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Tra Biden e Mattarella, i ‘bonus’ per una mente agile dopo gli 80 anni

Joe Biden

Da Elisabetta II a Henry Kissinger, passando per Rita Levi Montalcini e Sergio Mattarella: la storia ci offre diverse figure carismatiche e dalla mente brillante anche dopo gli ottant’anni. Una questione, quella della resilienza mentale rispetto all’età che avanza, riportata in auge dall’ultimo duello tv fra Joe Biden e Donald Trump, che ci ha mostrato due over 75 decisamente diversi sul fronte dalla capacità dialettica e della lucidità mentale.

Se lo staff dell’attuale presidente Usa ha chiamato in causa un raffreddore e Biden stesso l’effetto dell’età sulla sua capacità dialettica, vediamo oggi più di un over 80 resiliente e smart – non solo in politica – mentre leader più giovani appaiono in affanno. Come mai? E’ una questione di geni o ambiente? Fortune Italia lo ha chiesto a Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma.

Geni e ambiente

“Sicuramente entrambe le cose – spiega il neurologo – Sia la presenza di declino cognitivo in età avanzata, che di invecchiamento ad alta efficacia si ripresentano in generazioni successive delle stesse famiglie, a dimostrazione che esiste una qualche componente ereditaria in entrambe le condizioni. Nel contempo, lo stile di vita può contribuire in modo negativo o positivo, esaltando da una parte i fattori di rischio e dall’altra i fattori di protezione”.

Quali sono, allora, i fattori protettivi e quelli che insidiano un invecchiamento ‘ad alta efficacia’? “Provo ad annoverarli: attività fisica quotidiana/sedentarietà, fisico asciutto/obesità, scarsa attività cognitiva e di relazione/socievolezza-interessi culturali-hobby. Naturalmente – puntualizza Rossini – l’eccesso di fumo e di alcool rappresentano altrettanti fattori di rischio. Patologie dell’anziano scarsamente controllate come diabete, ipertensione, cardiopatie, malattie della tiroide, quadri infiammatori cronici, tanto per citare alcune situazioni mediche che, se scarsamente controllate o non adeguatamente curate, possono avere un impatto importante”.

“Insomma – continua il neurologo – dobbiamo considerare l‘invecchiamento normale o patologico del cervello come frutto di una perenne e quotidiana lotta tra i fattori di rischio (meccanismi di neurodegenerazione) e i fattori di protezione. Chi ha la fortuna di combinare una ricca dote di protezione sia sulla base geneticamente determinata, che per uno stile di vita ‘protettivo’, accumula nel tempo tanti ‘bonus’ che gli permetteranno di resistere all’aggressione degli eventuali fattori di rischio da non ammmalarsi mai di demenza o di avere una forma di demenza poco aggressiva e lentamente progressiva”, spiega.

Paolo Maria Rossini

Il destino del cervello

Ma il nostro cervello, dopo una certa età, è destinato comunque a declinare? “Come tutti gli organi del corpo – risponde Rossini – con l’aggravante che, a differenza di altri organi, la possibilità di produrre nuove cellule nervose è molto limitata”. 

Abbiamo accennato prima alla Regina Elisabetta II, morta a 96 anni dopo aver festeggiato 70 anni di regno: un esempio invidiabile di resilienza. Ma ci sono differenze tra uomini e donne da questo punto di vista? “In realtà – replica il neurologo – il genere femminile sembra essere a maggior rischio di sviluppare demenza, ma non si è compreso sino in fondo se questo sia dovuto al fatto che il genere maschile muore prima a causa, soprattutto, di eventi cardio-vascolari. Probabilmente – aggiunge lo specialista – nelle donne gioca un ruolo anche la rapida perdita di protezione ormonale che si verifica con la menopausa”.

La performance di Joe Biden

Nel caso dell’ultima, sfortunata, performance televisiva di Biden, c’è chi ha parlato di sintomi di una patologia neurologica, mentre lo staff ha chiamato in causa un raffreddore. Cosa ne pensa? “Non ho elementi per rispondere in modo serio. Mi sembra però – aggiunge Rossini – che ci siano stati ripetuti episodi in cui Joe Biden ha confuso nomi e situazioni nel tempo e nello spazio. Sono certo che gli standard per i politici americani a quei livelli prevedano dei controlli costanti delle condizioni psico-fisiche e voglio sperare, per il bene di tutti, che il presidente Biden sia risultato perfettamente efficace ed efficiente a tali controlli. Se così non fosse – conclude il neurologo – allora significherebbe che viene sottaciuta e tenuta nescosta una situazione di gravità enorme e che altri si stanno costantemente sostituendo a lui in decisioni e programmi che spetterebbero esclusivamente al presidente”.

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