebolita da un eventuale governo di coabitazione?

Credo di sì. Macron siederebbe comunque nel Consiglio europeo, ma in quello dell’Unione europea siederebbero i ministri di un eventuale governo Bardella: il presidente non potrebbe ignorare il fatto di rappresentare un Paese che è andato in una direzione diversa dalla sua. Anche il tema della demonizzazione del RN perderebbe molta forza con un governo eletto che si muove legittimamente in Europa. A livello istituzionale in realtà cambia poco, ma politicamente si tratta di un vero e proprio terremoto. Resto convinto che Macron abbia sbagliato a indire nuove elezioni. Il motivo di tanta fretta è da ricercare nel fatto che gli serviva costruirsi un percorso alternativo per il 2027 e avrà pensato che l’unico modo per farlo fosse questo. Il presidente infatti sta in una posizione di forza rispetto al primo ministro, quindi potrebbe in qualche modo boicottare un governo nemico. Questa potrebbe essere però un’arma a doppio taglio: se il governo di RN dovesse risentire eccessivamente della presenza di un presidente ostile, la corsa di Le Pen per l’Eliseo ne trarrebbe un bel vantaggio, perché qualsiasi fallimento potrebbe essere imputato ai veti di Macron.

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