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Goldschmidt (Ceo Stada): “Vogliamo ampliare la nostra presenza in Italia”

Ceo Stada

La sanità perde punti agli occhi dei cittadini europei. Un trend che appare in calo ormai dal 2020 e che quest’anno vede appena il 56% degli intervistati nel Vecchio Continente dirsi soddisfatto del proprio sistema di cure. “Volevamo comprendere il quadro generale, ma anche le specificità a livello di singoli Paesi. E i cittadini europei ancora una volta si sono pronunciati”, sottolinea Peter Goldschmidt, Ceo di Stada, azienda specializzata in equivalenti e prodotti consumer healthcare senza obbligo di prescrizione, che conta 17 siti produttivi e 11.700 dipendenti nel mondo, e punta a crescere nel nostro Paese.

A dirlo è lo stesso Goldschmidt, commentando con Fortune Italia i risultati del decimo Stada Health Report 2024, realizzato su un campione di 2.000 persone rappresentativo di 46.000 intervistati in 23 Paesi europei e presentato oggi a Roma alla stampa internazionale.

“L’Italia per noi è un mercato molto importante – dice il Ceo – è nei primi tre a livello internazionale. Quindi, da un punto di vista puramente aziendale, è davvero assolutamente fondamentale per noi. Siamo molto forti nel settore dei farmaci equivalenti e stiamo crescendo fortemente nel settore delle specialità. Lo stesso vale per il settore dei prodotti consumer healthcare senza obbligo di prescrizione. Quindi, per essere sinceri, vogliamo ampliare la nostra attività nel vostro Paese. Stiamo cercando il modo di investire di più, ampliando anche il nostro portfolio”.

Insoddisfatti, soli ma più attenti alla salute: come stanno gli europei

Torniamo al focus di oggi. Quali sono i risultati più interessanti emersi dallo Stada Health Report 2024?

La cosa più scioccante è il dato sulla soddisfazione nei confronti del sistema sanitario in Europa, che sta diminuendo. Sfortunatamente, è una tendenza che si conferma ormai da 3 o 4 anni.

Allo stesso tempo, però, gli europei sono diventati più ‘intraprendenti’ se posso dirlo:  più attenti alla prevenzione e a fare qualcosa in prima persona per tutelare la propria salute.

Sì. Penso che ci siano sempre più cittadini, come abbiamo visto, che si impegnano a fare la propria parte. E lo fanno scegliendo una dieta migliore, magari facendo più attività fisica o prendendo integratori alimentari, ma anche informandosi di più sulle loro condizioni. Quindi penso che questo sia un aspetto molto, molto positivo. Anche perchè chi più di te stesso è responsabile della tua salute?

Il report dà informazioni molto interessanti anche sui giovani europei, che appaiono più felici, ma anche molto soli…

Sì. È interessante scoprire che questo è possibile. Ma dobbiamo tener conto che, da un lato, hanno tutta la vita davanti, con nuovi lavori, famiglie positive, la prospettiva di un futuro luminoso. Ma allo stesso tempo abbiamo molte persone che vivono sole. Nelle grandi città c’è un record di persone che vivono da sole, e lavorando sodo. Quindi direi che assistiamo a un’erosione della vita sociale. E, allo stesso tempo, la solitudine si fa sentire anche perché il lavoro sta cambiando (è il caso dello smartworking, ndr) e non si hanno più interazioni sociali in ufficio.

Potremmo parlare del lato oscuro dei social media, che alla fin fine non sono poi tanto social. Come può rispondere la vostra azienda a queste sfide?

Per noi è importante avere il quadro completo. In queste indagini non chiediamo solo informazioni su farmaci o terapie: noi abbiamo un approccio olistico, che non riguarda solo le cure. L’obiettivo è  imparare, vedere di cosa hanno veramente bisogno le persone e adattarci. Possiamo fare buona informazione e sensibilizzazione, ma anche parlare con i media, con i decisori politici, le organizzazioni e le associazioni, per garantire che ci sia consapevolezza su questi temi. Perché prima di tutto bisogna analizzare i fenomeni, per sperare di favorire il cambiamento.

Allora, quali sono le priorità dal vostro punto di vista?

Vedere così tante persone fare i conti con la solitudine è triste. E, come ho detto, è qualcosa di cui dobbiamo davvero occuparci. Quello che possiamo fare anche noi, come azienda, è prenderci cura dei nostri dipendenti. Possiamo parlare di salute mentale, educare alla salute mentale. Possiamo fornire esempi e analizzare gli aspetti ‘chiave’ per la felicità. E questo è un tema importante, perché se non sei veramente felice in un luogo di lavoro, finisci per lasciarlo. Non è solo per dire, ci credo davvero. Ecco perché mi piace lavorare per un’azienda che si prende cura delle persone. Abbiamo una ragione di esistere: siamo presenti da oltre 100 anni e vogliamo continuare per altri cento e più (l’anno zero di Stada è fissato nel 1895, quando a Dresda un gruppo di farmacisti si unì per preparare prodotti confezionati allo stesso modo e venduti ovunque allo stesso prezzo, ndr). Insomma, siamo qui per restare. Ecco perchè siamo convinti che, come azienda, occorre avere una sensibilità ma anche una responsabilità sociale. Agire con uno scopo e lo sguardo al futuro.

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